Piccole dosi

Gianna Milano
25/11/2021

L'Ema ha approvato la somministrazione del vaccino anti-Covid per i bambini tra i 5 e gli 11 anni. Dopo l'ok dell'Aifa, anche in Italia potrà partire la campagna. Ma sono molti, nel nostro Paese e all'estero, i medici contrari. Tra benefici e dubbi, cosa sappiamo.

Piccole dosi

Come previsto l’Agenzia europea per i medicinali (Ema) ha dato il via libera all’uso in emergenza del vaccino Pfizer/BioNtech anti-Covid nella fascia dai 5 agli 11 anni di età, come aveva già fatto negli Usa l’ente federale regolatorio per i farmaci (Fda). E ora spetterà all’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) approvarlo anche da noi. Israele, che fa sempre da battistrada, ha già somministrato ai più piccoli le prime dosi. Cosa spinge a sollecitare alla vaccinazione in età pediatrica? Gli stessi esperti – pediatri, immunologi, virologi – sono divisi sull’opportunità di immunizzare preadolescenti e adolescenti. L’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms), anche se evita di chiudere la porta alla vaccinazione infantile, ripete che «per ora non costituisce un’alta priorità». E ancora c’è chi invita a temporeggiare, alla luce della scarsa disponibilità di evidenze sui possibili rischi e chi lo considera apertamente un grave errore.

L’indagine condotta da Fda ed Ema per approvare il vaccino sugli under 11

Su quali dati scientifici si sono basate le agenzie regolatorie, l’Fda e l’Ema, per dare il loro consenso? Lo studio clinico randomizzato eseguito da Pfizer/BioNtech, pubblicato il 9 novembre sul New England Journal of Medicine, dice che due dosi da 10 milligrammi, a distanza di 21 giorni l’una dall’altra, hanno dimostrato che il vaccino dai 5 agli 11 anni «è efficace, sicuro e produce una risposta immunitaria». La sperimentazione ha coinvolto 2.268 bambini: 1517 di loro hanno ricevuto due dosi del vaccino a mRna, un terzo del dosaggio degli adulti, e 751 un placebo, ossia un non farmaco. L’approvazione dell’Fda si basa su uno studio pilota complessivo – ancora in corso – di 4700 bambini dai 6 mesi agli 11 anni. «Numeri e prove insufficienti per concludere che si può procedere tranquilli», secondo Peter Doshi, senior editor del British Medical Journal e docente alla School of Pharmacy dell’Univesrsità del Maryland, storico paladino della trasparenza dei dati su cui si basa l’approvazione dei farmaci.

A tal proposito, ha scritto il New York Times: «I ricercatori hanno verificato la risposta immunitaria, partendo dal presupposto che i livelli di anticorpi possano essere protettivi anche nei bambini, criterio utilizzato in adolescenti e adulti. Ma dal momento che i piccoli si ammalano più raramente, lo studio non ha prodotto conclusioni significative circa la possibilità del vaccino di evitare ospedalizzazioni». Inoltre Pfizer non ha fornito dati su eventuali bambini immunizzati, con questa dose e a questa età, che se contagiati possono trasmettere il virus ad altri. Per questo ha spiegato Vinay Prasad, del Dipartimento di epidemiologia e biostatistica all’università della California, San Francisco: «È vitale che i medici evitino nel proporre il vaccino ai genitori una persuasione malinformata. L’impatto sulla traiettoria della pandemia dell’immunizzazione ai bambini è altamente speculativa e il campione è troppo piccolo per documentare eventi avversi segnalati ad altre età e altre dosi». Il riferimento è ad esempio «alle miocarditi, una infiammazione del muscolo cardiaco che riduce la capacità del cuore di pompare e battere in modo corretto, registrate in un caso ogni 5 mila dosi di vaccino ai ragazzi dai 12 ai 15 anni: uno studio di queste dimensioni (4700 n.d.r.) nei più piccoli non è in grado di documentarlo». Moderna, altro vaccino a mRna come Pfizer, ha annunciato il 31 ottobre che ritarderà la richiesta all’Fda di autorizzazione emergenziale per i bambini da 5 a 11 anni, finché l’agenzia non avrà investigato sul rischio miocarditi negli adolescenti. In Germania, riferisce il quotidiano Frankfurter Allgemeine, il Robert Koch Institut di Berlino che si occupa della prevenzione delle malattie infettive «sconsiglia» il vaccino in tutti i bambini under 12 sani: «perché il rischio che corrono in caso di malattia è quasi nullo».

