Profitto e castigo

Stefano Grazioli
04/02/2022

Mentre si sgonfia la possibilità di un'invasione in Ucraina, i falchi occidentali spingono per sanzionare Mosca. Sul tavolo l'esclusione della Russia dallo Swift e il blocco del Nord Stream 2. Ma in entrambi i casi Putin (per ora) può dormire sonni tranquilli.

Profitto e castigo

Giochi di parole, ma intanto il dietrofront è evidente, dopo che tra Kiev e Washington si è sgonfiata l’ipotesi di un’invasione russa imminente. Le truppe vicino ai confini rimangono una minaccia, ma un attacco su larga scala non è più all’ordine del giorno, anche se non si sa quello che Vladimir Putin ha in mente di fare. Questo il nuovo messaggio arrivato da Ucraina e Stati Uniti, dove da una parte il ministro degli Esteri Dmytro Kuleba e dall’altra la portavoce della Casa Bianca Jen Psaki hanno relativizzato il pericolo russo dietro l’angolo del Donbass. Il primo ha fatto notare come le truppe schierate non siano sufficienti per un’invasione, cosa che era stata ripetuta in realtà da più parti nelle ultime settimane anche dal presidente Volodymyr Zelensky che si era opposto anche alla narrazione «isterica», così definita a Mosca, di Joe Biden; gli Stati Uniti, nonostante abbiano appena annunciato l’invio nuovi contingenti militari tra Germania ed Europa dell’Est, hanno cambiato ufficialmente lessico e toni, anche per bocca dell’ambasciatrice all’Onu Linda Thomas Greenfield, riducendo l’allarme e tenendo aperta la porta per il dialogo.

Ucraina: l'escalation tra Usa e russia e la minaccia di sanzioni che non preoccupano Mosca
La portavoce della Casa Bianca Jen Psaki (Getty Images).

La minaccia di nuove sanzioni a Mosca e la risposta di Putin

Sembra proprio quindi che un’invasione russa a breve non ci sarà, tra il disappunto dei falchi che da entrambe le parti soffiavano sul fuoco e di tutti quelli che erano sicuri che un attacco ci sarebbe stato prima a dicembre, poi a gennaio, poi a all’inizio di febbraio, poi dopo le Olimpiadi di Pechino. Pericolo quindi scampato? No. Perché la tensione rimane comunque alta e le opzioni di Putin sono diverse, anche militari. E soprattutto la minaccia di nuove sanzioni occidentali, sempre richieste a gran voce da Ucraina, Paesi Baltici, Polonia, tutti sostenuti da parte dell’Amministrazione e del Congresso statunitensi, rischia di prolungare la battaglia di nervi e rimane come spada di Damocle sulla testa del Cremlino. O meglio: così credono coloro che ritengono che Putin si lasci condizionare da avvertimenti che da un lato fino a oggi sono rimasti poco concreti e dall’altro sono inutili e controproducenti.

la russia non teme possibili sanzioni occidentali per la ucraina
Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky (Getty Images).

Sul tavolo il blocco del Nord Stream 2 e l’uscita della Russia dallo Swift

I due punti fondamentali, su cui lo schieramento occidentale è diviso, sono quelli del blocco di Nord Stream 2 e l’esclusione della Russia dal sistema bancario internazionale Swift. Questa opzione sarebbe probabilmente quella che il Cremlino teme di più, ha però il difetto che se adottata si rivolgerebbe come un boomerang, scatenando effetti collaterali a livello mondiale. Non proprio quello che serve in un sistema che si sta riprendendo dallo stallo post pandemico ed è sensibile ai piccoli choc, figuriamoci a quello dell’esclusione di un Paese come la Russia, che pur non avendo una rilevanza economica mondiale è un ingranaggio integrato ovunque, soprattutto nei mercati energetici. Senza contare che l’esclusione da Swift potrebbe accelerare quel processo già avviato da Mosca e Pechino per l’adozione di sistemi alternativi. La seconda questione, lo stop al gasdotto sotto il Baltico che taglia fuori la Mitteleuropa, è intrisa di propaganda, tanto che nello scontro tra chi lo vorrebbe avviare e chi bloccare Putin sta tranquillamente alla finestra e non si preoccupa più di tanto.

L'escalation tra Usa e russia in Ucrainae la minaccia di sanzioni che non preoccupano Mosca
Una stazione del Nord Stream 2 a Lubmin, in Germania (Getty Images).

Mosca nella partita del gas ormai guarda Pechino 

Il perché è spiegato in fretta: se il secondo braccio del gasdotto rimanesse ai blocchi di partenza, il gas russo passerebbe sempre dal primo e continuerebbe a farlo anche attraverso i gasdotti che passano tra Polonia e Ucraina, Paesi che non importano più da Mosca, ma incassano le tasse di transito. Il Cremlino ha continuato ad assicurare regolari forniture a tutti. L’Europa ha bisogno del gas russo e per Mosca mandarlo attraverso un corridoio o l’altro, al momento, fa poca differenza, visto che in ogni caso per ora non ha nessuna intenzione di aumentare flussi che nei prossimi decenni verranno indirizzati verso la Cina. Bloccare Nord Stream 2, e importare, come si vuol fare su tutti i lati, gas russo (e petrolio) da altre vie, sarebbe insomma un provvedimento inutile e dannoso, soprattutto per chi, cioè la Germania, dipende in larga parte dall’oro azzurro e ha già abbandonato il nucleare. L’ostinazione con cui l’Ucraina e i suoi sostenitori chiedono il blocco di Nord Stream è legato più alla guerra di propaganda per allargare il fossato tra Berlino e Mosca che non alle conseguenze reali che la Russia dovrebbe subire in caso di un’invasione, che ora sembra ancora più improbabile.