Il 14 dicembre compie 56 anni Vinicio Capossela. Nato a Hannover, in Germania, da una famiglia di origine irpina, venne chiamato Vinicio perché il padre era fan del celebre fisarmonicista degli Anni 60. «Mi hanno chiamato così grazie all’insubordinazione di mio padre che ha preferito rompere una tradizione lunga e consolidata», raccontò Capossela in occasione della presentazione milanese del film Vinicio Capossela – Nel paese dei coppoloni del 2015. «Mi chiamo Vinicio perché Vinicio era il protagonista di Quo Vadis ma anche un fisarmonicista di cui mio padre possedeva molti dischi. È stato divertente apprendere dal figlio di questo signore che quello di suo padre era solo un nome d’arte. Mio nonno uscito dalla chiesa ha detto “che c…o di nome, non c’è neanche sul calendario di Cristo e in effetti San Vinicio non c’è».

Dall’underground emiliano fino allo Sponz Fest: la carriera di Capossela
Tornata in Italia, la famiglia si stabilì a Scandiano, in provincia di Reggio Emilia. Vinicio Capossela dopo aver mosso i primi passi artistici nell’underground emiliano, fu notato da Francesco Guccini che lo portò al Club Tenco. Nel 1990 uscì il primo disco, All’una e trentacinque circa, con cui il cantautore vinse la prima Targa Tenco per la migliore opera prima. Ne arriveranno altre tre più un Premio Tenco alla carriera nel 2017. Nel 1993 Capossela si trasferì a Milano dove conobbe Vincenzo Costantino Cinaski e Paolo Rossi (con cui collaborò negli spettacoli Pop e rebelot e Milanin Milanon). Il terzo album, Camera a Sud, lo fece conoscere anche all’estero sul traino del successo Che coss’è l’amor, inserito nella colonna sonora de L’ora di religione di Marco Bellocchio e in quella del primo film con Aldo Giovanni e Giacomo e Marina Massironi, Tre uomini e una gamba. Tra i dischi di maggior successo di Capossela c’è senza dubbio Il Ballo di San Vito del 1996. Nel 2013 con Giovanni Sparano organizzò per la prima volta a Calitri, nell’entroterra Irpino, lo Sponz Fest, da Sponzare, una parola vicino a sponsale, ma che viene da spugna. Letteralmente significa imbeversi, inzupparsi. «Letteralmente significa imbeversi, inzupparsi», è scritto sul sito, «ed è riferito al baccalà che deve essere messo in ammollo, deve appunto “sponzare” almeno tre giorni. A quel punto perde rigidità e salinità e diventa buono da mangiare. Così vuole fare con noi lo Sponz fest: ammollarsi infradiciarsi di musica e racconti». Tag43 vi dà il buongiorno sulle note di Una giornata senza pretese, dall’album All’una e trentacinque circa.