Perché i virologi tentati dalla politica dovrebbero ripassare la lezione di Mani Pulite

Stefano Iannaccone
21/02/2022

Ricciardi reclutato da Calenda. Bassetti vicino a Toti. I virologi sembrano non resistere alle sirene della politica. Forse dovrebbero ripassare sia le sfortune dei tecnici scesi in campo sia la lezione di Mani Pulite.

Perché i virologi tentati dalla politica dovrebbero ripassare la lezione di Mani Pulite

Profetico fu Checco Zalone, con il suo Oronzo Carrisi, cantore sanremese dei virostar in futuribile cerca di rioccupazione. La pandemia potrebbe «andare via» e allora tornano vecchie e nuove passioni, e perché no la malcelata tentazione di una discesa in politica. Che poi in alcuni casi è un ritorno al passato, un tentativo di riprendere un filo interrotto. Come nel caso del calendiano Walter Ricciardi, diventato dirigente di Azione.

perché i virologi rischiano a entrare in politica
Alberto Zangrillo e Matteo Bassetti (Getty Images).

Matteo Bassetti, il prof pro-vax che piace a Toti

Così con l’allentarsi dell’emergenza Covid, infettivologi, virologi ed esperti pandemici di ogni risma si interrogano sul proprio destino. Matteo Bassetti aveva già fatto pubblica ammissione di narcisismo: «Tutti quelli che vanno in tv sono narcisisti. Se dicono di non esserlo, mentono», diceva. Viva la sincerità. Difficile quindi immaginarlo fuori dalla ribalta mediatica. A lungo il medico genovese è stato l’idolo della Lega per le tesi aperturiste sulla pandemia. Poi è caduto un po’ in disgrazia, tra i sovranisti, per la sua posizione decisamente pro-vax. Di sicuro è molto stimato dal presidente della Regione Liguria Giovanni Toti che recentemente lo ha difeso pubblicamente dopo gli insulti ricevuti mentre prendeva un aperitivo in centro città con la moglie. «All’ignoranza e alla stupidità non c’è mai fine. Solidarietà al professor Matteo Bassetti, direttore della Clinica di malattie infettive del San Martino di Genova, insultato mentre era in centro città in un momento privato con la sua famiglia», ha dichiarato il presidente della Liguria. «Intimidazioni inaccettabili sempre e ancora di più se rivolte a chi da due anni lavora in prima linea per far vincere la scienza contro il virus. Forza Matteo, avanti a testa alta». Bassetti diventerà un totiano doc nel centrone con Matteo Renzi&Co? Chissà. Tra l’altro Toti su Twitter si è detto soddisfatto dell’appoggio di Azione al sindaco di Genova Bucci. Magari in futuro Ricciardi e Bassetti potrebbero pure ritrovarsi alleati nella stessa corsia.

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i rischi dei virologi che sono tentati dalla politica
Fabrizio Pregliasco (dal sito Unimi).

Le professioni di ‘fede’ politica dei virologi televisivi

Per quanto riguarda i colleghi di Bassetti (in senso lato) restano agli atti le autocertificazioni di ‘democristianità’ di Fabrizio Pregliasco e ‘di sinistra’ di Massimo Galli, ex primario del Sacco di Milano recentemente interpellato per commentare pure la crisi ucraina. Candidati alle prossime Politiche? Chissà. Non va dimenticato poi Alberto Zangrillo che trascina con sé l’aura berlusconiana. Per il medico personale del Cav, prorettore dell’università Vita-Salute San Raffaele e direttore nello stesso ospedale del Dipartimento di anestesia e terapia intensiva dell’ospedale, non potrebbe essere altrimenti. Nel 2020 venne fatto il suo nome come candidato sindaco di Milano, lui però stoppò i rumors: «Chiudiamola qui per sempre e un volta per tutte con Zangrillo in politica. Auspico che Giuseppe Sala continui a restare dov’è». Al momento con Berlusconi condivide solo la passione calcistica: è infatti diventato presidente del Genoa.

I virologi tentati dalla politica come i pm di Mani Pulite
Pier Luigi Lo Palco, ex assessore regionale della Puglia (da Fb).

