Continua il braccio di ferro tra il governo ucraino e la Chiesa ortodossa del Patriarcato di Mosca. I parrocchiani e i sacerdoti di Pechersk Lavra, il monastero delle grotte di Kyiv, una sorta di Vaticano ortodosso sotto la guida del Metropolita di Kyiv Onufry, non cedono all’avviso di sfratto e nel pomeriggio di ieri hanno impedito alla commissione del ministero della Cultura di effettuare l’inventario delle proprietà.
La Chiesa ortodossa ucraina del Patriarcato di Mosca accusata di posizioni filo-russe
L’area e gli edifici del monastero sono infatti di proprietà statale. La chiesa ortodossa dal 2013 ne ha sempre usufruito gratuitamente e, almeno finora, a tempo indeterminato. Il 10 marzo, però, il governo ha annunciato la risoluzione del contratto di locazione accusando la comunità di violare i termini di utilizzo della proprietà, e fissando l’ultimatum per lasciare la struttura al 29 marzo. L’obiettivo è cacciare i monaci della Chiesa ortodossa ucraina del Patriarcato di Mosca (Uoc), fedeli dunque al patriarca Kirill e accusati di posizioni filo-russe, per sostituirli con i religiosi della Chiesa ortodossa autocefala dell’Ucraina (Ocu) fondata nel 2018 in reazione all’annessione della Crimea, fedeli a Kyiv. All’ordine di sgombero, sono seguite le barricate. E la battaglia si è trasferita in tribunale. Nella causa, l’Uoc ha sottolineato l’illegittimità della risoluzione dello sfratto. Il metropolita Pavel in un videomessaggio ha parlato addirittura di «rabbia diabolica», lanciando un vero e proprio anatema contro il presidente Volodymyr Zelensky e la sua famiglia: «Dio non perdonerà».

C’è il sospetto che l’FSB russo cavalchi i disordini
La mattina di giovedì centinaia di parrocchiani si sono riuniti nel monastero e Pavel ha esortato i fedeli a resistere e a impedire alla commissione governativa di cominciare i lavori. «Non hanno alcun permesso, non hanno alcun diritto per farlo. Perché? A causa della legge marziale, non dovrebbero infrangere alcun accordo». Allo stesso tempo, ha chiesto ai credenti di «non infrangere» la legge, perché «i giornalisti filmano tutto». La commissione, e i poliziotti, hanno desistito, ma non è detto che non si ripresenteranno nei prossimi giorni. Il segretario del Consiglio nazionale per la sicurezza e la difesa dell’Ucraina Oleksiy Danilov ha assicurato che le autorità non intendono usare la forza, ma ma che «l’FSB russo vuole organizzare nell’area delle provocazioni» e questo non è ammissibile. «Non li porteremo via per le gambe, non useremo alcuna forza. Se ne andranno lentamente da soli», ha aggiunto ricordato come l’Ucraina sia «un Paese democratico».

I monasteri e le chiese nel mirino di Kyiv tra perquisizioni e condanne
La presa di distanza spirituale della Chiesa ortodossa ucraina dalla Chiesa ortodossa russa dopo l’invasione non aveva convinto molti politici che la accusavano di essere troppo morbida, se non connivente, con Mosca. Così nei mesi passati nel Monastero delle Grotte e in altri centri di culto del Paese erano state effettuate delle perquisizioni. Più di 350 chiese e 850 persone erano state state controllate dai servizi dello SBU, indagini che avevano portato a 60 procedimenti penali, sette dei quali si sono conclusi con condanne. In particolare l’operazione nel Monastero delle Grotte aveva l’obiettivo di «contrastare azioni sovversive da parte dei servizi speciali russi» e impedire l’uso del monastero come «centro del mondo russo» e rifugio «per ospitare gruppi di sabotaggio e ricognizione, cittadini stranieri, depositi di armi». La situazione non si è normalizzata visto che lo scorso dicembre il Consiglio nazionale per la sicurezza e la difesa aveva proposto alla Verkhovna Rada di vietare le attività dell’Uoc in Ucraina, nonostante la chiesa avesse negato le accuse di fiancheggiare Mosca. «Garantiremo la piena indipendenza del nostro Stato», aveva commentato Zelensky. In particolare, l’indipendenza spirituale. Ma non permetteremo mai a nessuno di costruire un impero all’interno dell’anima ucraina».