Tempi lungi per valutare eventuali effetti collaterali

I tempi per stabilire un eventuale danno sono lenti. In Israele ci sono voluti mesi per individuare l’effetto collaterale delle miocarditi. Negli Usa i casi segnalati nella fascia di età dai 12 ai 32 anni – ed è una sottostima – sono stati 10.704. «Ed è un evento avverso inaccettabile non conoscendo quali possono essere le conseguenze nel medio e lungo termine. Per esempio, un danno cardiaco permanente», ha affermato Linda Wastila, del Pharmaceutical Health Services Research, Università del Maryland, a una recente tavola rotonda. L’ipotesi è che i livelli elevati di anticorpi che i vaccini a mRna stimolano possano portare a una reazione infiammatoria del muscolo cardiaco. «Stiamo procedendo alla cieca e prendendo decisioni critiche sulla vaccinazione di massa a popolazioni vulnerabili, sulla base di pochi o nessun dato», ha aggiunto Wastila. In alcuni articoli si è parlato di un caso di miocardite su 20mila dosi, in altri di uno ogni 3-6mila. Nell’incontro della Fda, per la richiesta di autorizzazione per emergenza di Pfizer nei bambini tra i 5 e gli 11 anni, Eric Rubin, immunologo ad Harvard e capo redattore del New England Journal of Medicine, ha riconosciuto la scarsa documentazione sulla sicurezza pediatrica affermando: «Non avremo i dati finché non inizieremo a usare questo vaccino, i nostri figli sono i dati».

C’è poi chi sostiene che bambini e adolescenti, molti dei quali si sono già infettati con Sars-Cov-2, sarebbe meglio se contraessero la malattia in maniera naturale. Uno studio israeliano ha rilevato che l’infezione dà una protezione immunitaria più robusta e duratura, anche verso la variante Delta oggi dominante, rispetto a due dosi di vaccino Pfizer/BioNTech. «I criteri per l’autorizzazione all’uso di emergenza (Emergency Use Authoritzation) nei bambini non sono soddisfatti perché non c’è alcuna emergenza Covid che grava su di loro: i benefici ipotetici non superano i rischi. Meglio essere cauti», ha ribadito Peter Doshi, che già a giugno invitava alla prudenza sulla scelta di immunizzare i più piccoli in assenza di dati: «La scienza senza dati non è scienza». «L’idea di vaccinarli per fornire una protezione indiretta agli adulti è difficile da giustificare eticamente», ha scritto Jennie S. Lavine sul British Medical Journal. «A causa della gamma di varianti che man mano emergono gli effetti del vaccino sulla trasmissione del virus sarebbero modesti. Una consistente letteratura scientifica suggerisce che bambini e adolescenti si infettano meno degli adulti e con sintomi lievi qualora ciò accade, anche quando vengono esposti alla variante Delta. Se positivi raramente trasmettono il virus ai coetanei o agli adulti. Non sono dei grandi diffusori e vaccinarli influirebbe poco sul decorso della pandemia».

L'Ema ha approvato il vaccino sui bambini tra i cinque e gli undici anni: benefici e rischi del farmaco anti-Covid sui più piccoli
La dose prevista per i bambini tra i 5 e gli 11 anni (Getty)

Nature: «Bambini maggiormente in grado di controllare l’infezione rispetto agli adulti»

«Sars-Cov-2 è un virus anomalo, perché solitamente i più vulnerabili agli altri virus, da quello dell’influenza a quello respiratorio sinciziale, sono non solo gli anziani, ma anche i piccoli», scrive Nature. Affermazioni, contestualizzate da Betsy Herold, pediatra esperta di malattie infettive all’Albert Einstein College of Medicine, negli Usa. «In questo caso non è così: i bambini sono naturalmente più efficienti degli adulti a controllare l’infezione virale. Perché la loro risposta immunitaria innata è pronta ad attivarsi subito». Stesso punto di vista per Roland Eils, dell’università di Berlino: «Se per noi adulti ci vogliono due giorni per attivare il sistema di difesa contro il virus nei bambini parte subito». Concetto del ritardo perorato anche Laura Vella, immunologa e ricercatrice di malattie infettive pediatriche al Children’s Hospital di Philadelphia, in Pennsylvania. «È lì la differenza tra noi e loro. Tra i bambini che si sono ammalati gravemente alcuni avevano carenze nella risposta immunitaria innata. Ci deve essere un tempismo perfetto e un equilibrio tra una risposta iniziale carente e una eccessiva, che può essere ugualmente dannosa. L’idea che il tono immunologico sia diverso nei bambini sembra probabile».

