La centrale atomica di Zaporizhia, situata nell’omonima regione, sul fiume Dnipro, è occupata dal 4 marzo scorso dalle forze russe. Non è un caso che sia stata uno dei primi obiettivi sul fronte sud, e non è un caso che Mosca non voglia abbandonarla, nonostante le richieste di demilitarizzazione dell’Ucraina sostenute dagli alleati occidentali: si tratta del sito atomico più grande del Paese e d’Europa (l’impianto è sei volte più grande di Chernobyl). Dotato di sei reattori, prima dell’inizio del conflitto forniva circa un terzo dell’energia nucleare prodotta nell’ex repubblica sovietica (in totale 15 reattori distribuiti in quattro siti, non tutti attivi). L’energia nucleare soddisfaceva prima del 24 febbraio per oltre il 50 per cento il fabbisogno energetico ucraino. Con la guerra, tra la difficoltà nell’approvvigionamento di gas anche sul lato europeo, visto che Kyiv non importa più da un paio d’anni oro azzurro da Mosca, e le miniere di carbone del Donbass praticamente ferme, il nucleare è diventato ancora più importante.

Kyiv e Mosca si rimpallano la responsabilità degli attacchi a Zaporizhia
L’occupazione di Zaporizhia e soprattutto le minacce russe di disconnetterla dalla rete ucraina e allacciarla a quella russa sono per Kyiv un problema enorme in vista del prossimo inverno. E intorno a questo punto si è combattuto il duello di propaganda che, nella seconda parte dell’estate, ha guidato la narrazione occidentale del conflitto da parte ucraina. Per oltre quattro mesi, da marzo a luglio, Zaporizhia è rimasta ai margini, poi, dopo la soluzione della crisi del grano e il primo vero accordo tra Mosca e Kyiv raggiunto grazie alla mediazione della Turchia, la questione della centrale è stata messa all’ordine del giorno, a causa degli attacchi sul sito, la cui responsabilità russi e ucraini si sono sempre rimpallati. La Russia ha accusato l’Ucraina di assaltare a colpi di mortaio e droni la zona della centrale, occupata appunto russi, insieme alla città adiacente di Energodar. Per l’Ucraina sono stati invece i russi a mettere in pericolo Zaporizhia, sparando nell’area da loro stessi controllata.

La missione Aiea conferma danni al perimetro dell’impianto
Durante la recente ispezione dell’Aiea, l’Agenzia internazionale per l’energia atomica, il direttore Rafael Grossi non si è soffermato sulle responsabilità, ma ha confermato i danni nel perimetro dell’impianto, sottolineando appunto come il caso sia scoppiato nel mese di agosto, dopo un lungo tempo di quiete. Se già il 22 luglio il ministero della Difesa ucraino aveva pubblicato un video di un attacco vicino alla zona della centrale, rivendicando l’uccisione di una dozzina di soldati russi, Kyiv ha sempre negato attacchi dalle sponde nord del Dnipro. Mosca invece ha affermato che a colpire la centrale sono stati gli ucraini e alla vigilia dell’arrivo della missione Aiea la scorsa settimana ha reso noto di aver sventato anche un assalto da parte di alcuni sabotatori.

Zaporizhia è un’arma energetica nelle mani di Putin
Al di là della disinformazione mirata, la realtà a Zaporizhia è quella che ha descritto Grossi, e cioè che una centrale atomica situata sulla linea del fronte di guerra non può certo essere al sicuro. La soluzione che vorrebbe l’Ucraina, cioè il ritiro dei russi, non è al momento realistica, ed è per questo che l’Aiea sta puntando sul monitoraggio e non su una mediazione politica, tra l’altro fuori dalle sue competenze. Il presidente turco Recep Tayyp Erdogan si è proposto di cercare una mediazione tra Putin e Zelensky, ma il successo della crisi del grano rimarrà con buona probabilità un caso isolato: per la Russia la centrale di Zaporizhia è un’arma energetica che servirà nei prossimi mesi, una volta connessa alla rete domestica, per mettere sotto pressione l’Ucraina durante un inverno in cui le attività belliche, sia a sud che nel Donbass, verranno congelate. Naturalmente il problema della sicurezza è fondamentale, sia per Mosca che per Kyiv, visto che nessuno vuole o si augura un incidente nucleare. Per Zelensky però il controllo di Zaporizhia è fondamentale più di quanto non lo sia per Putin, a cui serve sostanzialmente solo dal punto di vista strategico.