Tra le colline di Matobo, nella parte più a sud ovest dello Zimbabwe, le famiglie di contadini e allevatori convivono da tempo con un animale molto particolare. Si tratta del Bucorvo Cafro o Bucorvo di Leadbeater, un uccello dalla livrea scura e dal becco rosso, alto quanto un bambino, con lunghe ciglia, macchie bianche sulle ali e una presenza fisica importante.
Il bucorvo, un membro della comunità
Diventato parte integrante della tradizione popolare delle tribù Ndebele e Kalanga, che ne considerano il verso come il più efficace richiamo per attirare la pioggia soprattutto per la sua intensità (pare sia udibile fino a una distanza di oltre 5 chilometri), il bucorvo ha acquisito negli anni un valore culturale tale da essere trattato come un essere umano. Lo dimostrano i riti funebri che gli vengono riservati quando un esemplare muore: accertato il decesso, gli anziani del villaggio si riuniscono in preghiera e danno all’animale la stessa sepoltura riservati a parenti o amici. Ucciderlo significa mettersi contro le divinità, rischiare di essere bandito dalla comunità e, addirittura, causare l’evaporazione dell’acqua piovana che danneggerebbe i raccolti.
Matobo, il paradiso dei bucorvi
Mentre in Namibia, Sudafrica e altrove le famiglie di bucorvi sono sempre più a rischio estinzione, legata soprattutto all’agricoltura intensiva e alla speculazione edilizia in determinate aree, nella zona di Matobo la devozione popolare ha contribuito a preservarli. Qui, infatti, gli uccelli continuano a riprodursi a ritmi regolari e a sopravvivere per oltre 70 anni. I residenti, per tutelarli, hanno fatto affidamento anche sul prezioso intervento di ricercatori e scienziati, da anni impegnati a raccogliere dati e informazioni per garantirne la longevità. «La gente dei territori di Matobo considera il bucorvo parte della famiglia», ha spiegato alla Bbc Evans Mabiza, ambientalista dello Zimbabwe impegnato da 14 anni in uno studio sul volatile, «La sua importanza nella comunità non si è mai perduta, in queste terre anche i bambini lo conoscono bene e lo trattano come un loro simile». A rafforzare ulteriormente il legame, il fatto che i branchi di uccelli non vivano nella riserva protetta del Matobo National Park ma nelle zone abitate, vicino alle case. Un’abitudine che ha fatto sì che molti abitanti diventassero “custodi del nido”, veri e propri bird watcher incaricati di osservare il comportamento degli animali e le loro abitudini alimentari e riproduttive. Le informazioni raccolte vengono poi passate ai team scientifici che si occupano di portare avanti la ricerca.
Salvare un simbolo per preservare una tradizione
Scongiurarne la scomparsa non significherebbe soltanto salvare predatori di prim’ordine, ma proteggere il simbolo di una storia che non può morire: «Ci sono racconti, canzoni, miti che li vedono protagonisti. Un repertorio intero che non può dissolversi», ha sottolineato la biologa Lucy Kemp, «Se perdiamo i bucorvi, non li piangerà soltanto l’ecosistema ma anche il cuore di chi ci ha sempre vissuto a stretto contatto o ne ha anche solo sentito parlare da nonni e genitori».