Utoya,10 anni fa la strage in Norvegia: le testimonianze dei superstiti

Fabrizio Grasso
22/07/2021

Dieci anni fa Anders Behring Breivik uccise 69 persone sparando sulla folla in un campeggio. Poco prima un altro attentato da lui orchestrato a Oslo provocò altre 8 vittime e la distruzione del palazzo del governo. Le testimonianze dei superstiti.

Utoya,10 anni fa la strage in Norvegia: le testimonianze dei superstiti

Il 22 luglio di 2011, sull’isola norvegese di Utoya, a nord-ovest di Oslo, la vita di 69 persone fu spezzata dalla follia omicida di Anders Behring Breivik. Vestito da poliziotto, l’uomo entrò in un campeggio in cui era in corso un seminario della sezione giovanile del locale partito laburista e fece fuoco con un fucile semiautomatico.

Si trattò del più grave massacro avvenuto in Norvegia durante un tempo di pace e seguì un altro attentato, sempre ad opera di Breivik, avvenuto poche ore prima nel centro di Oslo. In quel caso, l’esplosione di un’autobomba provocò la morte di otto persone, oltre alla distruzione del palazzo del governo. In totale, 77 vittime, perlopiù minorenni.

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Il 32enne terrorista di estrema destra e dichiarato anti-islamista, sostenne durante il processo di aver agito per mandare un «messaggio forte, per fermare i danni del partito laburista» e per limitare «una decostruzione della cultura norvegese causata dall’immigrazione musulmana». Per la strage venne condannato a vent’anni di carcere, corrispondenti al massimo della pena secondo la giustizia norvegese, estendibili però a oltranza nel caso fosse considerato ancora pericoloso.

A preoccupare i superstiti, a distanza di dieci da quel drammatico evento, è la paura che la strage possa ripetersi. «Pensavo che la Norvegia sarebbe cambiata dopo gli attacchi. Non è successo». A parlare all’Associated Press è Asmund Aukrust, allora numero due dell’ala dei giovani laburisti, scampato alla strage. «L’odio che vediamo online e le minacce contro le persone del movimento laburista sono aumentate», continua l’uomo, intanto diventato deputato nazionale e quotidianamente impegnato nella lotta contro l’ideologia di estrema destra.

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Uno sforzo giustificato dal mutato atteggiamento della popolazione norvegese. «Allora, la gente interpretò quel gesto come un attacco a tutta la nazione e si mostrò sensibile», afferma Aukrust. «Oggi quel sentimento è scomparso. Anzi, le idee di Breivik vengono condivise da un numero sempre crescente di persone». «Non è un caso che Breivik abbia assaltato il nostro campo. Non tollera i valori in cui crediamo, apertura e inclusione», incalza Sindre Lysoe, altro superstite, ora segretario generale dell’ala giovanile del partito laburista.

Come riporta ApNews, il governo e la polizia norvegesi per anni hanno considerato gli islamisti più inclini a compiere atti di terrorismo rispetto agli estremisti di destra. Soltanto l’attentato in una moschea neozelandese nel 2019 e il successivo un tentativo di emulazione del norvegese Philip Manshaus appena fuori Oslo, nello stesso anno, hanno fatto loro cambiare idea. «Che si tratti di islamisti o estremisti di destra, il problema fondamentale rimane lo stesso: confrontarsi con ambienti in cui esiste la diversità», ha affermato Bjorn Ihler, che con il suo Istituto, il Khalifa-Ihler, si oppone a ogni forma di discriminazione. «La parte più difficile è aiutarli a entrare in contatto con quella diversità».

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Intanto Breivik sta scontando la sua pena in una cella di tre stanze dotata di ogni confort, dalla palestra ai videogames. «È giusto che sia trattato umanamente», conclude Ihler, supportando un sistema giudiziario volto a favorire la riabilitazione rispetto alla vendetta. «Dobbiamo dimostrare alle persone che ci sono modi migliori rispetto alla violenza per affrontare i problemi».