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Vedo verde

Disco verde

Il boom dei vinili e la plastica, parecchio inquinante, usata per realizzarli stanno inducendo artisti e case produttrici a sperimentare soluzioni più green.

28 Giugno 2021 16:0728 Giugno 2021 16:08 Redazione
La plastica tradizionalmente usata per realizzare i vinili è molto inquinante, per questo etichette e artisti sperimentano alternative

Il boom dei vinili, registrato nell’ultimo anno, ha indotto etichette e case discografiche a pensare soluzioni più green. L’obiettivo è trovare un sostituto sostenibile del Pvc, materiale comunemente usato nella produzione dei dischi.

Vinili, una plastica difficile da smaltire

«La plastica usata nella produzione dei vinili è particolarmente difficile da riciclare», ha spiegato alla Bbc Sharon George, esperta di ambiente e sostenibilità e docente della Keele University. «Questo per la massiccia presenza di  un componente tossico, il cloruro. Ne deriva che il Pvc non è assolutamente eco-friendly. Per liberarsene è necessario depositarlo in una discarica o bruciarlo». L’inquinamento derivante dal suo smaltimento ha spinto, dunque, i vertici dell’industria musicale a ingegnarsi nella ricerca di papabili alternative. Nel 2019, ad esempio, il cantautore Nick Mulvey è stato il primo a lanciare il suo singolo, In The Anthropocene, su quello che sarebbe diventato famoso come ocean vinyl, un Lp interamente realizzato con plastica riciclata, a partire dagli scarti recuperati negli oceani e sulle spiagge del Regno Unito. Un progetto benefico nato dalla partnership con Sharps Brewery, celebre birrificio di Cornwall, e i cui proventi sono stati destinati a Surfers Against Sewage, onlus che da anni si occupa della tutela e della salvaguardia di mari, spiagge e fauna marina.

Un vinile realizzato con carte di caramelle

Il lavoro dietro all’ocean vinyl è stato impegnativo. Soprattutto perché è partito da materiali grezzi. «Abbiamo utilizzato reti da pesca, ami, carte di caramelle, sacchetti di patatine vuoti. Insomma, spazzatura», ha illustrato Wesley Wolfe, proprietario di Tangible Formats, azienda specializzata nella realizzazione di dischi customizzati, «Raccogliendo e pressando differenti tipologie di plastica, siamo riusciti a ottenere il prodotto finale. Arrivando a sfornarne circa cento esemplari. Un arcobaleno di colori, con un suono bellissimo». Altre aziende, nel mondo, stanno invece testando un metodo differente: l’utilizzo dei resti di vecchi dischi e vinili per produrne di nuovi.

Il vinile, un oggetto destinato a durare anni

A rendere il vinile un prodotto meno inquinante, però, non sono soltanto l’utilizzo di cartone e plastica riciclata o una distribuzione a misura di ambiente. Il suo miglior pregio, in questo senso, è che sia per indole ben lontano dalla logica dell’usa e getta. «Gli Lp rientrano nella categoria di oggetti destinati a durare anni e a passare di mano in mano, di generazione in generazione, senza disperdersi mai», ha aggiunto la professoressa George. Ed è proprio questo a renderlo molto appetibile. «Siamo convinti che col digitale si eluda il rischio emissioni. E invece no, perché le canzoni, per finire sulle piattaforme, devono passare attraverso server che vanno fatti funzionare. L’inquinamento, in quel caso, viene generato dalla tecnologia e da tutti i dispositivi usati per mettere in moto la macchina».

Il vinile non deve sostituire gli altri strumenti

L’approccio green del vinile, però, non deve dissuadere il pubblico dall’acquistare altri formati o dallo scaricare qualche pezzo da iTunes o da Spotify. Ogni comportamento dev’essere misurato, mai eccessivo o radicale. «La sostenibilità non deve essere proposta come una guastafeste. Non deve distrarci dall’obiettivo di divertirci con la musica», ha precisato Peter Quicke, presidente della Ninja Tune, etichetta indipendente fondata a Londra nel 1990 e in prima fila nella battaglia per un’industria musicale più verde e pulita, «Non bisogna convincere la gente a non acquistare il vinile o a non ascoltare la hit dell’artista del momento sulle piattaforme di streaming. Questa strategia non dà alcun contributo alla tutela dell’ambiente e ci priva di un appoggio importante per le nostre vite e, soprattutto, per la nostra salute mentale».

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