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Aspettando la (possibile) vittoria della destra, godiamoci i mesi che ci restano

Visto che tra un po’ torneremo nel far west, meglio trasformare i due mesi che ci separano dal voto in un ininterrotto Pride. Sempre meglio che fasciarci la testa aspettando rassegnati la cow-girl della Garbatella e il bovaro col rosario, disperandoci come gli abitanti di Rock Ridge in Mezzogiorno e mezzo di fuoco.

23 Luglio 2022 14:56 Lia Celi
Aspettando la (possibile) vittoria della destra, godiamoci i mesi che ci restano

«Fasciarsi la testa prima di essersela rotta» di solito significa correre ai ripari quando non c’è ancora niente da riparare. Praticamente è il contrario di «chiudere la stalla quando i buoi sono già scappati». Le due espressioni riassumono l’atteggiamento degli italiani rispetto alla vita in generale: da sempre tendiamo a prepararci al peggio quando non serve, e a mobilitarci per le catastrofi fuori tempo massimo. Ultimamente abbiamo inventato anche originali mash-up fra le due posizioni: scappiamo dalla stalla inseguiti dai buoi cui avevamo fasciato la testa, oppure fasciamo la porta della stalla e poi cerchiamo di romperla a testate mentre in lontananza squillano le sirene del 118 avvertito dai buoi.

Aspettando la (possibile) vittoria della destra, godiamoci i mesi che ci restano
Silvio Berlusconi (Getty Images).

Il nostro Mezzogiorno e mezzo di fuoco

Oppure, come in questo momento, guardiamo mestamente la stalla appena sfondata da buoi imbizzarriti e ci fasciamo la testa per attutire le zoccolate dello stampede che sopraggiungerà il 26 settembre, quando in una nuvola di polvere ci piomberanno addosso le mandrie nazional-populiste condotte da una cow-girl con la voce roca e e l’occhio gelidamente grifagno e da un bovaro sudaticcio con la maglietta di Putin. Dietro di loro, una specie di losco governatore Le Petomane di Mezzogiorno e mezzo di fuoco, interpretato da un miliardario megalomane quasi coetaneo di Mel Brooks ma molto meno divertente.

Noi donne strette tra depotenziamento della 194 e famiglia naturale

In questo western più comico che tragico, sulle donne rischia di abbattersi una nemesi ancora più beffarda. Perché in caso di trionfo dei due mandriani di estrema destra, saremo noi a dover rientrare nella stalla, confinate a funzioni squisitamente zootecniche. Oltre alla testa, dovremmo fasciarci le ovaie prima che ce le rompano, poiché ci aspetta una deriva texano-ungherese, con un ulteriore depotenziamento della già poco applicata legge 194. Le Regioni a guida FdI – Piemonte, Marche, Umbria, Abruzzo – la stanno già assaggiando, con limitazioni all’aborto farmacologico, libero accesso negli ospedali alle associazioni pro-vita, proposte di cimiteri per feti, che costano molto meno degli asili per i bambini già nati. Si parla già di Pillon (o di un pillonoide) al ministero della Famiglia, ovviamente intesa solo come “famiglia naturale fondata sul matrimonio di un uomo e di una donna” dove “naturali” sono anche i metodi di controllo delle nascite, che piacciono anche alla Chiesa perché falliscono due volte su tre.

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Simone Pillon, senatore della Lega (da fb).

Dopo il pay-gap arriverà una legge restrittiva sul gay-pap

L’unico aspetto naturale dei rapporti di coppia che va represso, secondo i nazionalpopulisti, è l’istinto di conservazione che spinge una donna maltrattata a volersi separare da un marito violento: il ddl Pillon, che in caso di vittoria delle destre riprenderà il suo iter a vele spiegate, inchioderà a casa il coniuge economicamente più debole, in genere la moglie. E tale resterà, con un governo che non ha alcun interesse a favorire una partecipazione paritaria delle donne al mondo del lavoro. Lo scorso aprile la delegazione di FdI al Parlamento europeo, tutta maschile, ha votato no in blocco a una proposta che dovrebbe riequilibrare il pay-gap fra lavoratrici e lavoratori nei Paesi Ue. Il che fa sospettare che la sorprendente unanimità incassata l’anno scorso in Parlamento dalla legge Gribaudo sulla parità retributiva fosse dovuta a un equivoco: forse gli uomini di FdI anziché “pay-gap” avevano letto “gay-pap” e credevano che la legge volesse rendere illegale la paternità nelle coppie omogenitoriali. Vabbè, se una legge contro i gay-pap ancora non c’è, possiamo essere sicuri che in autunno ci sarà. E i colori dell’arcobaleno verranno limitati al rosa e all’azzurro, senza sfumature intermedie: il genere sarà determinato per la vita dal colore del fiocco-nascita appeso alla porta. Ancora meno inclusiva la tavolozza dei colori che apriranno agli stranieri le porte dell’accoglienza e della cittadinanza: sarà ammesso solo il bianco con sfumature rosee.

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Matteo Salvini.

Trasformiamo i due mesi che ci separano dal voto in un ininterrotto Pride

La tentazione è di trasformare i due mesi che ci separano dal voto del 25 settembre in un ininterrotto Pride prima del grande gelo. Sempre meglio che fasciarci la testa e aspettare rassegnati la cow-girl della Garbatella e il bovaro col rosario, mugugnando e disperandoci come gli abitanti di Rock Ridge nel già citato Mezzogiorno e mezzo di fuoco. Del resto il fronte riformista non sembra messo molto meglio dello sceriffo nero e di Waco Kid, il pistolero alcolizzato del capolavoro di Brooks. Ma nel film loro finiscono per sconfiggere i cattivi, mentre per ora nell’ex campo largo sembra prevalere la linea di un altro personaggio, il reverendo Johnson. Quello che ai terrorizzati cittadini di Rock Ridge dice: «È il momento di agire, e di agire in fretta!… Io me ne vado».

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