Ucraina, quante sono le centrali nucleari attive e dove si trovano
Nel Paese, noto anche per il disastro di Chernoby, ci sono in tutto quattro impianti attivi, per un totale di 15 reattori.
L’attacco russo alla centrale nucleare di Zaporizhzhia, avvenuto nella notte con tanto di incendio divampato a poche centinaia di metri dai reattori, ha tenuto il mondo con il fiato sospeso. L’impianto è adesso controllato dalla Russia, ma almeno l’allarme è rientrato: non c’è stata alcuna fuga radioattiva, con le fiamme che hanno intaccato solo alcuni edifici secondari. Ma l’incubo di una nuova Chernobyl, dove nel 1986 avvenne il più grave incidente nucleare della storia, c’è stato. E potrebbe tornare.

La centrale nucleare dell’Ucraina meridionale, con tre reattori
Compresa quella di Zaporizhzhia, che sta continuando regolarmente a operare, in Ucraina ci sono quattro centrali nucleari attive, per un totale di 15 reattori funzionanti, che coprono il 55 per cento del fabbisogno energetico del Paese. L’impianto di Zaporizhzhia ospita da solo 6 reattori: costruita tra il 1984 e il 1995, si tratta della centrale nucleare più grande d’Europa e della nona al mondo. La centrale nucleare di Pivdennoukraïns’ka (“dell’Ucraina meridionale”), conosciuta anche come centrale di Južnoukraïns’k, ha 3 reattori funzionanti. E si trova in un’area che rischia di essere coinvolta direttamente dagli scontri tra l’esercito russo e quello ucraino.

Le altre due centrali nucleari, nell’ovest del Paese
Gli altri due impianti nucleari attive in Ucraina si trovano invece a ovest di Kiev, in un’area in cui non sono stati registrati scontri. La centrale di Rivne si sorge nella città di Varaš, che è situata appunto nell’oblast’ di Rivne ed è a meno di 80 chilometri dalla Bielorussia. Ha 4 reattori. Sono invece 2 quelli della centrale nucleare di Chmeľnyćkyj (o Khmelnitski), nei pressi della città di Netischyn, più a sud. «Esistono diversi pericoli. È la prima volta che un territorio che ospita centrali nucleari si trova in uno scenario di guerra», ha detto al Corriere della Sera Nicola Armaroli, dirigente di ricerca del Cnr. «Queste centrali non sono state pensate per resistere a un attacco militare, anche convenzionale».