Per velocizzare la campagna vaccinale contro il Covid e spingere la popolazione ad aderirvi senza timore, lo Zimbabwe ha chiesto l’aiuto dei gruppi religiosi. Tuttavia, la loro risposta non è stata unanime: mentre, infatti, cattolici, evangelici e avventisti si sono messi a disposizione, altri hanno rifiutato, assecondando la credenza secondo cui fede e preghiere proteggano dalle malattie più delle medicine. La loro scelta ha messo a repentaglio il piano del Paese di vaccinare almeno il 60 per cento della popolazione entro Dicembre.
L’opposizione degli Apostolici ai vaccini contro il Covid
«Crediamo in Dio e la scienza dipende in tutto e per tutto dal suo volere», ha spiegato al Guardian Gramaridge Musendekwa, adepta della Chiesa Apostolica Vadzidzi, «La mia famiglia non si vaccinerà perché a proteggerci ci pensano le preghiere. E penso che nessuno debba essere costretto a farlo. Per noi, nati e cresciuti senza medicine o farmaci, la vaccinazione è un’insulto alla religione. Le autorità riusciranno nel loro intento anche senza coinvolgerci». L’opposizione della frangia apostolica non è una novità: da anni, infatti, report e ricerche dimostrano come il loro rifiuto abbia concretamente contribuito a incrementare la diffusione di epidemie virali nel Paese. Come quella di morbillo, scoppiata tra 2009 e 2010. E non si limitano soltanto a questo. Quando non si incontrano all’esterno, come d’abitudine, e si ritrovano in luoghi di preghiera o santuari affollati, si rifiutano anche di indossare la mascherina. «Il nostro predicatore ci ha fornito strumenti per non ammalarci di Covid: dobbiamo utilizzare queste pietre e quest’acqua santa, le ha benedette personalmente per far sì che nulla possa accadere alle nostre famiglie», ha raccontato la 34enne Miriam Mushayabas. «Da marzo a oggi, né io né i miei figli abbiamo avuto sintomi, siamo forti e non c’è motivo di aver paura. Ho sempre creduto nella protezione dall’alto ed è così che ho deciso di affrontare questa pandemia».

Perché i gruppi religiosi dello Zimbabwe si oppongono al vaccino
Davanti a posizioni così radicali, le autorità fanno fatica ad imporsi. Anche perché gli apostolici si radunano, generalmente, all’aria aperta, nei campi o sulle colline e questo rende impossibile estendere l’obbligo anche a loro. Come fatto, invece, per chi frequenta le messe nei luoghi chiusi e può accedervi solo se vaccinato. Da febbraio a oggi, lo Zimbabwe è riuscito a vaccinare il 15 per cento della popolazione (classificandosi tra i 15 paesi africani ad aver raggiunto il target del 10 per cento fissato dall’OMS). Una percentuale che sarebbe stata molto più elevata se disinformazione e sfiducia generale non avessero avuto la meglio. E, soprattutto, se le campagne di sensibilizzazione non incontrassero così tanti intoppi. «Non ci arrendiamo, insistiamo nel chiedere il contributo delle chiese perché confidiamo nel fatto che la gente non creda alle voci e ai sentito dire, visto che c’è molta più informazione in merito rispetto a qualche anno fa», ha ribadito Prosper Chonzi, direttore dei servizi sanitari di Harare. La realtà dei fatti, però, non sembra così rassicurante: sono diversi, ad esempio, gli uomini che bocciano l’idea del vaccino perché convinti che possa rendere sterili. Una delle tante dicerie che, negli ultimi mesi, ha iniziato a circolare fino a essere spacciata per verità, seppur senza alcun evidenza scientifica a supporto.
Andby Makururu, la voce fuori dal coro che dice sì al vaccino
Tuttavia, nell’ambiente apostolico, c’è anche qualcuno che condivide e appoggia il progetto del governo. Si tratta di Andby Makururu, vescovo e fondatore della Johane Fifth of Africa Apostolic Church, nella provincia del Manicaland. Il religioso, infatti, rema contro l’opinione generale e incoraggia i membri della sua congregazione a vaccinarsi. «Nelle nostre omelie, nei momenti di raccoglimento stiamo spingendo le persone a farlo perché lo Spirito Santo non cura ogni malanno. Ecco perché è importante incoraggiare la comunità ad affidarsi alla medicina e a rivolgersi agli ospedali. Io stesso lo faccio, mi curo e mi sottopongo a check up regolari», ha aggiunto, «Chiunque neghi i benefici del vaccino è decisamente fuori dal mondo».
Non solo religione, i motivi di una campagna di vaccinazione lenta
Al di là delle rimostranze mostrate da alcuni gruppi religiosi, il rallentamento delle somministrazioni in Zimbabwe e in diverse zone dell’Africa dipenderebbe, a detta di diverse organizzazioni umanitarie che operano sul territorio, anche da investimenti poco accertati da parte dei governanti, dallo spreco di risorse pubbliche da destinare al miglioramento dei servizi sanitari locali e, soprattutto, da una distribuzione dei vaccini per niente equa e prettamente vincolata ai legami personali dei potenti. I ricchi, infatti, avrebbero facile accesso al siero, mentre i poveri e le categorie più colpite sarebbero abbandonati a loro stessi e agli effetti di un virus mortale.