Vax populi

Giovanni Sofia
17/11/2021

Non solo Burioni, Crisanti, Viola e Galli. Mentre la quarta ondata minaccia l'Italia, camici meno conosciuti si sono guadagnati la ribalta su tv e giornali. Da Amedeo Giorgetti a Pina Tommasielli, ecco chi sono.

Vax populi

Le coppie, come nel miglior gioco di ruolo, sono fatte da tempo. Roberto Buroni ospite fisso da Fabio Fazio, Andrea Crisanti in collegamento dal Regno Unito a Piazzapulita. E ancora Massimo Galli e Bianca Berlinguer, Le parole di Antonella Viola per Gramellini. Insomma, a ogni trasmissione il suo virologo, a ogni professore uno studio (televisivo) in cui poter spiegare a chi rimane restio, perché vaccinarsi sia questione di senso civico, ma soprattutto di salute. Eppure con la curva dei contagi in crescita, lo spauracchio della Zona gialla all’orizzonte per diverse regioni, nuove figure si affacciano sulle prime pagine dei quotidiani nazionali e in tv. L’ultimo, cronologicamente parlando, è Amedeo Giorgetti, medico di famiglia a Recanati, paese dell‘ermo colle e di Giacomo Leopardi. «Guarirò i pazienti No vax, poi li ricuserò», ha dichiarato al Corriere della Sera. L’attenzione mediatica conseguenza di un avviso affisso alla porta dell’ambulatorio: «Il Covid ha devastato la vita umana e professionale. Fino a oggi il vaccino è l’unica arma per non ammalarsi. Se ha qualche dubbio o timore, sono a disposizione. Se invece crede sia una pericolosa arma in mano alle multinazionali del farmaco con la connivenza di noi medici di famiglia è pregato di cambiare ambulatorio, perché non tollero queste accuse stupide e offensive».

Le parole di Giorgetti e l’approvazione sulla chat Renaissance Team vs Covid

Frasi nette, rilanciate sulla chat Renaissance Team vs Covid, una sorta di forza speciale contro la pandemia, accolte dall’approvazione dei colleghi. «Spero siano in tanti a seguire il mio esempio», ha detto, ritornando sulla goccia che ha fatto traboccare il vaso e scattare l’inaspettata celebrità. «Nell’arco di due giorni ho avuto due casi limite. Un paziente obeso, iperteso e diabetico. Gli ho ha parlato di vaccino, mi ha risposto “chissà cosa mi mettete dentro”». Detto fatto «è risultato positivo, gli ho mandato a casa l’Usca, unità per le cure domiciliari, e una volta rimesso in sesto l’ho invitato a cambiare medico». Vedi sopra per una coppia di settantenni «da cui sono stato preso a pernacchie di fronte all’invito alla somministrazione». Un copione, purtroppo, trasformato in abitudine. Qualche giorno dopo lei ha chiamato in preda al panico: il marito non respirava più. L’esito è stato identico alla situazione precedente, congedi compresi. Questione di fiducia incrinata, educazione e segnali forti: «Quando si prende il Covid non solo si pretende di ricevere immediatamente assistenza, ma si usa arroganza. Se continuate, tuttavia, così il vostro medico vi lascia. E  magari il muro finalmente si sgretola», ha ribadito Giorgetti.

Sull’esempio di Giorgetti, a Napoli c’è Pina Tommasielli

Dalle Marche a Napoli, un’altra faccia che impareremo presto a conoscere risponde al nome di Pina Tommasielli, già candidata alle Regionali 2020, membro dell’Unità di Crisi regionale per l’emergenza Covid. Il suo pugno duro contro i No vax dalla pagina Facebook è rimbalzato presto sulle pagine dei quotidiani locali: «Il ministro Speranza sottolinea il carattere universalistico del servizio sanitario, come condizione per curare gratuitamente anche chi non si vaccina. Condivido, ma come medico di famiglia ho deciso due cose: non effettuerò tamponi a chi non si vuole vaccinare. I miei pazienti non vaccinati per scelta che si ammaleranno di Covid saranno curati e poi ricusati». Alla base della scelta anche qui la rottura del rapporto tra dottore e ammalato, condizione ritenuta necessaria e imprescindibile da Tommasielli.

