In occasione della fine del 2022, Tag43 dà i voti in comunicazione ai politici.
Sergio Mattarella: voto 10 e lode
Il nostro presidente della Repubblica Sergio Mattarella unifica l’Italia che altri, esultanti per vittorie effimere, vorrebbero divisa.

Matteo Renzi: voto 10
Non sbaglia un colpo Matteo Renzi, quando parla in Senato i colleghi smettono di compulsare gli smartphone e alzano la testa per ascoltarlo. Parla sempre a braccio ed espone con chiarezza le sue idee, usando a volte una garbata ironia. Conquista il massimo dei voti perché, oltre a parlare un ottimo italiano, dice cose sensate e per il suo ultimo intervento in Aula, in cui ha inchiodato Giorgia Meloni alle sue fasi 1 (quando era all’opposizione: antieuropeista, per lo stato sociale) e 2 (ora, al governo: europeista più di Romano Prodi, per il liberismo), chiedendole di scegliere una strada smettendo di farsi beccare in contraddizione continua.
#Renzi parla in Senato: risate e applausi. Anche Meloni appare divertita. L'ex premier non risparmia critiche a nessuno pic.twitter.com/PRCfL6AsUp
— Local Team (@localteamtv) October 26, 2022
Carlo Calenda: voto 9
È quello serio della coppia Carlo Calenda, che stempera il Renzi a volte un po’ guascone. Colpisce il tono sempre pacato con il quale argomenta, comunica sicurezza perché sa di cosa parla e lo fa in modi che tutti possano capire: ma si rivolge sempre al cervello delle persone, non alla loro pancia, come fanno i sovranisti.

Luigi Di Maio: voto 9
Dopo anni passati a sparare fesserie, Luigi Di Maio ha scoperto che gli conviene stare zitto. Prende perciò un volto alto, che risarcisce la sua umiltà, la sua vergogna per essere stato molte volte così avventato, l’accidenti a me a quando ho aperto bocca, l’esprit de l’escalier che in diplomazia ha imparato cosa vuol dire. Se coltiva ancora per un po’ il silenzio e studia duramente, non solo le lingue, potrebbe (forse) far dimenticare il suo imbarazzante passato.

Maria Elena Boschi: voto 8
Ha capito che bisogna tenere un atteggiamento “istituzionale” quando si fa politica: Maria Elena Boschi raramente si infiamma, è sempre misurata nelle sue risposte ma controbatte con competenza e lucidità. È avvocato: conosciamo il tipico modo di fare di questi professionisti, distaccato, calmo, riflessivo di chi deve contrastare la confusione e la scarsa lucidità di chi si rivolge a loro. Boschi lo usa sempre e, in politica, è questo il tono giusto che conduce alle massime cariche istituzionali.

Elly Schlein: voto 8
Contrariamente a Maria Elena Boschi, Elly Schlein si accalora e si entusiasma, ha capito cosa serve, ora, a chi ha sopportato per lungo tempo l’algido Enrico Letta.

Mara Carfagna: voto 7
Ha compiuto un percorso di emancipazione cristallino in politica, a testa alta. Mara Carfagna è diventata autorevole, la si ascolta con interesse.

Carlo Nordio: voto 6
Rappresenta la destra che all’Italia manca: pragmatica, competente, non ideologica, presentabile. Il ministro della Giustizia Carlo Nordio però non riesce, da solo, a passare i compiti agli alunni “somari” di Fratelli d’Italia e della Lega che, con i loro voti bassi, fanno sfigurare tutta la classe e, purtroppo, anche lui.

Enrico Letta: voto 5
Sicuramente intelligente, con cultura politica, Enrico Letta raggiungerebbe la sufficienza se nelle interrogazioni fosse più brillante. Invece è solo diligente, mentre quelli bravi sono anche decisi, leader, affascinanti.

Lorenzo Fontana: voto 4
Quel discorso di insediamento a presidente della Camera dei deputati, sconclusionato, tirando in ballo papa Francesco che c’entrava come il cavolo a merenda, resterà appiccicato addosso a Lorenzo Fontana come quello sulla sconfitta della povertà a Di Maio. Non sa quasi mai quello che dice, ripete cose orecchiate da bambino al catechismo, manca lo studio, l’approfondimento, la modernità.
Lorenzo #Fontana apre il suo primo discorso da presidente della Camera citando il Pontefice Francesco.
Dopo i saluti istituzionali, ha salutato il Papa, “riferimento spirituale per la maggioranza dei cittadini italiani”. pic.twitter.com/sgCWii1dJT
— Rassegnally (@rassegnally) October 14, 2022
Ignazio La Russa: voto 3
Voleva fare il direttore della Gazzetta dello Sport, Ignazio La Russa si ritrova a fare il presidente del Senato, per la vergogna degli italiani che rappresenta come seconda carica dello Stato dopo il presidente della Repubblica. Inguardabile, inascoltabile per via anche di quella voce sfortunata, di quell’inflessione dialettale infelice. A molte domande risponde con metafore calcistiche, dice sfondoni, meno male che non parteciperà alle celebrazioni del 25 aprile: non si capisce cosa ci farebbe un nostalgico del regime come lui a ricordare la festa che liberò l’Italia dai fascisti.

Giuseppe Conte: voto 3
Per la pochezza, sotto ogni punto di vista. Avessi bisogno del reddito di cittadinanza, non vorrei un azzeccagarbugli come Giuseppe Conte tra quelli che lo reclamano per me: il giorno dopo potrebbe cambiare idea.

Matteo Salvini: voto 2
Ormai allo sbaraglio, Matteo Salvini non ne azzecca più una. I suoi compagni lo evitano, tutto i social gli ridono dietro con i suoi elenchi e la numerazione dei giorni che lo vedono ministro delle Infrastrutture. Fa il conto alla rovescia perché aspetta con ansia di essere liberato finalmente da questa tortura. Anche gli italiani non vedono l’ora, perfino quelli che lo hanno votato.
Dopo gli elenchi, Matteo Salvini ha una nuova passione: ricordare ogni volta da quanti giorni è al Ministero delle Infrastrutture (ho tagliato molti doppioni) @CrazyItalianPol pic.twitter.com/MmWnYJxGIe
— carlo canepa (@carlo_canepa) December 15, 2022
Giorgia Meloni: voto 1
«Er pesce puzza daa testa», direbbe lei, regina in via di disconoscimento delle periferie, prima responsabile dell’accozzaglia che ha trovato casa nel partito della Fiamma. Nell’ansia di mostrarsi presentabile, Giorgia Meloni è caduta in una confusione profonda, contraddicendosi platealmente, facendo marce indietro, agitando inezie – i rave, il pos, lo spid – tanto per far vedere che è ancora la stessa di quando si opponeva a qualunque cosa, anche a Mario Draghi. Facendosi fotografare con la tuta mimetica dei soldati italiani sui fronti di guerra si avvicina pericolosamente al Salvini delle felpe, che non gli hanno portato fortuna.
