doveNel 1935, Albert Einstein e Nathan Rosen teorizzarono la potenziale esistenza di un tunnel fra due buchi neri, capace di creare una frattura nello spazio-tempo. Anni dopo, il fisico John Wheeler coniò il termine Wormhole. Per decenni soltanto materia di studio per gli scienziati e di ispirazione per il cinema, grazie a una nuova ricerca è stato possibile simularlo e vederne gli effetti. È l’incredibile scoperta, la prima nella storia, ad opera della Caltech (California Institute of Technology) di Pasadena, in California, celebre anche per la sitcom The Big Bang Theory. Disponibile sulla rivista Nature, potrebbe segnare un nuovo inizio nella storia dell’astrofisica e della scienza in generale.
Scientists have, for the first time, developed a quantum experiment that allows them to study the dynamics, or behavior, of a special kind of theoretical wormhole.https://t.co/dh400x3Jx0
With funding from @ENERGY
— Caltech (@Caltech) November 30, 2022
I dettagli dello studio sul wormhole, il tunnel spazio-temporale nel cosmo
Si tratta, come confermano gli scienziati, del primo esperimento capace di simulare un wormhole. I primi a formulare la potenziale esistenza di un collegamento fra due regioni assai remote nel cosmo furono, nel 1935, Albert Einstein e Nathan Rosen. Mai osservati realmente, costituirebbero un tunnel capace di creare una frattura nello spazio-tempo fra due buchi neri. I due scienziati ipotizzarono così una teoria che unisce la gravità e la fisica quantistica, all’apparenza intrinsecamente incompatibili fra loro. Oggi un team di ricerca della Caltech ne ha simulato uno grazie a computer quantistici di Google di nome Syncamore. Sfruttando la teoria dell’entanglement, fenomeno per cui due particelle rimarrebbero collegate anche a grandi distanze nell’universo, ha trasmesso con successo un messaggio fra i due minuscoli buchi neri attraverso quello che richiamerebbe appunto un wormhole.

«Tutto quello che possiamo dire è che abbiamo qualcosa che somiglia, in termini di proprietà, a un tunnel spazio-temporale», ha detto Joseph Lykken, fra gli autori dello studio. Gli ha fatto eco la fisica della Caltech Maria Spiropulu, che ha anche preannunciato ulteriori studi in futuro per rendere il fenomeno fruibile al pubblico e per approfondire le conoscenze scientifiche. Gli esperti hanno inoltre anticipato come non si tratti della creazione di un vero ponte di Einstein-Rosen, ma di un modello teorico. «Siamo ancora molto lontani dal poter inviare un essere vivente attraverso un simile portale», hanno dichiarato al Guardian. «C’è differenza tra ciò che è possibile in linea di principio e ciò che lo è nella realtà». La teoria dimostrata oggi nello studio era già stata avanzata da Juan Maldacena e Leonard Susskind prima e da Daniel Jafferis qualche anno dopo.
Il ponte di Einstein-Rosen nel cinema, da Stargate a Interstellar
Non solo scienza, ma anche tanto cinema. Il grande schermo ha ceduto diverse volte al fascino di un ponte capace di attraversare lo spazio-tempo. È il caso, ad esempio, del film Stargate del 1994 di Emmerich con Kurt Russell. La trama infatti si basa su diversi portali disseminati per la Via Lattea da una razza aliena nel tentativo di spostarsi fra più mondi senza ricorrere a navicelle spaziali. Il wormhole o ponte di Einstein-Rosen è alla base delle sceneggiature di Punto di non ritorno (1997) con Sam Neill o di Donnie Darko (2001). Al fascino del tunnel spazio-temporale hanno ceduto anche i Marvel Studios con Thor. Il Bifrost, leggendario ponte dell’arcobaleno della mitologia norrena per muoversi fra i Nove regni, viene visto come un possibile wormhole.

Come dimenticare poi la celebre sitcom The Big Bang Theory con Jim Parsons e John Galecki. Il wormhole, per quanto spesso citato in varie puntate, è protagonista dell’ottavo episodio della sesta stagione. Il cult di fantascienza Insterstellar ha utilizzato il ponte di Einstein-Rosen per gran parte della narrazione, così come la serie Netflix Dark. E, con i dovuti distinguo, Stranger Things, dove i wormhole collegano Hawkins e il Sottosopra. Di recente, anche il cinema italiano ha preso in prestito la celebre teoria. Non ci resta che il crimine di Massimiliano Bruno, come i suoi sequel, vede i protagonisti viaggiare nel tempo proprio grazie a un wormhole spazio-temporale.