Per gli Stati Uniti e la Nato l’invasione russa in Ucraina è già cominciata, anche se nessuno sa fino a dove arriveranno i tank russi. Il Cremlino si tiene ancora coperto, le opzioni sul terreno sono varie. Nessun incontro però tra Joe Biden e Vladimir Putin e nemmeno tra Sergei Lavrov e Anthony Blinken, almeno per ora. La diplomazia è arrivata a un vicolo cieco e questo non è un buon segnale. Soprattutto per chi sta in mezzo, cioè per l’Ucraina, diventata, ma non è una novità, il campo di battaglia nella lunga proxy war, la guerra per procura, che è stata inscenata nel Donbass dal 2014, ma la cui scintilla è scoppiata ben prima.

L’avvicinamento di Kiev all’Occidente e la svolta di Euromaidan
Quella di Kiev stretta tra Mosca e Washington è una storia lunga, che parte dagli Anni 90, quando dopo il crollo dell’Unione Sovietica il baricentro ucraino ha iniziato a spostarsi verso Occidente, prima piano con i presidenti Kravchuk e Kuchma (che aveva iniziato i rapporti con la Nato), poi più chiaramente con Yushchenko e la rivoluzione arancione del 2004. Yanukovich, equilibrista fallito, aveva riportato Kiev nell’orbita di Mosca e fissato la neutralità del Paese nella Costituzione, ma poi ci ha pensato Euromaidan a favorire il cambio di regime avallato da Usa e Ue, con l’ingresso nell’Alleanza atlantica all’ordine del giorno. Poi l’annessione della Crimea e la guerra del Donbass, da otto anni combattuta a bassa intensità. Adesso il risveglio e con il fallimento della diplomazia la Russia fa la prossima mossa, esclusivamente militare.

L’Ucraina in caso di guerra sarà sola davanti alla Russia
E l’Ucraina anche stavolta andrà dove hanno deciso altri: di fronte un invasione russa dovrà cedere ancora pezzi della sua terra, dopo la Crimea e il Donbass. Certo, l’esercito di Kiev rispetto al 2014 si è rafforzato, con uomini e mezzi, soprattutto con l’aiuto della Nato. Ma al suo fianco non ci sarà nessuno. Non essendo parte dell’Alleanza atlantica, Kiev non può far conto sull’articolo 5 del trattato della Nato, per cui un membro aggredito riceve il sostegno militare degli altri. Kiev è sola di fronte a Mosca. Lo hanno anche ripetuto chiaramente da Washington nelle ultime settimane: non manderanno militari a stelle e strisce a combattere nell’ex repubblica sovietica. Per non parlare dell’Europa. Insomma se ci sarà una guerra, sarà tra Russia e Ucraina e l’Occidente starà a guardare. Come sempre. È la Realpolitik, non certo quella dei principi che in Occidente funzionano a corrente alternata con le guerre umanitarie e le operazioni militari chirurgiche. L’Ucraina, dopo essere stata illusa, viene abbandonata al suo destino, che sarà quello di un’altra lacerazione: la Russia ne fagociterà ancora un po’ tra Est e Sud, le regioni dell’Ovest si agganceranno all’Europa, forse in mezzo rimarrà qualcosa a far da cuscinetto: sono questi gli scenari per il futuro, decisi non certo a Kiev.

Il difficile equilibrio di Zelensky tra élite economiche e influenze straniere
Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ieri sera si è rivolto con un video alla nazione e alla comunità internazionale, facendo ancora appello alla diplomazia. Ha anche invitato i cittadini a stare uniti, con il riferimento chiaro soprattutto ai rappresentanti della politica e degli affari a continuare a lavorare per il bene del Paese. Un Paese che in questi 30 anni è rimasto spaccato, anche a causa delle élite politiche ed economiche, strattonate tra Russia e Occidente, che non hanno saputo e potuto creare giusti equilibri.