Il meccanismo è sempre quello: l’inflazione è troppo alta, gli “zeri” spariscono con un colpo di bacchetta. Un po’ come nascondere la polvere sotto il tappeto. È la ricetta venezuelana per salvare la monete nazionale, il bolivar. Fino a ieri, un milione di bolivar valeva 25 centesimi di dollaro americano (la valuta che di fatto ha soppiantato quella locale). A partire dal primo ottobre ne servirà solamente uno. Ma, nella sostanza, non cambia nulla. La Banca centrale di Caracas lo aveva annunciato ad agosto: «A partire dal primo ottobre 2021 entrerà in vigore il Bolivar Digitale, applicando una scala monetaria che elimina sei zeri dalla moneta nazionale. Vale a dire, tutti gli importi monetari e tutto ciò che è espresso in valuta nazionale sarà diviso per un milione». Una riconversione (la terza in 13 anni, per un totale di 14 zeri tagliati) che serve sostanzialmente per facilitare l’uso della valuta su una scala monetaria più semplice, visto che le tante cifre presenti fino a ieri rendevano i calcoli sostanzialmente ingestibili.
Il Pil del Venezuela dal 2013 è diminuito dell’80 per cento
Il Pil del Venezuela, un tempo la nazione più ricca dell’America Latina, è diminuito dell’80 per cento dal 2013 a seguito del crollo del prezzo del petrolio, che ha determinato una diminuzione sostanziale della produzione di barili e l’oro nero è il principale introito del Paese. Un settore comunque instabile su cui hanno pesato le gestioni non esattamente cristalline dei governi di Hugo Chavez – che già aveva tolto tre zeri dalla moneta nel 2008 – e Nicolas Maduro. Nel 2019 l’inflazione cumulativa del bolivar era stata del 9.585,5 per cento, nel 2020 era “scesa” al 2.959,8. Per dare un’idea, fino a ieri per comprare una pagnotta di pane erano necessari 7 milioni di bolivares, ma la banconota da un milione era tra le più difficili da trovare.
Il primo ottobre debutta il nuovo Cono Monetario
Da oggi invece debutterà nel Paese il nuovo Cono Monetario con banconote da 5, 10, 20, 50 e 100, e sarà introdotta la moneta da un bolivar. La realtà, però, rimane difficilissima: la Banca centrale consente di prelevare fino a un massimo di 20 bolivar al giorno, che bastano a malapena per comprare i beni di prima necessità. Per questo la maggior parte delle transazioni non avviene in contanti, ma con bonifici bancari o tramite sistemi di pagamento digitale come PayPal e Zelle. Senza contare che il 70 per cento degli acquisti viene fatto con dollari americani. Proprio per questo, sulle mensole di molti negozi i prezzi dei prodotti sono indicati direttamente nella valuta di Washington. I bolivar valgono così poco che i bambini li utilizzano per giocare, come fossero soldi del Monopoli.

E non solo, perché nelle regioni di confine, oltre al dollaro, le merci vengono pagate anche in pesos colombiani, reais brasiliani o addirittura grammi d’oro. Tutto, pur di non utilizzare una moneta che non vale niente. Il contante è infatti usato quasi esclusivamente per acquistare i biglietti dei mezzi pubblici, ma la scarsità delle banconote e le lunghe file necessarie per prelevare i pochi bolivar consentiti rendono anche questa operazione particolarmente complicata. Gli autobus, e le fermate, sono così diventati dei veri e propri uffici di cambio-valuta: come riporta la Afp, mentre si aspettano i bus si possono incontrare bambini con grossi rotoli di banconote pronti a cambiarli in dollari e non solo. «Paghiamo un dollaro per quattro milioni di bolivar», ha detto all’agenzia un autista.
Venezuela, la riconversione monetaria per favorire l’economia digitale
Il governo ha anche affermato di voler spingere sulla trasformazione digitale dell’economia. Una mossa, dicono gli esperti, necessaria per evitare di stampare denaro che continuerà a svalutarsi. «Se l’inflazione si comporterà come negli ultimi mesi, è molto probabile che tra circa tre o quattro anni il governo dovrà operare una nuova riconversione», ha detto all’Afp Luis Arturo Barcenas della società di consulenza economica Ecoanalitica. In poco più di un decennio il bolivar ha perso quasi tutto il suo valore: nel 2007 il budget del Paese era di 115 miliardi di bolivares, l’equivalente di 50 miliardi di dollari. Oggi, varrebbe meno di un dollaro.

A maggio il governo di Nicolas Maduro (che tra le altre cose è impegnato in una sanguinosa guerra contro i narcos di Caracas) ha triplicato il salario minimo mensile a circa 15 mila bolivares, una cifra che però non basta nemmeno per comprare un chilo di carne. La situazione è quindi disperata: tre venezuelani su quattro vivono in povertà estrema, una condizione pesantemente aggravata dalla pandemia. Almeno 5 milioni di venezuelani hanno lasciato il Paese negli ultimi anni per cercare fortuna altrove e molti di loro hanno addirittura ottenuto lo status da rifugiati.