Se i discendenti di una comunità non sono in grado di preservarne la lingua, ci pensa la tecnologia. L’ultima arrivata in casa Google, Woolaroo, è un’app open source che usa il meccanismo del riconoscimento e della traduzione fotografica per leggere e tradurre in uno dei dieci idiomi scomparsi e al momento disponibili.
Un patrimonio di parole
La selezione è ridotta, ma particolarmente variegata: si può scegliere tra il creolo, parlato in Louisiana, il greco calabro, il Maori, il Nawat, il Tamazight, il dialetto siciliano, lo Yang Zhuang, il Rapa Nui, lo Yiddish e lo Yugambeh. A rendere speciale l’intuizione dell’azienda, oltre al desiderio di tutelare e far conoscere su larga scala un patrimonio linguistico di inestimabile valore, è il senso di comunità che si propone di instaurare tra gli user. Scaricando Woolaroo, è possibile arricchirne l’archivio, attraverso l’aggiunta di parole o frasi non ancora riconosciute. In tal modo, dovrebbe crearsi un dibattito costruttivo con quanti scelgono di contribuire all’aggiornamento dell’algoritmo.
#Woolaroo began as the application, Kupu, used to experience Te Aka Māori language & was expanded to include 9 other endangered languages.
Powered by “Cloud Vision” it uses #MachineLearning to match photos to translated words provided by partners. https://t.co/HZSHVMs7GH pic.twitter.com/9or6rIFem8
— Google Arts&Culture (@googlearts) May 7, 2021
Interattività e coinvolgimento. Questi per Google gli ingredienti vincenti dell’app: «Conoscere il contesto e diventare parte attiva del processo di apprendimento velocizzano lo studio di una nuova lingua», si legge su Design Taxi, «Quando sei a contatto con la natura e ti incuriosisce quel che ti circonda, è lì che devi cogliere l’occasione per imparare nuove parole».