Gli stereotipi sono fatti per essere rovesciati, così le rappresentazioni positive si dissolvono in un lampo sgretolando certezze che erano sembrate granitiche. Capita, essendo indicati a democrazie avanzate, di riferimento, di ritrovarsi gli sciamani in Campidoglio, di tornare indietro nel tempo e regredire a frontiera piombando in un villaggio western. A volte il fatalismo sta dove la narrazione non vorrebbe e il razionalismo abita i Paesi assolati, filmicamente avvinti dal destino. Sotto pandemia, gran parte del mondo ha trovato rifugio nell’“andrà tutto bene” americano. Nessuno, nemmeno per un attimo, ha ragionato che esso abbia simboleggiato il fallimento di schiere di illustri sceneggiatori d’oltreoceano. I migliori ci sono incappati: al verificarsi di un evento drammatico, immancabilmente, in bocca a qualcuno chiamato a risolvere la situazione, o a incoraggiare, spunta questa frase. E, immancabilmente, alle conseguenze dell’evento, non si porrà riparo. Tant’è che quando si sente non resta che cambiare canale, se ci si è affezionati al protagonista in ambasce. Un autentico epitaffio, che le toccatine di ferro non potranno mutare un immodificabile e tragico finale.
Il New York Times e il presunto psicodramma italiano su vaccini e vacanze
I luoghi comuni servono spesso a consolarsi, a dirsi che in fondo gli altri stanno peggio. L’indice puntato si ritorce quasi sempre contro chi lo punta, eppure resta un insegnamento senza proseliti. Ora, gli Stati Uniti, dopo aver passato i frangenti pandemici in modo più drammatico rispetto ad altre latitudini, tirano un sospiro di sollievo, alla fine il loro è un grande Paese, ha preso le misure al virus. Si guardano intorno con ironia. L’ironia, si sa, spesso ha per bersaglio l’Italia. Al New York Times se la spassano sullo psicodramma italiano che arriverà con le vacanze estive: vaccini e vacanze, vaccini o vacanze. L’Italia sembra stia girando tutta in tondo al dubbio: partire o vaccinarsi, o partire vaccinandosi nei luoghi del riposo? Il mojito in una mano e nell’altra la siringa. E l’Italia è davvero il Paese delle abitudini insolite, delle consuetudini endemiche. Davvero l’essere attaccatissimi ai riti ha fatto vivere con maggior difficoltà le restrizioni da Covid.

Dopo la pandemia passeremo dal mantra dell’andrà tutto bene al nostro ha da passà a nuttata
Eppure gli italiani, nella maggior parte dei casi hanno rinunciato ai propri riti: il calcio, lo struscio, la movida, le gite fuori porta. Il turismo ha perso 17 miliardi di euro l’anno passato, e senza villeggianti il futuro sarà drammatico pure senza Covid. Certo non sarà facile rinunciare alle vacanze, dopo averlo già fatto in gran parte nel 2020. Gli italiani non sono nel dramma psicologico, razionalmente stanno cercando di risolvere il problema e nell’ipotesi della scelta obbligata è evidente che abbandoneranno il rito. Si stanno attrezzando i più grandi tour operator nazionali dopo le batoste subite: sanno che stranieri ne arriveranno pochi e perciò si rimodulano in campo nazionale; porteranno in gita gli italiani, li porteranno in Italia e troveranno collocazioni prossime ai luoghi di partenza. L’Italia ha una parte della popolazione che d’estate non cerca luoghi lontani, il Sud è già nella terra della vacanza, e il Nord ha, volendo, distanze brevi da coprire per arrivare alle coste o ai monti. Metà dei lombardi sono vaccinati e quelli che devono fare il vaccino in base alla prima inoculazione sanno, come il resto degli italiani, quanto tempo avranno per stare al sole o al fresco: chi si vaccina con AstraZeneca sa che avrà la seconda dose in un intervallo che va dalle 9 settimane (63 giorni) alle 12 settimane (84 giorni). Con Moderna o Pfizer la seconda dose verrà inoculata in un intervallo che va dalle 5 settimane (35 giorni) alle 6 settimane (42 giorni) successive. E, se in sorte capita Janseen non ci sarà bisogno di richiamo. Uno stacco da 35 giorni, nel minimo, da 84 nel massimo; ad averceli tutti questi giorni: sarebbe uno spasso, altro che dramma. Da qualche decennio i più fortunati staccano un biglietto per due massimo tre settimane, e i giovani con la lunga pausa scolastica troveranno il turno per il vaccino dopo l’estate. Ed è ovvio che gli italiani non saranno felici di rinunciare a qualcosa delle proprie abitudini, lo hanno già fatto. È certo, però, che quando la pandemia sarà un ricordo, in Italia ci si ricorderà bene di riti messi a riposo ma non congedati, di tutte quelle pratiche che a occhi lontani potranno sembrare persino futili: gesti, uscite, abbracci, strepiti. Pratiche di vita, di una vita più lieve che dà maggior gioia nell’essere vissuta. E la speranza, per gli italiani, invece, è quella di dimenticare riti di importazione, scimmiottamenti di felicità che arrivano da culture più ombrose. Al posto di iellatici mantra del “andrà tutto bene”, torneremo ai beneauguranti e più pratici “ha da passà a nuttata”.