Francia, Germania, Belgio, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo, Spagna, Austria, Finlandia, Svezia, Slovenia, Irlanda, Malta, Grecia e Danimarca. Sono i 15 Paesi dell’Unione europea che hanno deciso di partecipare – insieme al Parlamento Ue – al ricorso della Commissione Ue contro la legge ungherese anti Lgbtq+ varata nel 2021 in Ungheria, nella più grande procedura sulla violazione dei diritti umani mai portata davanti alla Corte di giustizia dell’Ue. Nella lista non compare l’Italia.

Cosa prevede la legge voluta da Orban
Nel giugno 2021, l’Ungheria ha adottato una legge che vieta o limita fortemente le rappresentazioni dell’omosessualità e del cambiamento di genere nei contenuti dei media e nel materiale educativo rivolto a un pubblico di età inferiore ai 18 anni. Era stato Viktor Orban a volere fortemente la legge: dopo la posizione espressa dalla Commissione Ue, il premier magiaro organizzò un referendum per mobilitare l’elettorato a favore di quella del governo: pur senza il quorum necessario a rendere valida la votazione, la maggioranza di chi andò alle urne sostenne la mozione. Secondo Hatter Society, associazione ungherese contro l’omofobia, la legge ha avuto un impatto sull’aumento della volenza anti Lgbt, con una diffusione dell’autocensura su questi temi in tutti i settori della società.

Budapest: «Proteggeremo i bambini ungheresi»
Già a luglio 2021, dunque il mese successivo all’entrata in vigore della legge, la Commissione Europea ha lanciato una procedura d’infrazione sulla base del divieto di discriminazione contenuto nei trattati europei. Dopo una fase di negoziato con Budapest, che non ha risolto la questione, la Commissione ha scelto la strada del ricorso davanti alla giustizia europea. «Rimaniamo fermi nel nostro impegno per una società inclusiva e per l’uguaglianza per tutti», ha dichiarato il ministero degli Affari Esteri del Belgio, che ha guidato l’azione legale contro la normativa. «Non si tratta di una semplice decisione del governo, né di una decisione parlamentare, ma è la volontà del popolo, espressa in un referendum e non conosciamo una decisione di livello superiore in una democrazia», aveva detto in settimana Péter Szijjártó, ministro degli Esteri ungherese. «Ovviamente, ci schiereremo a favore della protezione dell’infanzia e dei bambini ungheresi, indipendentemente dal numero di Paesi che decideranno di unirsi alla causa in corso contro di noi».