Se esiste un evento al mondo dove si sviluppano business e opportunità, per aziende, persone e Paesi, quello è il World economic forum di Davos, in Svizzera, oggi al centro delle polemiche per la mancata partecipazione della premier italiana Giorgia Meloni, che ha dato risalto ad alcune contraddizioni e, forse, a qualche opportunità mancata.
Luogo di intrecci economici, industriali e istituzionali
Iniziativa nata con l’obiettivo di condividere le “buone pratiche” americane in Europa, il World economic forum si è affermato negli anni come luogo di incontro e di scambio tra le personalità più importanti legate al mondo economico, industriale e istituzionale. Di solito i primi ministri dei più importanti governi europei fanno almeno una tappa durante la rassegna – che dura normalmente quattro giorni – per coltivare relazioni, firmare accordi e sviluppare iniziative che coinvolgono le loro imprese. L’efficacia di Davos, infatti, non sta negli eventi pubblici, ma nelle centinaia di iniziative “laterali” che permettono a manager e istituzioni di dialogare.

Tutti i premier storicamente presenti, poi la destra…
Negli ultimi anni, i presidenti del Consiglio italiani hanno sempre partecipato all’iniziativa. Enrico Letta, Matteo Renzi, Paolo Gentiloni, Giuseppe Conte e Mario Draghi. Quest’anno, però, l’invito alla premier sembra aver ricevuto in rifiuto. Nessuna risposta ufficiale, ma è facile intuirne i motivi. Il World economic forum è, nella narrazione della destra sociale (e anche un po’ complottista) un ritrovo di “poteri forti”, di massoni. D’altronde Giorgia Meloni, nel 2018, aveva definito il Forum come il «gotha mondialista», dove “mondialista”, nel gergo di Meloni, non è un complimento ma la descrizione di una «deriva culturale che ci vorrebbe tutti uguali».
Vogliamo difendere la nostra #identità dal processo d'islamizzazione in corso e dall'ideologia mondialista che ci vorrebbe tutti uguali ST pic.twitter.com/Hh07HyPurt
— Giorgia Meloni (@GiorgiaMeloni) March 25, 2017
Un’iniziativa privata, ma allora lo è anche il Forum Ambrosetti a Cernobbio
Quindi niente Davos, un’assenza che potrebbe sembrare almeno parzialmente giustificata, visto che il World economic forum non è la Banca mondiale, o il Fondo monetario internazionale, o il G7. È un’iniziativa privata, come lo è, però, il Forum Ambrosetti a cui Giorgia Meloni ha partecipato a ottobre 2022. Il Forum Ambrosetti non è il Campo Hobbit organizzato dal Fronte della Gioventù, non è neanche il raduno di Pontida. Il Forum Ambrosetti a Cernobbio è un ritrovo di ricchi manager, imprenditori e politici che parlano di soldi, imprese, business. Un evento esclusivo, chiuso al pubblico, e riservato a pochissimi soggetti. Insomma, una piccola Davos.

La premier si lamentava di aver lasciato l’industria dei chip alla Cina
Giorgia Meloni, ironicamente, nell’ottobre 2022 proprio al Forum Ambrosetti aveva contestato la scelta di aver «lasciato l’industria dei chip alla Cina», lasciando le imprese Italiane in grave difficoltà e facendo intendere la volontà di scommettere, a livello nazionale, su questo settore.
La multinazionale Intel non ha potuto parlare con l’Italia
A maggio 2022 la multinazionale Intel aveva effettivamente annunciato possibili investimenti in Italia, a patto di un «sostegno da parte del governo». Ebbene, durante il Forum di Davos, come raccontato dal giornalista Federico Fubini, l’amministratore delegato di Intel Pat Gelsinger ha invitato a cena i ministri di Paesi europei: e l’Italia ovviamente non c’era.
#Intel aveva annunciato un grande investimento in Italia nei chip. Ora frena. A #Davos il CEO di Intel Gelsinger ha invitato a cena i ministri dei paesi Ue dove potrebbe investire. C'erano tutti meno i ministri di un paese che non ha ministri economici a Davos. Indovina quale
— Federico Fubini (@federicofubini) January 19, 2023
Un conto è la campagna elettorale, un altro sono le opportunità
L’ideologia anti-globalista di Meloni e la narrazione anti-potere è risultata perfetta per le campagne elettorali, ma lo è un po’ meno quando si tratta di portare a casa un’azienda, che di quei “poteri forti”, necessariamente, fa parte. Un’Italia isolata dai poteri internazionali potrebbe danneggiare il commercio e la reputazione dell’intero ecosistema. Meloni si troverà tra due fuochi: adeguarsi alle liturgie (e alle pratiche) del potere, o continuare a essere un’eterna Giamburrasca controcorrente, con tutte le conseguenze del caso. Lo vedremo al prossimo incontro di Davos.