«Dobbiamo fare i nostri interessi e non quelli dell’America». Vero. Ma occorre definirli bene, gli interessi. Agli Stati Uniti ci lega la storia. Da loro ci separa la geografia, 7 mila chilometri di Nord Atlantico, mare difficile. Con gli Stati Uniti, fonte insieme di fortissimi legami e a volte di profonde dispute d’interesse, abbiamo inoltre rapporti economici senza confronti al mondo, nel senso che non esistono due grandi aree economiche che abbiano sia pur lontanamente rapporti altrettanto forti, commerciali e di investimenti incrociati, di quelli esistenti fra America ed Europa.
Europa e Usa si sono sempre opposti al predominio di una sola nazione nel Vecchio continente
Il legame storico ha moltissimi aspetti ma uno qui conta più di tutti: sia l’Europa, vista come concerto di nazioni, che gli Stati Uniti si sono sempre opposti a che sul continente europeo dominasse una sola nazione. È stata questa a lungo la politica europea di Londra, che ha dettato legge sui mari e sul mondo cercando di impedire per circa tre secoli che altri modificassero a loro favore gli equilibri europei e sfidassero così la supremazia britannica. Questa di non avere un potere ostile dominante in Europa è diventata, con la crisi del potere britannico a partire del primo Novecento, la politica di Washington, che per tre volte è intervenuta militarmente, attraversando in forze l’Atlantico e lasciando in Europa più di mezzo milione di caduti in due guerre. Lo ha fatto, prima per sostenere Londra, condividendo in parte il suo concetto di equilibrio europeo, e poi per subentrarle – anche in aperta concorrenza, facilitando e alla fine imponendo la fine dell’Impero britannico, instaurando la Pax Americana al posto della Pax Britannica. E infine, la terza volta, per impedire in Europa l’egemonia sovietica, dichiaratamente ostile. È una storia lunga e complessa ma vale la pena di spendere qualche riga in più, perché non è entrata, per molte persone, e per vari motivi, nel piccolo bagaglio storico che serve a leggere il presente.

Washington intervenne in Europa per sconfiggere le aspirazioni panaeuropee tedesche
Gli Stati Uniti hanno posto presto la loro candidatura alla leadership economica mondiale, lo hanno fatto quando attorno al 1885 la loro economia superò quella britannica e ancor più quando 20 anni dopo la superò anche pro capite. La Prima Guerra mondiale fornì la grande occasione. In pochi mesi il baricentro finanziario e monetario si trasferì dal Tamigi allo Hudson. Mosca e San Pietroburgo vedevano finire invece, con la guerra, una generazione di relativo avvicinamento all’Europa, di integrazione e di modesto ma consistente sviluppo industriale, a opera anche di stranieri, tedeschi soprattutto. Idee, mode, stili, persino parole e frasi à la russe erano assai più diffuse 120 anni fa in Europa di quanto lo sarebbero mai più state, fino ai nostri giorni. La grande frattura avveniva con il bolscevismo, faro per una minoranza di europei, anatema per la maggioranza, e foriero di totale chiusura verso l’Occidente con lo stalinismo, e anche prima. L’America fu attivissima finanziariamente ed economicamente in Europa negli Anni 20, un decennio di forte “americanizzazione” analogo per certi aspetti agli Anni 50, ma si rinchiuse politicamente e diplomaticamente, con l’isolazionismo che distrusse i sogni del presidente Woodrow Wilson. Questo è un passaggio cruciale perché aiuta a capire lo sfondo diplomatico della Seconda Guerra sul fronte europeo. Washington intervenne (fu l’Asse a dichiararle guerra dopo Pearl Harbour, e l’Italia per prima) per sconfiggere la Germania e le sue aspirazioni paneuropee, ed era molto interessata a rafforzare ancora, nel dopo, la sua presenza economica in Europa, ma escluse subito una attiva presenza diplomatica e soprattutto militare a guerra finita. Questo Franklin Delano Roosevelt lo disse chiaramente a Stalin al vertice di Teheran di fine 1943, ammaestrato dalla tragedia di Wilson e dalla forza, pensava, dell’isolazionismo americano.

A guerra finita Mosca cominciò a vedersi come potenza dominante in Europa
Fu qui che Mosca incominciò a vedersi come potenza dominante su tutta l’Europa, a guerra finita, con governi comunisti fin dove arrivava l’Armata Rossa, e come sfera di influenza fino alla Manica, sognando anche dicono i documenti sovietici resi accessibili 30 anni fa, di imporre limiti persino al riarmo francese, a parte la totale demilitarizzazione tedesca. L’Italia? «Insignificante», diceva la diplomazia russa nel 1944. Una potenza di mare, la Gran Bretagna, quindi semi esclusa dal continente, e una sola potenza di terra, l’Urss. Il Piano Marshall del 1947, che segnò il terzo arrivo in armi degli Stati Uniti in Europa dopo quelli del 1917 e del 1942 e fu all’origine della futura Unione europea e della Nato, doveva bloccare i sogni moscoviti, fino ad arrivare a una “convivenza pacifica” e poi al 1989. Era la Russia la potenza ostile da contenere. E finché ci sarà una Russia ostile non ci saranno grosse ombre, nonostante tutto, nei rapporti fra Usa e Ue. Questo è uno dei pilastri dello storico rapporto.
Cosa sarebbe successo se alla Casa Bianca ci fosse stato Trump?
È possibile essere del tutto anti-americani ma è difficile negare e dimostrare che le cose non siano andate, più o meno, così. E a questo punto ciascuno potrebbe porsi una domanda: è stato meglio o peggio, per noi, che siano andate così? Immaginiamo poi, con il caso ucraino, che cosa poteva succedere se il presidente Usa nel 2022 fosse ancora stato Donald Trump, si chiede adesso un editoriale di Der Spiegel. Una sconfitta europea sarebbe stata ottima per lui. «Putin avrebbe celebrato un successo dopo l’altro perché l’Europa non avrebbe potuto reagire in modo altrettanto deciso come hanno reagito invece gli Usa. Ma non c’è modo di prevedere fino a quando gli Usa continueranno a voler giocare il ruolo del protettore globale».

La guerra ucraina discende dal tentativo russo di voler ridisegnare la mappa europea uscita dal 1989. Il difficile capitolo di una difesa europea credibile è più che aperto. Non è possibile ipotizzare in eterno una difesa europea affidata a Washington. Passiamo ora alla geografia, e varie cose cambiano. L’Europa confina con la Russia e gli Stati Uniti sono a circa 7 mila chilometri da quei confini. È chiaro che ricucire i rapporti, fin dove possibile, è più nell’interesse europeo che in quello americano. Ma non sarà facile fino a quando, con una propaganda abituata a mentire come poche (fin dall’epoca zarista, per non parlare di quella comunista), la volontà finlandese e svedese di entrare nella Nato come conseguenza dell’attacco russo all’Ucraina viene definita da Mosca un attacco alla pace, e la conseguenza diventa così causa. Quanto al pacifismo, termine nobile quando non estremizzato, non va dimenticato che se nel 1939 l’Europa intera fosse stata pacifista la vittoria di Hitler sarebbe stata sicura. “Si les Ricains n’étaient pas là/vous seriez tous en Germanie“, dice una vecchia canzone francese del 1967 dell’allora giovanissimo Michel Sardou, dove “Ricains” sta per “Américains”. Può non piacere, ma difficile negare che dicesse il vero.