L’invasione delle ultramaratone

Redazione
15/06/2021

Centinaia di chilometri nel deserto o sulle montagne. Alla scoperta di questo sport estremo che, soprattutto dopo i lockdown, ha conosciuto un vero e proprio boom.

L’invasione delle ultramaratone

La maratona ormai è superata. Lo sanno bene i fan dell’ultramaratona che, sfidando la stanchezza e le avverse condizioni climatiche, si spingono oltre i limiti, superando i canonici 42 chilometri e attraversando deserti e montagne senza lasciarsi vincere dalla fatica. Dalla sei giorni della Marathon des Sables attraverso il Sahara (oltre 251 km) alla Spine Race sui Monti Pennini (431 km) nel Regno Unito, questo tipo di competizioni hanno conosciuto un inedito exploit negli ultimi 10 anni. Conquistando una grande popolarità come dimostrano sia il numero di adesioni in costante crescita sia il moltiplicarsi di eventi in tutto il mondo. «Si è trattata di una vera e propria esplosione. Quando mi sono avvicinato all’ultramaratona più di 14 anni fa, ho fatto una ricerca su Google e sono riuscito a trovare non più di 60 corse. Ora se ne contano oltre 10 mila», ha spiegato Steve Diedrich, fondatore del sito web Run Ultra, al Guardian. «La pandemia, stranamente, ha aiutato. Perché tutti quelli che, stanchi della sedentarietà, si sono rifiutati di rimanere sul divano, hanno provato a superare i propri limiti e sono diventati ultrarunner».

Ultrarunner: sentirsi parte di una impresa epica

Secondo Adharanand Finn, autore del libro The rise of the ultra runners, quest’improvviso successo è dovuto più che al desiderio di movimento dopo il lockdown al fascino dell’impresa epica. «Ultimamente, la corsa è diventata quasi un’abitudine nella routine quotidiana di molti di noi», ha spiegato. «Fare una maratona non è più qualcosa di così straordinario. Al contrario, raccontare agli amici di aver preso parte a un’ultramaratona continua a destare un certo stupore. È l’idea di aver partecipato a qualcosa di così sensazionale a colpire, a rimanere impressa». Come nel caso del personal trainer 41enne John Stocker che è riuscito a correre per oltre 81 ore, senza dormire per più di tre giorni e con qualche raro stop per nutrirsi e riposarsi: «Ero sfinito ma ho tenuto duro per i miei figli. Voglio dimostrare loro che sono liberi di raggiungere tutti gli obiettivi che si prefiggono. Nessuno può e deve ostacolarli», ha raccontato.

I rischi di uno sport estremo

Ovviamente, le difficoltà non mancano. Come qualsiasi altro sport estremo, l’ultramaratona comporta dei rischi. Lo scorso mese, in Cina, 21 persone hanno perso la vita durante una maratona a causa di un violento nubifragio. «Nella storia di questo sport, i problemi principali sono dovuti al clima, che non ci ha risparmiato inondazioni e ondate di caldo o di freddo davvero difficili da sostenere ma la morte rimane un rischio fortunatamente ancora parecchio raro», ha sottolineato Diedrich. In ogni caso, la necessità di definire misure di sicurezza precise rimane una priorità. «Dobbiamo dotarci di un protocollo, perché questo tipo di maratona porta le persone a spingersi oltre lo sfinimento», ha sottolineato Lindsey Chambers, responsabile di Challenge Running, ente che si occupa di organizzare eventi come la Suffolk backyard ultra. «Non è così semplice come sembra. Perché, se da un lato, è necessario monitorare i rischi, preparandosi a prevenirli, dall’altro, chi partecipa alle ultramaratone vuole l’avventura, la sfida. Non gradisce sentirsi costretto a muoversi entro troppi limiti».