Cinque miliardi di sterline. È quanto l’esportazione da whisky, prodotto più commerciato fuori dal Regno Unito, ha generato nel 2019. Il prezzo pagato dall’ambiente è stato però ben più alto. Le nove distillerie più celebri delle isole Ebridi, al largo della costa occidentale della Scozia, bruciano infatti 15 milioni di litri di petrolio all’anno, tanto che l’arcipelago potrebbe diventare il luogo con il più alto tasso di CO₂ pro capite dell’area scozzese.
Una situazione fortunatamente destinata a cambiare, anche alla luce dei provvedimenti green che le aziende dell’area hanno deciso di adottare. La culla dello scotch ha infatti fissato nel 2040 la data limite per raggiungere l’impatto zero sul clima, ben dieci anni prima di quanto previsto dal governo britannico e cinque anni prima rispetto alle stime dell’amministrazione scozzese.
La rivoluzione verde del whisky partirà dalla Bruichladdich
Tra i pionieri dell’iniziativa eco c’è Bruichladdich, distilleria fondata a Islay nel 1881. L’idea è sostituire entro il 2025 gli attuali metodi di produzione a gas naturale con idrogeno ricavato tramite elettrolisi dell’acqua e sfruttamento della forza eolica. La nuova tecnica è stata sperimentata da Protium, società energetica con sede a Londra, grazie a un finanziamento di 74 mila sterline (circa 86 mila euro) da parte del governo inglese. «Il nostro motto è pensa in grande, inizia in piccolo, ma parti oggi», ha detto al Guardian Douglas Taylor, amministratore delegato dell’azienda. «Bisogna cominciare con ciò che si è in grado di controllare. È il momento di mettere da parte la paura e agire con coraggio per contrastare il cambiamento climatico».
Il surriscaldamento globale e la conseguente siccità, uniti a mutazioni stagionali sempre più imprevedibili, rischiano infatti di creare seri danni ai raccolti di orzo e alle forniture idriche per la realizzazione del whisky. «Gli allagamenti colpiranno pesantemente distillerie e trasporti», ha dichiarato Morag Garden, responsabile della sostenibilità della Scotch Whisky Association. «I produttori ne sono consapevoli, per questo hanno deciso di intervenire di persona».
Pannelli solari e biomasse, le mosse delle distillerie
Un considerevole numero di distillerie ha già avviato la transizione. Diageo, multinazionale capace di fatturare quasi 12 miliardi di sterline nel solo 2020, ha annunciato l’installazione di 12 mila pannelli solari nel suo impianto a Fife, in grado di fornire una potenza di 4 Megawatt. «Tutte le aziende hanno la responsabilità di fare il possibile per mitigare la crisi climatica», ha affermato Annabel Thomas, fondatrice di Nc’Nean, prima distilleria a impatto zero del Regno Unito. «Avviare un’attività senza pensare all’impatto ambientale è imperdonabile». Nc’Nean ha infatti investito un’ingente somma di capitale per la realizzazione di una caldaia a biomasse alimentata con cippato di legno proveniente da una vicina piantagione.