Venezia 79, la Mostra del Cinema più queer di sempre
Corpi in trasformazione, accettazione di sé, libertà sessuale. Ma anche la lotta all’omotransfobia. Mai come quest’anno la Mostra del Cinema di Venezia è stata a tinte Lgbtq+.
Quella terminata ieri sera è stata la Mostra del Cinema di Venezia più queer di sempre. La fluidità è stata al centro della Laguna, o meglio al Lido, tra corpi in trasformazione, accettazione di sé e libertà sessuale. Tutto questo già con All the Beauty and the Bloodshed di Laura Poitras, documentario che ha vinto il Leone d’Oro: un omaggio a Nan Goldin, artista di fama internazionale e attivista, dichiaratamente bisessuale e diventata celebre negli Anni 80 come esponente della sottocultura gay di New York.
A Skin Deep il Queer Lion, assegnato dal 2007
A Venezia dal 2007 viene assegnato il Queer Lion, premio cinematografico riservato al “Miglior film con tematiche omosessuali & Queer Culture” tra quelli proiettati al Lido. Nel 2022 è andato a Skin Deep (titolo originale Aus meiner Haut), opera prima del 32enne tedesco Alex Schaad, presentato nella 37esima Settimana Internazionale della Critica: una storia di scambismo identitario, che ha conquistato la giuria presieduta da Rich Cline.
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«Il Queer Lion 2022 va a Aus meiner Haut (Skin Deep) di Alex Schaad per aver rappresentato le dinamiche che codificano il complesso linguaggio dei sentimenti, raccontando una storia d’amore che trascende letteralmente i corpi», si legge nella motivazione. «Quello che appare come un film horror sullo scambio di corpi, inizia rapidamente a superare sia i generi cinematografici che il concetto di gender. Nel farlo, pone domande sorprendentemente intelligenti e audaci, sfidando la natura e l’oggetto dell’amore, sia che si tratti della mente, del corpo, del piacere o delle leggi del desiderio. Demolendo l’idea di ruoli prestabiliti a favore di infinite possibilità fluide, il film riesce nell’audace intento di trasformare l’acronimo LGBTQ in una singola parola».
Le cinque “favolose” di Roberta Torre
Alla Mostra del Cinema di Venezia è stato inoltre presentato Le Favolose, docufilm di Roberta Torre sulla storia di cinque amiche transessuali, che si riuniscono per commemorare la loro amica Antonia, anche lei trans ma sepolta dalla sua famiglia in abiti maschili.
Crialese, coming out a Venezia
Il Lido ha visto poi il coming out di Emanuele Crialese, regista de L’Immensità con Penelope Cruz, che ha rivelato di essere nato donna. Il film, ambientato a Roma negli Anni Settanta, racconta di una coppia in crisi con tre figli a carico con la maggiore, Adriana, che inizia a nutrire dei dubbi sulla propria identità di genere: non la storia di Crialese, ma dentro c’è molto di essa. «Per cambiare la A del mio nome con la E, ho dovuto lasciare un pezzo del mio corpo, il pegno che mi ha chiesto la società, sennò non avrei potuto cambiare nei documenti», ha detto il regista, facendo riferimento alla legge che fino al 2015 permetteva il cambio di nome all’anagrafe solo dopo l’intervento chirurgico di riassegnazione del genere.

Venezia, una rassegna a tinte queer
A Venezia sono stati proiettati poi Il Signore delle Formiche di Gianni Amelio, film che ricostruisce il processo ad Aldo Braibanti, condannato nel 1969 a nove anni di carcere per aver “plagiato” un suo studente: di fatto, in tribunale finì l’omosessualità. In Concorso c’era Monica di Andrea Pallaoro, in cui una donna trans torna a casa per accudire la madre malata, che l’aveva cacciata proprio perché transgender. Applausi per Trace Lysette, prima donna transgender protagonista in un film in Concorso a Venezia: Monica, appunto. Il “Full Metal Jacket gay” Eismayer ha conquistato la Settimana della Critica e lo stesso ha fatto Anhell69, pellicola colombiana in cui è protagonista la comunità gay di Medellin. Anche le Giornate degli Autori hanno visto il cinema queer sugli scudi, con i trionfi di Lobo e Cão e di Blue Jean.

Coppa Volpi a Cate Blanchett: ha interpretato una direttrice d’orchestra lesbica
The Whale con Brandon Fraser ha invece conquistato il Leoncino d’Oro assegnato da Agis Scuola: è la storia dell’insegnante universitario Charlie (interpretato da Brendan Fraser), che dopo la morte dell’amato compagno precipita nella depressione assoluta, mangiando bulicamente fino a raggiungere 266 chilogrammi di peso. Isolato dal mondo, ha un ultimo desiderio: costruire un rapporto con la figlia adolescente. Il film, diretto da Darren Aronofsky, è un adattamento dell’opera teatrale del drammaturgo omosessuale Samuel D. Hunter, che del film è stato sceneggiatore. Queer anche la Coppa Volpi assegnata a Cate Blanchett, divina direttrice d’orchestra e compositrice lesbica in Tàr.
Harry Styles, quel bacio che invece non è piaciuto
Al Lido, oltre a Timothée Chalamet con un vestito a schiena nuda, ha trovato spazio anche un bacio tra due uomini. Alla presentazione del film Don’t Worry Darling, l’ex One Direction Harry Styles ha infatti baciato il coprotagonista Nick Kroll: si è però attirato le critiche della comunità Lgbtq+, che lo ha accusato di cercare solo pubblicità. Tra le altre cose, è fidanzato proprio con l’attrice e regista della pellicola, Olivia Wilde.