Luca Lorini, dalla prima linea agli interventi in tv

Si spiegano probabilmente con la trincea e il dramma vissuto in prima fila le affermazioni di Luca Lorini al Corriere della Sera. Nell’occasione il primario del reparto di Terapia intensiva dell’ospedale Giovanni XIII di Bergamo ha definito «criminali, devastanti per loro e per il Pese» i manifestanti contro il Green pass. Salvo poi aggiungere di non potersi sottrarre alle cure nei confronti degli scettici, «poiché il nostro codice deontologico lo vieta. Vorrei però far passare il principio che chi si ammala per una sua scelta non può togliere risorse, posti letto e tempo dei dottori agli altri che hanno malattie gravi. Poi non saprei come fare: è una scelta che spetta ai politici. Ma certe cose non possono essere accettabili». A distanza di qualche giorno, su La7, a L’aria che tira, Lorini è tornato sull’argomento esprimendo perplessità circa lo spazio riservato nel dibattito pubblico a simili posizioni: «Stiamo parlando un po’ troppo dei No vax, non meritano che spendiamo tutto questo tempo». Poi una sorta di marcia indietro sulla sua stessa presenza in studio: «Non so neanche se è necessario ed è un po’ presuntuoso con un’intervista convincere qualcuno che non vuole ascoltare. Ma il metodo scientifico non può essere discusso da nessuno».

Dei provvedimenti austriaci e di un eventuale applicazione anche in Italia ha discusso sulle colonne di Fanpage.it, Filippo Anelli, presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e Odontoiatri: «Non so se funzionerà, nessuno lo sa, ma è un ragionamento che si può fare». Dalla parte opposta della barricata, c’è Mariano Amici, sempre più spesso in tv per difendere le posizioni dei contrari al vaccino. Lo scorso 27 ottobre, ospite a Non è l’arena, si è trovato a spiegare per l’ennesima volta l’esperimento dei kiwi, raccogliendo sguardi e risposte perplesse. «Il compito del tampone è trovare l’antigene e nei frutti non c’è. Allora perché su dieci quattro sono risultati positivi? Significa che il test è inattendibile», ha insistito all’interno di un vivace scontro con Luca Telese. Sospeso dall’ordine per le sue posizioni, nel più classico dei contrappassi danteschi, è diventato un riferimento della galassia No Vax.

Dal cavallo alla moto, le storie dei medici in sella durante la pandemia

Chi vive fuori dalle polemiche è il dottor Roberto Anfosso. Sessantatrè anni caschetto da fantino, si muove al galoppo di Ambra e ben prima del Covid la sua storia era finita in tv: «Ho fatto per trent’anni gare di salto a ostacoli, desideravo solo lavorare insieme al cavallo», raccontò a Tagadà. Nelle langhe, in provincia di Cuneo, d’altronde le zampe corrono più veloci dei motori: «Una volta mi è capitata un’urgenza ho fatto prima così che in macchina. Certo l’animale ha un costo, per questo fino a trent’anni fa esisteva un’indennità di cavalcatura». Un’usanza capace di resistere persino alla pandemia, come ha spiegato alla Stampa: «Non è cambiato molto. Già prima ero ben attrezzato. In questo periodo molti hanno soprattutto bisogno di parole di conforto, di rassicurazioni. Mi muovo in un territorio rurale dove questo isolamento dovuto all’emergenza sanitaria, rende ancora più soli».

Sfreccia in moto Marcello Pili, capace di superare ostacoli e l’hub di zona. Il medico di Ostia a bordo della sua Bmv Gs, quando i vaccini erano un lusso, ne ha somministrati 180 in un giorno, quindici in più degli ambulatori di riferimento. Per riuscire nell’impresa ha indossato i panni della staffetta, facendo la spola tra le strutture locali, al fine di recuperare le dosi in avanzo. Ma anche quelli del centralinista: «Ho telefonato a tutti i miei pazienti, rassicurando gli scettici, convincendo i timorosi. Su 600 over 60 che assisto, solo in tre, No vax, non si sono voluti vaccinare». Così diceva il 18 giugno a Repubblica il rider col camice, che magari, intanto avrà persuaso pure gli ultimi pasdaran.