«Monasteri russi e chiese usati come basi e rifugi militari», l’allarme degli ucraini
Lo scoppio del conflitto ha esacerbato lo scisma tra le confessioni ortodosse russa e ucraina. Secondo molti cittadini, monasteri e strutture rimaste fedeli a Mosca sarebbero utilizzate come basi militari e rifugi dagli aggressori.
Nonostante la Chiesa Ortodossa ucraina abbia formalmente ottenuto l’indipendenza da Mosca nel 2019, sono diversi i monasteri nel Paese rimasti legati alla Russia. Con lo scoppio della guerra tra i due Stati, il legame ha oltrepassato l’aspetto religioso. Da un edificio sacro di Kolomyia, ad esempio, secondo alcuni soldati ucraini, partiva un puntatore laser indirizzato verso la loro base. «È stata una scoperta davvero sorprendente, visto che si trattava di una comunità ecclesiastica», ha spiegato al Guardian Padre Mykhailo Arsenich, cappellano della divisione dell’esercito che si è occupata di perquisire i locali. «Abbiamo trovato provviste di cibo e alcol, impacchettate per uso militare e utili alla sopravvivenza di 60/65 persone per un lungo periodo di tempo. E non finisce qui. C’erano anche due pistole e un fucile da caccia trasformato in un Kalashnikov da combattimento».
Chiese e monasteri sospettati di essere basi filorusse
Da quando è scoppiata la guerra, i rapporti tra le chiese si sono fatti molto tesi. Agli occhi di molti residenti conventi e monasteri sarebbero potenziali bunker militari o depositi messi a disposizione degli invasori. Succede, ad esempio, a Pochaiv, dove sorge un sito costruito in omaggio alla Vergine Maria e a una storica vittoria bellica risalente a quattro secoli fa. Un complesso di chiese, cappelle e campanili che, normalmente gremito di turisti e pellegrini, oggi è vuoto, quasi spettrale. Diversa gente ne sta alla larga perché teme di essere inquadrata come adepta del nemico russo, molti hanno paura possa essere utilizzato come base per predisporre agguati. «Ho paura che, presto o tardi, ci sarà un attacco», ha dichiarato una donna, proprietaria di un ostello a pochi metri di distanza, generalmente sold out e, al momento ovviamente deserto. Per la prima volta la chiesa è chiusa ai visitatori e quei pochi che riescono a raggiungerla e osservarla dall’esterno sono sorvegliati a vista dai soldati.

Kolomyia e Pochaiv, semplici edifici religiosi o avamposti del nemico?
A oggi, non ci sono prove che le due strutture siano effettivamente utilizzate dalle forze armate russe. Le armi da fuoco recuperate a Kolomyia erano registrate, dunque legali, così come le scorte alimentari. Ma le scoperte hanno instillato nella popolazione locale il timore che le truppe possano avere intenzione di utilizzarla come avamposto, vista la sua posizione strategica, a 300 metri dall’aeroporto. «Non abbiamo trovato il puntatore ma il luogo da cui pensiamo possa essere stato adoperato. C’era un buco nel muro, rivolto nel verso giusto», ha precisato Arsenich, «Non ho alcun dubbio: se i paracadutisti russi atterreranno lì, utilizzeranno la chiesa come base». I sospetti serpeggiano anche tra i cittadini di Pochaiv: «Ho smesso di frequentare la parrocchia dieci anni fa. Non mi piace il loro coinvolgimento nelle politiche pro-Russia», ha tuonato l’imprenditore 62enne Yuir che, come molti altri, non nasconde la sua diffidenza nei confronti del Patriarca moscovita Kirill che, secondo il materiale ricavato dagli archivi sovietici, sarebbe stato un agente del governo prima della caduta dell’Urss. «È un uomo del KGB e supporta l’aggressione ai danni dell’Ucraina», ha aggiunto, «È un farabutto, non ha nulla del leader religioso».

Le accuse ai monaci e la prospettiva di una separazione imminente
Non sono mancate, poi, le accuse dei fedeli che hanno tacciato il complesso di Pochaiv di un totale disinteresse nei loro confronti, non accogliendoli in quelli che a tutti gli effetti sono rifugi per proteggersi dai raid aerei. «Hanno un sacco di tunnel sotterranei, perfetti per tutelarsi e mettersi in salvo in caso di bombardamenti», ha aggiunto Nadia, una casalinga che vive poco lontano dall’edificio, «Tengono tutto nascosto, i monaci non ci hanno mai invitato a utilizzarli per metterci in salvo. Non abbiamo posti in cui sentirci al sicuro». Non è dato sapere se la violenza del conflitto raggiungerà o meno la zona ma chi è nato è cresciuto lì non ha dubbi: la guerra cambierà tutto. E gli orrori collezionati nel corso dell’anno renderanno l’allontanamento di alcuni siti da Mosca una soluzione inevitabile.