Il passato di Ricciardi in Scelta civica e il pentimento di Lopalco

Chi non ha manifestato dubbi, si diceva, è Ricciardi, consigliere a titolo gratuito di Roberto Speranza al ministero della Salute. Nel suo futuro non riesce a immaginare di spostarsi a sinistra pur restando al fianco del leader di Articolo Uno. Con lui coltiva solo un rapporto professionale e una stima reciproca. Il richiamo del centrismo è irresistibile, l’ingresso nel team-Calenda quindi inevitabile. Del resto per Ricciardi si tratta di un ritorno a casa. Fu già candidato, con poco fortuna, di Scelta civica del 2013 e tra i promotori di Italia futura, il think tank di Montezemolo, in cui ha mosso i primi passi politici proprio Calenda. Una reunion, in pratica. Ma il virostar politico ante litteram è senza alcun dubbio Pier Luigi Lopalco, che all’alba della seconda ondata di Covid ha indossato la casacca pro-Emiliano, nel senso di Michele, alla Regione Puglia. È diventato assessore, poi pentito. Con tanto di dimissioni protocollate. «Mi sono fatto alcune domande: arrivo dal mondo della scienza, che ha delle sue regole. Non è facile avere a che fare con quelle della politica e della burocrazia», spiegò in una intervista a Repubblica. Parole che suonano come un monito per i colleghi.

Le bruciature dei tecnici scesi in campo: l’esempio di Monti

Un grande classico, quella del tecnico che naufraga nel mare politico. Sempre Ricciardi dovrebbe ricordare bene la parabola di Mario Monti. Sull’onda dell’elogio sperticato ai tecnici, il bocconiano in loden si candidò alle Politiche del 2013, convinto di poter tornare, anzi restare, a Palazzo Chigi. Scelta civica non raggiunse il 10 per cento, un risultato che la rese ininfluente. E piano piano si è dissolta, spacchettata in mille rivoli di centristi, liberal-democratici, moderati di centrosinistra e moderati di centrodestra, diventando per tutti l’esperienza ‘sciolta civica’. Un promemoria anche per Mario Draghi che viene strattonato, da Calenda a Tajani, per un futuro in politica, benché lui abbia ben specificato che è «in grado di trovarsi un lavoro da solo».

I rischi che corrono i virologi tentati dalla politica
Antonio Di Pietro (Getty Images).

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Perché i virologi star dovrebbero ripassare la lezione di Mani Pulite

Un corso e ricorso storico di star mediatiche trova assonanza poi con Mani Pulite, di cui si celebra il trentennale, con l’onda di pm super esposti, abbacinati dalla politica. Esaltati dalle folle e poi abbandonati. Antonio Di Pietro è l’emblema del magistrato che crea un partito, in nome della legalità. Italia dei valori, per qualche anno, è riuscita a incidere sulle sorti politiche del Paese prima di avvitarsi nell’irrilevanza, in cui è piombato il suo fondatore, oggi dedito all’agricoltura nel borgo natio di Montenero di Bisaccia. E dire che Di Pietro è un esempio di successo. Ne sa qualcosa Antonio Ingroia, paladino dell’inchiesta sulla trattativa Stato-mafia. Ha cercato di trasformarsi in leader, con Rivoluzione civile, nel 2013, ma è rimasto solo uno dei personaggi memorabili interpretati da Maurizio Crozza. Ingroia non è mai entrato in Parlamento, nonostante il lancio di altri progetti, come la “Mossa del Cavallo” e la lista popolo per la Costituzione. Altri casi? Gerardo D’Ambrosio, volto di spicco del pool ai temi di Tangentopoli, è transitato in Parlamento senza lasciare grosse tracce. Non un peone, per carità, sarebbe ingeneroso. Ma nemmeno autore di azioni memorabili. Così un altro “candidabile”, il pm Nino Di Matteo, farebbe bene a guardarsi dalle lusinghe politiche che gli arrivano da più parti. Idolo del Movimento 5 stelle è stato candidato dagli ex pentastellati anche alle ultime elezioni per il Quirinale. Ma meglio restare nell’ambito di pertinenza. Il rischio è quello della sovraesposizione. Così riparte il nastro di Zalone, pardon Oronzo Carrisi: «Pandemia, io sarò brutale ma col … vado a lavorare in ospedale». In effetti, meglio un seggio.