Altro che rozzo e ottuso. L’uomo di Neanderthal sarebbe stato intelligente e particolarmente ingegnoso. A confermarlo, smentendo le convinzioni del passato, l’archeologa londinese Rebecca Wragg Skyes che ha raccolto cinque anni di studi sul Pleistocene nel manuale Neandertales: la vida, el amor, la muerte y el arte de nuestros primo lejanos, incluso dal New York Times nella classifica delle uscite editoriali più interessanti del 2020. Un’opera completa e dettagliata sulla storia degli ominidi che popolarono la Terra più di 350mila anni fa.
L’origine degli uomini di Neanderthal
La prima curiosità sull’uomo di Neanderthal è legata al nome. «È uno degli aneddoti più strani che io abbia avuto modo di studiare», ha spiegato la 40enne in un’intervista a El País. «L’origine deriva dalla valle di Neander, in tedesco Neanderthal, appunto. Un luogo dove la gente si recava per riposare o trovare ispirazione, che prende il nome da un poeta e compositore del 1600, Joachim Neander. Questo, tuttavia, non era il suo vero cognome: quello vero, Neumann, era stato cambiato anni prima dal nonno. Per tale ragione, il luogo assunse la denominazione di valle degli uomini nuovi, ben prima che vi venissero recuperati i resti dei primi individui nella grotta di Feldhofer, che sorge proprio lì, nelle vicinanze». Ma non finisce qui. Tra gli aspetti che ancora non si conoscono come si dovrebbe ci sono l’anatomia, le capacità di deambulazione, il motivo per cui usassero così tante tecniche diverse nella lavorazione della pietra. E ancora, se tendessero a spostarsi in gruppo o a mandare avanti i leader della comunità per poi seguirli progressivamente.
Uno studio per smentire i preconcetti sull’uomo di Neanderthal
L’obiettivo fondamentale della studiosa, tuttavia, è stato soprattutto sfatare i preconcetti che si sono affastellati attorno ai nostri progenitori e che, ancora oggi ne diffondono un’immagine negativa di individui rozzi e ottusi. Quasi più simili agli animali che agli uomini. «Se osserviamo i resti legati all’Homo Sapiens e risalenti all’epoca in cui gli ominidi erano vivi e li paragoniamo a quelli attribuiti ai Neanderthal, sono molto somiglianti», ha sottolineato la paletnologa, «Al di là delle piccole differenze in termini di estetica degli utensili o strategie di caccia, l’unico elemento che li distingue davvero è il fatto che l’Homo Sapiens avesse semplicemente un’organizzazione sociale differente, naturalmente più complessa. Per il resto, usavano oggetti in pietra, si muovevano in gruppo, non vivevano isolati, proprio come i predecessori». E sulla presunta stupidità, ci pensa l’evidenza storica a offrire prove per smentirla. Dimostrando come quegli antenati ingiustamente reputati poco raffinati e colti, in realtà, avessero già sviluppato una forma di linguaggio per comunicare e alcune, primordiali forme d’arte.
Perché l’uomo di Neanderthal si è estinto
Nonostante vantassero un’intelligenza molto simile alla nostra, tuttavia, si sono estinti. «Erano sagaci ma, probabilmente, non pensavano al mondo come facciamo noi, come a un insieme di connessioni tra idee e persone», ha aggiunto, «È essenziale tenere a mente che, in quello che fecero, ottennero ottimi risultati. Come ci insegnano la storia della Terra e le grandi estinzioni di massa del passato, spesso la scomparsa di una specie non è legata a una sua incapacità di sopravvivere, quanto a una serie di elementi che dipendono anche dal caso e dalla fortuna. Ecco perché la nostra capacità di socializzare ed entrare in contatto con tutti non ci rende più perspicaci, solo differenti. Questo potrebbe aiutare a non sminuire i Neanderthal come, invece, finora, molti hanno fatto e continuano a fare».