La musica rap diventa il manifesto di una generazione combattiva e indignata che, nelle barre e nei beat delle canzoni, condanna la guerra in Ucraina senza filtri. È proprio quello che sta succedendo a Kyiv, dove il rapper Viacheslav Drofa, in arte Otoy, ora volontario dell’esercito, tra i bombardamenti e la vita nei bunker, ha appuntato nelle note del suo telefono testi crudi e spietati che fotografano il dramma di un popolo e di una nazione. Un esercizio che, quando tutto si fa complicato, diventa la terapia perfetta per allontanare lo stress e la paura.
La rabbia del popolo ucraino prende forma nella musica del rapper Otoy
«I soldati russi bevono vodka per tranquillizzarsi, noi facciamo musica», ha raccontato ad AP News il 23enne, che non avrebbe mai immaginato di impugnare un’arma o, peggio, di arrivare a uccidere per difendersi, come gli è accaduto nelle prime settimane di conflitto. Il cantante è soltanto una delle voci di quel nazionalismo ucraino contro cui Vladimir Putin si è più volte scagliato in passato e che, invece, con l’invasione del 24 febbraio (e tutto quello che ne è conseguito) ha contribuito ad alimentare. Addolorati dalle decine di migliaia di connazionali scomparsi senza una colpa e dalla miseria di milioni di persone che, da un giorno all’altro, si sono ritrovate senza una famiglia, senza una casa e senza una vita, ragazzi e ragazze ucraini nati dopo lo scioglimento dell’Unione Sovietica, rinnovano quotidianamente il loro odio nei confronti della Russia.

E, attraverso la musica, l’arte o i meme sui social, giurano di non poter considerare, neppure lontanamente, la possibilità di una futura assoluzione. Sentimenti che trovano perfetta espressione nei testi di Otoy, pieni di attacchi al Cremlino e descrizioni esplicite delle scene di guerra. Parole scritte alla luce di un’esperienza personale e, soprattutto, di una ferita che non si rimarginerà mai: nell’assedio dell’acciaieria Azovstal di Mariupol, infatti, ha perso il fratello maggiore, arruolatosi nel battaglione Azov.

Dagli attacchi ai russi alla malinconia del passato, di cosa parlano le sue canzoni
In Enemy, uno dei quattro brani abbozzati durante le giornate trascorse sui campi di battaglia, dove si occupava di portare munizioni e armi ai militari che combattevano in prima linea, il rapper inveisce contro i soldati russi: «Non siamo spaventati, siamo disgustati perché puzzate di stantio anche quando siete vivi e vegeti. Peccatori, i proiettili vi troveranno». O, ancora, immagina una conversazione con la vedova di un comandante nemico, usando frasi che denotano una totale assenza di compassione: «Natasha, dov’è tuo marito? È a testa in giù, nella palude. Non tornerà mai più a casa». C’è poi una traccia speciale, Find My Country, dedicata ai difensori dell’Azovstal e carica di malinconia. È stata composta interamente in inglese, per rendere il messaggio comprensibile a tutti e farlo arrivare ovunque: «Questa è la mia terra, dovreste andarvene», canta nel video pubblicato su YouTube con indosso un’uniforme, «mi mancano quei venerdì fatti di baci, tramonti e insonnia. Ora, invece, siamo soldati».
E intanto, mentre continua ad assolvere i suoi impegni in divisa, tra cui la gestione delle operazioni di triage all’ospedale militare, perfeziona nuovi pezzi nei quali esplora temi come il cameratismo e la lotta per la libertà dell’Ucraina. Tutti tasselli di un mini album che descrive pervaso dagli odori della guerra. «Mentre stavo steso a terra, a faccia in giù, per non morire sotto le bombe, pensavo a questo progetto», ha spiegato, «e tutto questo si avverte chiaramente nella mia musica. Che, a oggi, rimane lo strumento più potente per veicolare il rancore che provo nei confronti di chi ha ucciso i miei fratelli, le mie sorelle e raso al suolo teatri, ospedali e intere città».