Dovevano rappresentare l’alternativa alle carte di credito occidentali, bloccate in Russia a causa delle sanzioni imposte dopo l’invasione dell’Ucraina. Qualcosa però deve essersi inceppato, così il sistema cinese UnionPay ha fatto sapere che non collaborerà con la Sberbank, la più grande banca di Mosca. Dietro l’improvviso dietrofront, ci sarebbe la paura di essere coinvolti in provvedimenti secondari, almeno secondo quanto riportato lo scorso mercoledì dal sito web di notizie Rbc, poi ripreso dal Moscow Times. Lo stratagemma era stato pensato per sopperire allo stop delle operazioni deciso oltre gli Urali da Visa e Mastercard il mese scorso. Gli istituti di credito del Cremlino, infatti, da febbraio fanno i conti con il pugno duro di Usa, Regno Unito e Unione europea. Il progetto sul punto di decollare è stato, quindi, «temporaneamente sospeso», ha spiegato al portale una fonte anonima. Nel sito viene inoltre precisato come non sia confermato ufficialmente il legame con le sanzioni, ma si faccia riferimento a «una pausa fino a nuove istruzioni». UnionPay, inoltre, ha troncato le relazioni con altre banche sanzionate fra cui Alfa Bank, Vtb e Otkrytie.

Dopo le sanzioni in Russia, boom di domande per le carte UnionPay
Per comprendere la portata della scelta, basti pensare che la quota di carte UnionPay al 2020 ammontava all’1 per cento del totale. Ma le domande dall’applicazione delle sanzioni erano già cresciute del 10 per cento nell’intero Paese. Intanto, i titolari di UnionPay russi hanno segnalato difficoltà nell’utilizzo dello strumento per i pagamenti in Europa, Stati Uniti e Asia. Contestualmente la banca centrale di Mosca si è velocizzata a rassicurare i titolari di Visa e Mastercard, le cui carte dovrebbero regolarmente funzionare fino a scadenza. La decisione di UnionPay appare comunque in dissonanza con quanto accaduto appena un paio di giorni fa, quando Cina e Russia avevano ribadito di essere unite da un’amicizia senza limiti.