Nonostante l’egemonia delle piattaforme di streaming, c’è ancora chi non si arrende. In Spagna, sono 300 le videoteche che lavorano per tenere in vita il business di Vhs e dei Dvd. L’obiettivo è provare con ogni forza a non cedere il passo ai colossi capitanati da Netflix. Tra questi mohicani della pellicola c’è anche Regreso al pasado. Aperto nel centro di Las Palmas, sull’isola di Gran Canaria, è gestito da Enrique Asunción, Víctor Muñiz e Jorge Sosa, ed è uno dei negozi più forniti nel circuito iberico della compravendita di cinema e musica da collezione. A spingere il trio ad aprire un’attività così vintage, oltre che la passione per la materia e la preparazione maturata negli anni, è stato anche il desiderio di contrastare il boom dei servizi on demand. Che, togliendo terreno al formato più classico, mettono in pericolo il collezionismo e, soprattutto, escludono dai cataloghi numerosi prodotti di qualità, perché eccessivamente di nicchia o poco in linea con i gusti del pubblico mainstream.
Il paradiso dei collezionisti
«Desideriamo che i nostri figli portino avanti le abitudini cinefile delle generazioni precedenti», ha spiegato Asunción in un’intervista a El País, «Qui da noi arriva molta gente, e non solo per fare acquisti, ma anche semplicemente per parlare di film, cercare libretti teatrali, poster cinematografici, titoli introvabili, grandi classici e vinili. Quel che più mi fa piacere è che, nella maggior parte dei casi, si tratta di clienti molto giovani». Per quanto rincorra tendenze che, agli occhi dei più, possono sembrare anacronistiche, gli affari del negozio vanno molto bene. Forse perché è riuscito ad assecondare i gusti di un target che, seppur nascosto, è solido e duro a morire.

Ad accompagnare Regreso al pasado in questa crociata c’è anche il catalano Video Instan, la videoteca più antica di Spagna, attiva a Barcellona dal 1997. La proprietaria, la 45enne Aurora Depares, non ha ceduto alla tentazione di sottoscrivere un abbonamento ad Amazon Prime o ad Apple Tv ma non giudica con sdegno chi, invece, lo ha fatto e continua a farlo. «Non ho nulla in contrario nei confronti dello streaming», ha spiegato. «La cultura deve arrivare ovunque e se tutto questo ne facilita la diffusione, ben venga». L’offerta del suo negozio comprende oltre 46mila pellicole, molte delle quali fuori distribuzione. «Penso di fare un buon lavoro nel proteggere questi tesori e farli conoscere agli altri. La gente me lo fa capire quotidianamente». In più, oltre a un’expertise eccellente, Depares offre tariffe convenienti (con 8.95 euro si può affittare qualsiasi cosa) e, dal 2008, mette a disposizione anche una caffetteria, un videoclub e un mini cinema dove, prima della pandemia, aveva idea di programmare una proiezione al giorno.
Le piccole attività chiedono aiuto allo Stato
Nella dimensione dei negozi di quartiere, tra i più colpiti dalle conseguenze del Covid, figura anche Videoclub Puente, a Reocìn, in Cantabria. «Spero che lo Stato non si dimentichi delle botteghe che funzionano da una vita, quelle che pagano le tasse», ha ribadito il gestore, Julián Bárcena. «Ogni giorno ci riduciamo a essere sempre più pigri e svogliati e accettiamo passivamente tutto quello che ci impongono le grandi aziende. Dai libri alla musica, fino alle serie tv. Sembriamo robot». Per lui, come per gli altri, l’algoritmo è solo un grande antagonista. Perché si sostituisce ai consigli, incidendo sul business. Una situazione ulteriormente aggravata dal lockdown, che ha ovviamente registrato una crescita spropositata degli iscritti alle piattaforme a scapito delle botteghe storiche.

Il Covid ha fatto più danni della pirateria
«Questa situazione sanitaria ha fatto più danni della pirateria», ha aggiunto Marcia Seburo, proprietaria di Ficciones, a Madrid. «L’obbligo a rimanere in casa ha convinto quasi chiunque a cedere allo streaming e le nostre casse lo hanno accusato parecchio. Nonostante né Netflix né Hbo arriveranno mai alle dimensioni del mio repertorio che, ad oggi, conta più di 50mila proposte». Della stessa opinione anche Ramón Pagan, proprietario della videoteca R. Pagán di Murcia: «La clausura forzata ci ha rovinati. Nessuno si è ancora fermato a pensare quanto il nostro apporto sia mille volte più valido di quello meccanizzato», ha sottolineato. «L’algoritmo ti consiglia un film piuttosto che un altro solo perché ti piace un determinato genere, non bada alla qualità o ai tuoi reali gusti. Io, invece, devo stare molto attento a quel che dico, analizzare bene le richieste del cliente perché perderei credibilità se sbagliassi e la reputazione della mia attività dipende solo da questo».