Vaccino ai bambini: i pareri di Locatelli, Crisanti e Vaia

Il ministro della salute, Roberto Speranza, si augura di poter partire a dicembre con il vaccino nella fascia 5-12 anni. Franco Locatelli, coordinatore del Comitato tecnico scientifico (Cts) è «convinto che se si vuole bloccare la circolazione del virus è opportuno vaccinare i più piccoli». E Giuseppe Di Mauro, presidente della Società italiana di pediatria preventiva e sociale (Sipps), aggiunge «Immunizzare i bambini significa spezzare una volta per tutte la catena dei contagi». Più cauto Andrea Crisanti, microbiologo all’università di Padova, che è dell’avviso, come ha detto in un’intervista a Il Fatto quotidiano, «che non accadrà nulla di grave. La cosa buona è che Israele ha cominciato e tra poco avranno vaccinato tre-quattrocentomila bambini. Useremo quei dati». Francesco Vaia, direttore sanitario dell’Ospedale di malattie infettive Spallanzani di Roma, si dice non contrario in assoluto al vaccino, «ma la malattia nei bimbi è rara, al Bambin Gesù di Roma neppure uno è finito in terapia intensiva, al massimo ci sono state degenze di tre, quattro giorni. Hanno una vita sociale meno intensa degli adulti, e stanno per lo più in ambienti protetti dove tutti sono vaccinati, come le scuole. Pretendere la solidarietà sociale da chi ha meno di 12 anni rasenta l’ideologia e il fanatismo. Il vaccino non va fatto ai bambini sani per impedirgli di contagiare gli adulti, ma solo se sono fragili loro, se hanno patologie gravi».

In Gran Bretagna il Joint Committee on Vaccination and Immunization (Jcvi) ha redatto un documento con punti chiave sull’opportunità di immunizzare i più giovani. «I dati disponibili indicano che il beneficio è minimo, a meno che non esistano condizioni di salute che li mettono a rischio qualora si ammalino di Covid-19, come nei casi di piccoli pazienti obesi e con gravi patologie (neoplasie, diabete di tipo 1, malattie cardiache congenite, asma, infezioni respiratorie) e sistema immunitario compromesso». Secondo il rapporto dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss) del 20 ottobre 2021 in Italia nella fascia da 0 a 5 anni il numero complessivo di casi positivi al test molecolare con tampone è di 138.167 e la percentuale dei decessi dello 0,00008 per cento; per la fascia da 6 a10 anni 179.660 i positivi e 0,00003 per cento i decessi. Numeri a cui si sono appellati i promotori dell’associazione di accademici CoScienze Critiche in una lettera all’Huffington Post, di replica alle asserzioni di Carlo Federico Perno, dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma, convinto dell’opportunità di vaccinare anche da 0 a 5 anni. «Per l’intera popolazione da 0-19 anni, un totale di circa 10.600.000 bambini e ragazzi, i casi positivi rilevati fino a ottobre 2021 sono stati circa 770.000, e i decessi da inizio pandemia 34. Significa che il rischio in questa fascia d’età di contrarre il virus e poi morirne è stimabile in 2,9 per milione. La quasi totalità di decessi nei bambini positivi per il Sars-Cov-2 è concomitante con gravi patologie e la probabilità media di morte per qualsiasi causa nella fascia 1-19 anni è 120 volte di più di quella legata a Covid-19».

L'Ema ha approvato il vaccino sui bambini tra i cinque e gli undici anni: benefici e rischi del farmaco anti-Covid sui più piccoli
Un operatore sanitario e un bambino si scambiano il cinque dopo la somministrazione (Getty)

 

L’appello della rete Sostenibilità e salute a proposito della vaccinazione sui minori

Anche la rete Sostenibilità e Salute e varie Associazioni mediche italiane, oltre a un migliaio fra operatori sanitari e ricercatori, hanno sottoscritto un appello per una moratoria alla vaccinazione anti-Covid ai bambini. Facendo riferimento alle prove scientifiche disponibili e rifiutando «strumentalizzazioni di tipo No vax», i firmatari del documento riassumono così le motivazioni dell’ iniziativa: «Il vaccino non comporta sostanziali benefici ai bambini, data la bassa incidenza e le manifestazioni cliniche lievi della malattia nelle fasce pediatriche, e non comporta neppure benefici di rilievo per la collettività, poiché non hanno un ruolo rilevante nella trasmissione del Sars-Cov-2. I vaccini in uso non azzerano la trasmissione dell’infezione, non si sa quanto dura la loro protezione e hanno un’efficacia ridotta su alcune delle varianti emerse. Rispetto al vaccino, chi supera l’infezione acquista un’immunità robusta e duratura a beneficio di famiglie e comunità». La moratoria, indirizzata due volte alle autorità sanitarie del governo Draghi non ha mai ricevuto risposta.

Negli Usa accademici e scienziati hanno portato in giudizio la Fda

Intanto, il 15 novembre la Fda, portata in giudizio da Public Health and Medical Professionals for Transparency Documents, un’associazione di scienziati, accademici e giornalisti, che si battono per la trasparenza, ha chiesto di concederle tempo fino al 2076 per rendere pubblica l’intera documentazione di 329mila pagine prodotta per l’autorizzazione del vaccino Pfizer/BioNTech. Avvalendosi del Freedom of information Act, normativa che garantisce a chiunque il diritto di accesso alle informazioni delle pubbliche amministrazioni, l’associazione ha chiesto di poter visionare tutta la documentazione entro il 3 marzo 2022: un periodo di 108 giorni, ovvero lo stesso tempo impiegato dalla Fda «per rivedere i documenti sensibili per il compito complesso di autorizzare il vaccino della Pfizer».