Pochi giorni dopo l’Ema, l’Agenzia europea per i medicinali, anche la corrispondente agenzia italiana per i farmaci, Aifa, ha deciso di dare il via libera al vaccino anti-Covid della Pfizer/BioNTech per i ragazzi dai 12 ai 15 anni. L’Italia segue così la linea degli Stati Uniti, dove il 10 maggio scorso l’Fda (l’ente governativo che regolamenta i farmaci) ha deciso di approvare il vaccino Pfizer per questa fascia di età.
La Commissione Tecnico Scientifica di #AIFA ha approvato l’utilizzo del #vaccino Comirnaty (BioNTech/Pfizer) per la fascia di età 12-15 anni, accogliendo il parere espresso dall’EMA.
👉https://t.co/TygcccXesP#COVID19 @EMA_News— AIFA (@Aifa_ufficiale) May 31, 2021
«L’amministrazione Biden ritiene sia una priorità vaccinare i giovani nella prossima fase di controllo della pandemia, ma ci sono molte domande e ancora incertezze», ha commentato Monica Gandhi, docente di medicina all’Università della California. «Tutti cerchiamo di capire i prossimi passi e ci chiediamo che cosa significhi questa autorizzazione all’uso del vaccino sui più giovani».
Vaccino ai bambini, un dibattito acceso
Gli interrogativi e i dubbi che la decisione ha sollevato tra gli scienziati, intanto, hanno acceso il dibattito. Una ormai corposa letteratura scientifica suggerisce infatti che bambini e adolescenti si infettano meno degli adulti e con sintomi lievi, qualora accade. Se positivi, inoltre, più raramente trasmettono il Sars-Cov.2. In definitiva, non sono dei grandi diffusori e vaccinarli influirebbe poco sul decorso della pandemia.
«Una decisione difficile da giustificare in questo momento nella maggior parte dei Paesi», scrive Jennie S. Lavine sul British Medical Journal. «A causa della gamma di varianti che man mano emergono, gli effetti sulla trasmissione del virus sarebbero modesti. Non si conosce, poi, la durata della protezione indotta dal vaccino, senza contare la possibilità di conseguenze indesiderate legate alle differenze nell’immunità indotta dal vaccino rispetto a quella derivante dall’infezione naturale», prosegue. «Paesi come la Norvegia hanno ottenuto livelli bassi di infezione, pur mantenendo aperte le scuole primarie. Ciò suggerisce che i ragazzini hanno un ruolo limitato nella catena dell’infezione e che vaccinarli costituisce un beneficio marginale».
I test del vaccino sui ragazzi tra i 12 e i 15 anni
L’efficacia e la sicurezza del vaccino Pfizer sono state valutate, riferisce lo studio pubblicato in questi giorni sul New England Journal of Medicine, su 2260 ragazzi dai 12 ai 15 anni. Una metà di loro ha ricevuto il vaccino e l’altra metà un placebo. L’Ema stessa dichiara che, considerato l’esiguo numero di soggetti, non è possibile valutare eventuali eventi avversi, rari. L’azienda ha richiesto alle agenzie regolatorie l’approvazione per l’uso di emergenza (Emergency Use Authorization) in questa fascia di età, «quando invece l’autorizzazione avrebbe dovuto seguire una procedura standard, perché la vaccinazione anti-Covid nei bambini, a differenza che negli adulti, non rappresenta un’emergenza», scrive Stefan Baral, epidemiologo alla Johns Hopkins School of Public Health sul British Medical Journal. «Inoltre, la vaccinazione di massa dei bambini si deve basare su un calcolo diverso tra rischi e benefici, rispetto al metodo usato per gli adulti».
Un’autorizzazione senza emergenza
In generale, l’autorizzazione di emergenza viene concessa quando ci si trova nella necessità di fronteggiare una condizione grave o pericolosa per la vita, anche in assenza di dati certi sui benefici e sui rischi. Ma a differenza degli adulti, la probabilità che i bambini vadano incontro a quadri clinici gravi a causa di Covid-19 rimane molto bassa. I dati per i casi registrati negli Stati Uniti mostrano che solo il 7 per cento dei bambini di età inferiore ai 18 anni con malattia grave ha richiesto cure intensive, rispetto al 53 per cento degli adulti, informa Lancet.
Pfizer e Moderna al lavoro per un vaccino sui bambini tra sei mesi e 11 anni
Sempre la Pfizer ha avviato nel marzo 2021 studi clinici su bambini dai sei mesi agli undici anni e i risultati dovrebbero essere disponibili nella seconda metà di quest’anno. Albert Bourla, amministratore delegato dell’azienda, prevede di ottenere l’autorizzazione all’impiego del vaccino nei bambini con meno di 12 anni entro il 2022. Anche la casa farmaceutica Moderna ha avviato una sperimentazione clinica per la stessa fascia di età, il progetto si chiama Kid Cove, e i primi dati sono attesi nel 2023.
