Truffe, spie e borse piene di soldi

Stefano Grazioli
17/05/2021

Lo scandalo Wirecard ha scosso la politica tedesca, a partire da Angela Merkel. Sotto un intrigo fatto di lobbisti, servizi segreti, manine russe. Mentre il Coo dell'azienda, Jan Marsalek, è ricercato in tutta Europa.

Truffe, spie e borse piene di soldi

Quella del colosso tedesco infomatico Wirecard è stata la più grande truffa finanziaria nella Germania del Dopoguerra. Quasi 2 miliardi di euro spariti nel nulla, bilanci e fatturati gonfiati. Trame opache che si intrecciano a servizi segreti e politica. Fino a un paio di anni fa la società con sede ad Ascheim, vicino a Monaco, era uno dei fiori all’occhiello della Borsa di Francoforte, la risposta tedesca ai giganti fintech della Silicon Valley, una sorta di Paypal teutonica, insomma. Wirecard era diventata in poco tempo uno uno dei principali fornitori di servizi nel settore dei pagamenti elettronici e soluzioni di outsourcing e white-label internazionali, al punto che la cancelliera Angela Merkel l’aveva sponsorizzata durante l’incontro con Xi Jinping a Pechino nel 2019.

Marsalek e lo scandalo Wirecard
Libri sulla Wirecard protagonista del più grosso scandalo finanziario della Germania del Dopoguerra (Getty Images).

Poi la scorsa estate il crac, che ha coinvolto anche in Italia 300 mila utenti di Sisalpay, e l’arresto del fondatore e amministratore delegato Markus Braun. Nonostante da Londra il Financial Times avesse da tempo evidenziato che qualcosa in casa Wirecard non andava, in Germania nessuno aveva drizzato le antenne, nemmeno la Bafin, l’autorità di vigilanza tedesca che in teoria avrebbe dovuto sorvegliare almeno il settore bancario della società.

Lo scandalo Wirecard imbarazza Angela Merkel e il suo partito

Lo scandalo ha investito in Germania anche la politica, con Merkel costretta a difendersi in una commissione d’inchiesta parlamentare con tanti “non ricordo”. Senza contare il ruolo non esattamente trasparente svolto da vari esponenti legati al suo partito, dall’ex ministro della Difesa Karl Theodor zu Guttenberg (Csu) lobbista della Wirecard all’ex sindaco di Amburgo Ole von Beust (Cdu), passando per l’ex segretario di Stato con la delega per i servizi segreti, il cristiano-sociale Klaus Dieter Fritsche. Proprio quest’ultimo è finito nell’occhio del ciclone per presunti contatti con colui che è considerato l’uomo chiave per decifrare l’intero caso, l’ex direttore operativo di Wirecard Jan Marsalek. Il problema è che Marsalek dalla scorsa estate è letteralmente sparito dalla circolazione ed è finito nella lista dei most wantend fugitives dell’Europol.

lo scandalo wirecard colpisce angela Merkel
Angela Merkel in commissione di inchiesta per il crac Wirecard (Getty Images).

Scandalo Wirecard: quei contanti nascosti nelle borse della spesa

Per 10 anni, dal 2010 al 2020, Marsalek è stato membro del consiglio di amministrazione di Wirecard AG e in qualità di Coo (Chief Operating Officer) era il responsabile dell’intera attività operativa della società; dal 2015 ha guidato il business asiatico, quello più sporco, dove maggiormente si sono allargati i buchi e gonfiati i guadagni. Pochi giorni fa la sua segretaria Sabine Heinzinger ha dichiarato di aver aiutato a eseguire almeno due ingenti prelievi – di 200 e 300 mila euro – per i clienti di Wirecard Bank, trasportando i contanti in borse di plastica per la spesa. Tra i destinatari anche un businessman sotto inchiesta negli Usa. I prelievi erano stati autorizzati da manager della società, tra cui Marsalek.

Marsalek e il filo con l’intelligence austriaca

Proprio il latitante Marsalek, con il Ceo Braun che da dietro le sbarre continua a dichiararsi innocente scaricando ogni colpa sul suo braccio destro, è la figura meno trasparente che lega lo scandalo finanziario alla politica, l’economia ai servizi segreti, in una trama complicata in cui vari dossier, veri o presunti tali, si sovrappongono. Uno dei fili da seguire è quello che passa tra Germania e Austria, visto che Marsalek è cittadino austriaco: da Vienna è stato ripetutamente sottolineato come il manager di Wirecard avesse contatti con l’intelligence austriaca, attraverso esponenti della Fpö, il partito della destra nazionalpopulista. È in questo contesto che entra in gioco l’ex segretario di Stato tedesco Fritsche che, dopo aver lasciato nel 2018 Berlino, sarebbe stato assoldato come consulente sia per Wirecard sia dal Bundesverfassungschutz, i servizi segreti austriaci.

Lo scandalo Wirecard e la caccia a Marsalek
Markus Braun, ex Ceo della Wirecard, in commissione di inchiesta (Getty Images).

Lobbisti, spie e manager: le trame dello scandalo Wirecard

Lo scandalo Wirecard è insomma una storia fatta di lobbisti, spie, manager e criminali, dove finisce un po’ di tutto. Con notizie a volte poco attendibili forse seminate ad hoc che nell’ultimo anno hanno collegato il nome di Marsalek anche agli avvenimenti di Salisbury, la cittadina inglese in cui è stato avvelenato l’ex agente segreto russo Sergei Skripal. Marsalek sarebbe stato attenzionato anche dal Gru, il servizio russo per l’estero, almeno secondo il sito investigativo Bellincat, a sua volta vicino all’intelligence britannica. Qualche anno fa, nel 2013, inoltre, il direttore operativo di Wirecard, non si sa a quale titolo, avrebbe tentato di comprare un software spionistico in Italia, rivolgendosi alla società milanese Hacking Team, trasformatasi poi in Memento Lab, che Repoter senza frontiere annovera nella classifica dei nemici di Internet.

Inseguendo Marsalek da Vienna a Minsk fino a Mosca

Quello che per adesso appare certo è che senza la testimonianza di Jan Marsalek lo scandalo Wirecard e i suoi strascichi difficilmente potranno essere chiariti. Da quasi un anno è uccel di bosco: l’ultima volta, lo scorso giugno, è stato avvistato a Vienna in un ristorante italiano, in compagnia di un funzionario dei servizi austriaci, poi il volo verso Minsk, in Bielorussia. Oggi secondo alcuni osservatori occidentali sarebbe a Mosca, protetto da Vladimir Putin. Forse si tratta però dell’ennesima polpetta avvelenata.