Sta suscitando non poche polemiche la chiusura del negozio Cospalat di Valvasone, annunciato con un cartello esposto dallo stesso esercizio. Il dibattito si è aperto non tanto per la sospensione dell’attività quanto per le motivazioni che sono state addotte.
Negozio di Valvasone chiude: scoppia la polemica
«Con grande rammarico, ci troviamo obbligati a comunicare che, a far data dal 2 gennaio 2023, la Cospalat sospende l’attività nello spaccio di Valvasone». Questo l’annuncio dello storico negozio in Piazza Mercato, costretto ad assumere questa decisione a fronte della «mancanza di personale che abbia voglia di lavorare». Un concetto, quest’ultimo, espresso a chiare lettere dallo storico consigliere di Cospalat Renato Zampa: «Cerchiamo due persone ma non riusciamo a trovarle. E sapete perché? Perché anche solo lavorare il sabato sembra essere un problema per i candidati».

L’incarico offerto è quello di commesso dietro al banco, con formazione annessa, per un totale di quaranta o trenta ore settimanali. Su dieci appuntamenti fissati, ha spiegato Zampa, si presentano di norma solo tre persone – nella stragrande maggioranza dei casi over 50. E qui iniziano i problemi: «Lavorare il sabato non va bene, iniziare il turno alle otto è troppo presto, gli spostamenti sono troppo lunghi». Di qui la provocazione scritta nel cartello affisso fuori dall’attività.

L’ira del sindaco
Parole, quelle esposte sul vetro, che hanno spinto il sindaco di Valvasone Markus Maurmair ad intervenire: «Un messaggio molto preoccupante dal punto di vista del rapporto datore di lavoro con i propri dipendenti. Bisognerebbe fornire tutte le informazioni del caso (stipendi garantiti, contesto lavorativo adeguato e capacità di gestire il personale) prima di esternare affermazioni così pesanti. Da anni l’attività funziona grazie alla buona volontà delle persone che vi lavorano, credo non si meritino una cosa del genere. Non vorrei fosse una sorta di giustificazione per una chiusura preventiva collegata al fatto che nelle vicinanze aprirà un’altra attività similare». Dura la replica: «Accuse infondate e totalmente false, abbiamo sempre pagato tutti gli stipendi». Intanto, sotto il foglio scritto dalla Cospalat, ne è stato affisso un altro anonimo che riporta solo una parola: «Vergognatevi».