La prima serata di Nove propone Una famiglia scomparsa – Il caso Carretta in onda questa sera, sabato 20 novembre 2021, a partire dalle 21.25. Al centro del documentario prodotto da Verve Media Company e curato da Fabrizio Berruti e Valentina Magrin, uno dei casi di cronaca nera più sconvolgenti della storia del nostro Paese: la misteriosa scomparsa dei Carretta, un’intera famiglia sparita nel nulla in una notte di inizio agosto del 1989.
Una famiglia scomparsa – Il caso Carretta: le cose da sapere sul documentario in onda questa sera su Nove alle 21.25
Una famiglia scomparsa – Il caso Carretta: la misteriosa scomparsa e le ipotesi degli inquirenti
Tutto è iniziato il 9 agosto 1989, quando quattro persone sparirono dalla loro casa di Parma. Si trattava del contabile Giuseppe Carretta, della moglie Marta Chezzi e dei loro due figli, il 26enne Ferdinando e il 22enne Nicola. A interessarsi del caso, sin dall’inizio particolarmente intricato per la quasi totale assenza di tracce fu, tra gli altri, la trasmissione Chi l’ha visto, all’epoca ancora agli esordi. Fu proprio grazie a una telefonata al programma che gli inquirenti riuscirono a trovare, in un parcheggio di Milano, il camper della famiglia abbandonato. Nonostante il ritrovamento del mezzo, le indagini non avanzarono e nessuno riuscì a ricostruire cosa fosse successo ai Carretta. Per mesi, l’idea più diffusa li vedeva vivi ed espatriati all’estero, forse in Sud America, per una strana storia potenzialmente legata, secondo la stampa, al narcotraffico. L’ipotesi, tuttavia, non convinceva il magistrato Antonio Di Pietro. Secondo lui, la pista della fuga non reggeva ed era molto più probabile che i coniugi e i figli fossero stati assassinati.
Una famiglia scomparsa – Il caso Carretta: la confessione di Ferdinando Carretta
Nonostante le false notizie e i tentativi di scoop, le informazioni sulla vicenda rimasero poche e portarono, nel 1992, alla chiusura delle indagini. Fino a quando, nel 1995, gli investigatori fecero marcia indietro. Attraverso un articolo, il quotidiano Il Resto del Carlino sosteneva di avere a disposizione le prove della presenza in Venezuela di Ferdinando Carretta. In realtà, non era così. Il giovane, infatti, era effettivamente vivo, ma si trovava a Londra e utilizzava il secondo nome. Nell’ottobre del 1998 venne fermato dalla polizia della City per una semplice infrazione e la segnalazione consentì a forze dell’ordine e giornalisti italiani di ritrovarlo. Interrogato, dichiarò di non avere idea di dove si trovassero i familiari, non vedendoli da oltre 9 anni. A novembre dello stesso anno, però, le cose presero da un momento all’altro una piega inaspettata. Carretta, intervistato da Chi l’ha visto, confessò i tre omicidi: «Ho preso la pistola e ho sparato ai miei genitori e a mio fratello. Un atto di follia. Un atto di follia completa». Dall’Inghilterra venne fatto rientrare in Italia, dove lo aspettava un ordine di cattura della procura di Parma.
Una famiglia scomparsa – Il caso Carretta: la condanna dell’assassino
Dopo la confessione televisiva, il ragazzo riportò più o meno le stesse dichiarazioni anche in tribunale. Dove aveva raccontato per filo e per segno come l’odio e l’esasperazione nei riguardi del padre lo avessero spinto a quel gesto estremo. Dopo aver eliminato qualsiasi macchia di sangue, avrebbe trasportato i cadaveri in una discarica vicina alla città e ritirato 5 milioni di lire falsificando la firma del genitore, per poi fuggire a Londra. I corpi e l’arma del delitto non furono mai trovati ma la versione del killer venne parzialmente confermata da segni rinvenuti nell’abitazione. Nel 1999 iniziò il processo: Ferdinando Carretta venne dichiarato colpevole ma non imputabile perché incapace di intendere e di volere. Fu condannato a cinque anni di reclusione da scontare in un ospedale psichiatrico giudiziario in provincia di Mantova. Dal 2006 al 9 maggio 2015, data in cui è stata pronunciata la sentenza che ha posto fine alla sua detenzione, ha scontato il resto della pena in una comunità di recupero di Forlì e ha potuto beneficiare di uno stato di libertà vigilata. Si è trattato di un caso molto controverso, per diversi motivi. Uno su tutti: nel 2008, infatti, l’uomo è riuscito a ottenere l’eredità dei genitori uccisi, in accordo con gli altri parenti. Oltre ai soldi, ricevette anche l’appartamento di Parma dove si era consumata la strage. Immobile che, due anni dopo, decise di vendere per circa 200mila euro.