Quanto è giustificata questa corsa al vaccino per bambini e adolescenti, se non sono dei grandi diffusori del virus e non sviluppano gravi complicazioni a causa dell’infezione? «Vaccinare i giovani è altamente strategico ed è essenziale per la riapertura in sicurezza del prossimo anno scolastico», ha affermato Roberto Speranza, ministro della Salute. E dello stesso avviso è l’Ema che ha approvato Pfizer per i ragazzi dai 12 ai 15 anni, con due dosi a distanza di tre settimane. Tuttavia diversi studi hanno evidenziato come la diffusione del Sars-Cov.2 nelle scuole sia limitata.
Francia, Nuovo Galles e Italia: i bambini non diffondono il virus
Spesso viene citato il caso del ragazzino di nove anni francese e positivo al tampone con sintomi, che ha frequentato tre diverse scuole e ha avuto contatti con 172 persone senza infettare nessuno, neanche i fratellini più piccoli. Ha, invece, trasmesso altri virus come quello dell’influenza e del raffreddore al 64 per cento delle persone con cui è venuto a contatto.
Il Centro nazionale australiano per la ricerca sull’immunizzazione nel Nuovo Galles del Sud ha descritto il caso di nove studenti delle suole primarie e superiori e di nove membri del personale con confermato Covid-19 che hanno avuto contatti con 735 studenti e 128 dipendenti. Solo due bambini sono stati contagiati e si sono ammalati, nessuno del personale. E in Italia famoso è lo studio pubblicato su Nature condotto a Vo’ Euganeo da Andrea Crisanti, professore di microbiologia all’Università di Padova: nessuno dei 257 bambini sotto i dieci anni testati è risultato positivo al tampone nonostante la convivenza con i familiari infetti.
«Il rapporto costi-benefici di qualsiasi campagna di vaccinazione dovrebbe dipendere dal peso della malattia nella popolazione bersaglio e dalle risorse disponibili», scrive un editoriale del British Medical Journal, che ritiene difficilmente giustificabile una campagna su bambini e adolescenti. Si tratterebbe, infatti, di un’età in cui occorre rispettare le necessità di un organismo in evoluzione. «I meccanismi che fanno la differenza nell’infezione tra i ragazzi e gli adulti sono svariati e vanno studiati», ipotizzano i ricercatori sugli Archives of diseases in Childhood. «Il fatto che i bambini siano protetti da gravi forme di malattia potrebbe essere correlato a una minore espressione dei fattori necessari per la replicazione virale e alle differenze in entità e tempi della risposta immunitaria innata o adattativa».
I medici chiedono una moratoria: «Non siamo novax»
Dubbi e incertezze che hanno spinto la rete Sostenibilità e Salute e varie Associazioni mediche italiane, oltre a un migliaio fra operatori sanitari e ricercatori, a sottoscrivere un appello per una moratoria alla vaccinazione anti Covid-19 ai bambini. Facendo riferimento alle prove scientifiche disponibili e rifiutando strumentalizzazioni di tipo novax, i firmatari del documento spiegano così le motivazioni della loro iniziativa.
«La vaccinazione non comporta sostanziali benefici ai bambini, data la bassa incidenza e le manifestazioni cliniche moderate della malattia nelle fasce pediatriche, e non comporta neppure benefici di rilievo per la collettività, poiché i bambini non hanno un ruolo rilevante nella trasmissione del Sars-Cov.2. Inoltre i vaccini in uso non azzerano la trasmissione dell’infezione, non si sa quanto dura la loro protezione e hanno un’efficacia ridotta su alcune delle varianti finora emerse».

Vaccini ai bambini, troppe incognite sul lungo periodo
A fronte di benefici minimi o trascurabili, i firmatari della moratoria ritengono che non sia opportuno esporre i bambini al rischio di eventi avversi a lungo termine ancora non individuati, ma possibili. «Si potrebbero presentare nel corso degli anni ed evidenziarsi con lo sviluppo di programmi di sorveglianza attiva, oggi lacunosi o assenti. Si ritiene che la vaccinazione da sola non possa portare all’immunità di gregge, quindi non esiste una giustificazione altruistica o etica nel vaccinare i bambini, al fine di proteggere le popolazioni a rischio, già oggetto di un’intensa campagna vaccinale».
Analoghe riflessioni fa un gruppo di scienziati, epidemiologi, medici, pediatri, psicologi, biologi, giuristi sul fatto che si voglia subordinare la riapertura delle scuole alla vaccinazione dei più giovani. In Gran Bretagna e Israele i contagi sono stati abbattuti senza la vaccinazione degli under 16, scrivono nel documento che accoglie l’appello del direttore esecutivo dell’Organizzazione mondiale della sanità, Tedros Adhanom Ghebreyesus, affinché i vaccini siano destinati ai Paesi più poveri anziché usati per i più piccoli, per non andare incontro a quella che definisce «una catastrofe morale».