Probabilmente ricordate Elaine Thompson-Herah, l’atleta giamaicana che alle Olimpiadi di Tokyo ha bissato il successo nei 100 e 200 metri piani. Tutti conoscono il suo connazionale Usain Bolt, capace di dominare l’atletica per tre edizioni olimpiche consecutive. Al contrario pochi ricordano che la prima atleta in grado di ripetersi in due edizioni a cinque cerchi di fila sui cento metri è stata Wyomia Tyus. Prima di lei, nessuno, e chissà cosa sarebbe successo se non si fosse ritirata dopo Città del Messico 1968. Eppure la sua fama non è ai livelli che meriterebbe. In una lunga intervista al Guardian, l’ex velocista americana ha ripercorso la sua vita fra gare e attivismo politico a sostegno della causa afroamericana e contro la discriminazione delle donne.
Wyomia Tyus, il fulmine della Georgia che correva con i pantaloncini scuri per i diritti dei neri
Wyomia Tyus, nata a Griffin, Georgia, nel 1945 aveva solo 19 anni quando, a Tokyo 1964, vinse la medaglia d’oro nei cento metri piani. Durante ogni corsa, non ha mai smesso di indossare i pantaloncini neri al posto dei canonici bianchi che proponeva il suo team. Un gesto per confermare, nonostante la giovane età, il suo sostegno ai diritti delle minoranze. «Non lo facevo per nessun tipo di gloria», ha detto al Guardian la velocista, oggi 76enne. «Lo facevo per me come singolo individuo, per quello che provavo quando sentivo i maltrattamenti nei confronti delle donne nere».

La ragazza si sarebbe ripetuta poi anche quattro anni dopo a Città del Messico 1968, nell’edizione famosa per i pugni alzati di John Carlos e Tommie Smith. Wyomia vinse i 100 metri, con tanto di record olimpico, e la staffetta 4×100, sempre con indosso i pantaloncini scuri. «Dedicai la vittoria a loro, ma a nessuno importava di ciò che facevo. Ero donna ed ero nera».
Il ritiro nel 1968 e l’oblio della società americana
Wyomia si ritirò dalle competizioni iridate proprio dopo la vittoria a Città del Messico, senza mai ricevere alcun tipo di riconoscimento per quanto fatto in pista. Fu in fretta dimenticata, al punto che quando Lewis confermò la medaglia d’oro nel 1988 dopo il trionfo dell’84, fu celebrato come il primo atleta a riuscirci. «Avrebbero mai potuto dare il primato nei Giochi Olimpici a una donna, per giunta nera?», ha proseguito Tyus. La pensa allo stesso modo Edith McGuire, seconda a Tokyo 1964, proprio dietro Tyus. «A quei tempi ci si aspettava che le donne nere stessero sedute e in silenzio, che non parlassero più del dovuto. Se Wyomia fosse stata bianca o per giunta un uomo, sarebbe stato completamente diverso», ha detto l’ex velocista.
E pensare che Wyomia non gode di grande celebrità nemmeno nel campo femminile. «In atletica leggera risuonano sempre i nomi di Wilma Rudolph (oro a Roma 1960) e Florence Griffith Joyner (prima a Seoul ’88)», ha proseguito Martha Watson, compagna di Tyus alle Olimpiadi del 1968. «In mezzo c’è il vuoto, forse perché Wyomia non è mai andata sopra le righe, dedicandosi solo alla corsa».
Wyomia Tyus, la morte del padre e il ruolo del coach Ed Temple
Prima di dominare le piste delle Olimpiadi, Wyomia Tyus ha trascorso le sue giornate nel caseificio del padre, praticando ogni tipo di sport con i suoi tre fratelli. Eppure le ragazze non avrebbero dovuto farlo. «Potevo uscire e giocare, ma non sudare», ha detto Tyus, ricordando quei giorni. «Io però volevo essere migliore dei miei fratelli e di tutti i ragazzi del quartiere». L’incendio della sua abitazione e la successiva morte del padre, a un certo punto, le avevano cancellato qualsiasi velleità, isolandola dal mondo esterno. A cambiarle la vita furono le continue insistenze della madre – «mi ripeteva sempre che papà non avrebbe voluto questo per me» – e l’arrivo di Ed Temple, suo futuro allenatore,. «Mi invitò ad un campus in Tennessee e mi cambiò la vita».

La sua esperienza al campus di Temple le consentì di ricevere una borsa di studio per il college, intraprendendo un percorso altrimenti precluso a molte donne di colore. Da lì, conseguenza del talento, sono poi giunte le prime vittorie. E Tyus, nonostante gli ostracismi subiti, è diventata un esempio: «Oggi finalmente anche noi abbiamo la possibilità di parlare e il mondo ci vede in modo diverso rispetto ai miei tempi». Per lei, un grande modello è quello della WNBA, il basket femminile americano: «Sono sempre stati un passo avanti». Wyomia fa parte con la tennista Billie Jean King della Women’s Sports Foundation, gruppo che sostiene le donne nello sport. «Tutti abbiamo bisogno di un incoraggiamento ed è proprio ciò che intendo continuare a fare».