La parabola di Victor Medvedchuk, l’oligarca amico di Putin arrestato in Ucraina
Intimo di Putin, padrino di una delle sue figlie, Medvedchuk per 30 anni ha gestito la politica e l’economia ucraine. Esponente dell'opposizione filorussa, è riuscito a galleggiare anche dopo Euromaidan e con Poroshenko. Finendo però, inevitabilmente, nel mirino di Zelensky. Il profilo.
Sono passati i tempi in cui essere un oligarca filoputiniano era un vantaggio, sia in Russia che in Ucraina. Lo sa bene Victor Medvedchuk, 68 anni di origini russe, uno di quei personaggi che negli ultimi 30 anni ha gestito la politica e l’economia dell’ex repubblica sovietica. È sempre stato uno dei pezzi grossi a Kyiv, legato però anche a Vladimir Putin che ha fatto da padrino al battesimo di una delle sue figlie, ormai maggiorenni. Il rapporto personale con il presidente russo lo ha sicuramente aiutato, nella politica e negli affari, di qua e di là dal confine, ma alla fine gli è stato fatale. Catturato dai servizi ucraini mentre cercava di fuggire all’estero, Medvechuck è stato offerto al Cremlino da Volodymyr Zelensky in cambio di prigionieri di guerra ucraini, senza per il momento aver ricevuto alcuna risposta.
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Medvedchuk e i poteri forti del Donbass
La sua storia è esemplare, come quella di tutti gli altri oligarchi ucraini, da Rinat Akhmetov a Igor Kolomoisky, da Victor Pinchuk allo stesso Petro Poroshenko, l’ex presidente che alla fine degli Anni 90 andava a braccetto proprio con Medvedchuk nel Partito socialdemocratico unito ucraino, una sorta di conclave politico-industriale che rappresentava gli interessi dell’allora inquilino della Bankova Leonid Kuchma. Poi Medvedchuk è rimasto uno dei rappresentanti dei poteri forti del Donbass, insieme con Akhmetov e Pinchuk, genero di Kuchma. Poroshenko invece si è avvicinato a Yulia Tymoshenko – principessa del gas prima di diventare l’eroina della rivoluzione arancione del 2004 – sul lato filoccidentale. Progetto naufragato però nel 2010 con l’elezione di Victor Yanukovich, delfino di Kuchma, sponsorizzato dai clan del Sudest, con Akhmetov e Medvedchuk – deputato del partito Ukrainian Choice – in testa.

Gli affari tra Kyiv e Mosca
Anni turbolenti per l’Ucraina, strattonata tra Russia e Stati Uniti, tra Unione doganale e Unione europea, e profittevoli per Medvedchuk, grazie ai suoi legami tra Kyiv e Mosca e all’opacità delle relazioni energetiche e commerciali tra i due Paesi che non hanno fatto che arricchire gli oligarchi e impoverire il Paese. Poi è arrivata la rivoluzione di Euromaidan e il cambio di regime, con il filorusso Yanukovich che ha dovuto lasciare il posto al filoccidentale Poroshenko, l’annessione russa della Crimea e l’avvio della guerra nel Donbass. Medvedchuk e di Akhmetov sono però riusciti a rimanere a galla, anche grazie alle concessioni del presidente, occupato più nel business che non nella politica. Non è un caso che il suo successore Volodymyr Zelensky lo abbia accusato di alto tradimento per aver fatto affari con i separatisti del Donbass.

La stretta di Zelensky contro l’opposizione filorussa
La stella di Victor Medvedchuk tramonta però in maniera definitiva quando proprio Zelensky, eletto grazie all’appoggio degli oligarchi anti-Poroshenko, Kolomoisky in primis, sceglie di alzare il confronto con il Cremlino. Dopo il primo anno di presidenza in cui tenta il dialogo con Mosca, il presidente ucraino decide di colpire l’opposizione filorussa che fa capo a Medvedchuk: chiusi i suoi media, congelati i suoi asset e messo agli arresti domiciliari. Mosse che difficilmente Zelensky ha adottato senza essersi consultato l’alleato principale, cioè gli Stati Uniti. L’attacco ai partiti filorussi e a uno dei loro finanziatori, il più vicino a Putin, è stato il segnale che il duello tra Russia e Ucraina stava entrando in una nuova fase. Era la primavera del 2021.
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Il resto è storia recente: le esercitazioni russe d’autunno che si trasformano in guerra a febbraio 2022, Medvedchuk (sarebbe stato lui l’uomo scelto da Putin per guidare un governo fantoccio in caso di presa di Kyiv) che fa perdere le sue tracce, Zelensky che sospende tutti i partiti filorussi o presunti tali come nel 2014 era stato messo fuori dalla costituzione il Partito comunista. Infine la foto del ‘collaborazionista’ numero uno pubblicata sull’account Facebook del presidente. Segnale anche per tutti gli altri che potrebbero fare la stessa fine, piccoli e grandi traditori contro cui si è aperta la caccia dentro e fuori l’Ucraina.