Una delle regole classiche nella guerra della disinformazione è ovviamente quella di non dire mai la verità. Mai ammettere, sempre negare. Anche davanti all’evidenza. Il conflitto tra Russia e Ucraina è ricco di esempi, da entrambe le parti, fin dalla sua genesi: da Mosca che fino al 24 febbraio giurava di non voler invadere il Paese vicino, ma intanto Vladimir Putin aveva già deciso di farlo, a Kyiv che diceva che non sarebbe avvenuto, mentre Volodymyr Zelensky preparava l’accoglienza ai russi grazie all’aiuto dell’intelligence statunitense. In 15 mesi di combattimenti tra terra, cielo e mare, dentro e fuori l’Ucraina, non si contano i casi in cui eventi sono stati annunciati, smentiti, rettificati, persi nella nebbia delle fake news, della disinformazja che è parte essenziale della guerra stessa.

La propaganda russa contro la disinformazja di Kyiv
L’elenco è lungo: dall’ammiraglia della flotta russa Moskva colpita e non affondata sul Mar Nero alla centrale nucleare di Zaporizhzhia, occupata dai russi e bombardata dagli stessi; da Denis Kireyev, membro della delegazione ucraina per i primi e ultimi colloqui di pace, fatto fuori a Kyiv dai servizi segreti ucraini, alla lunga mano di questi ultimi negli omicidi in Russia di Darya Dugina e del blogger Vladen Tatarsky e nell’attentato a Zachar Prilepin; dagli orrori russi di Bucha e Irpin al missile ucraino finito in Polonia di cui Kyiv ha negato la paternità per una giornata, mentre Joe Biden scagionava la Russia e gettava acqua sul fuoco sull’ipotesi di un attacco diretto a un Paese della Nato; dal sabotaggio di Nord Stream all’attentato al ponte di Kerch; dai droni sul Cremlino alla batteria di Patriot centrata da un missile ipersonico Kinzhal nella Capitale ucraina. Fino all’ultimo allarme lanciato da Mosca circa una non meglio precisata nube tossica diretta in Europa dopo la distruzione di un deposito ucraino di munizioni all’uranio impoverito. Allarme smentito a strettissimo giro dalla Polonia.

Per l’Ucraina il controllo delle news è essenziale per assicurarsi gli aiuti occidentali
Anche se le bugie hanno le gambe corte, nell’intensità di un conflitto e nella sua narrazione la verità e i fatti contano meno della prima dichiarazione che viene rilanciata sui media di tutto il mondo: che poi una notizia sia o meno vera o verificata è un altro paio di maniche e in seguito ci penseranno smentite e rettifiche a chiarire davvero. O forse no. I meccanismi sono noti e i maestri nel duello tra Russia e Ucraina stanno a Kyiv, dove l’ex attore diventato presidente e il suo cerchio magico proveniente dal mondo della fiction hanno trasformato le tecniche dell’informazione in strategia militare: per l’Ucraina il controllo delle news e la loro manipolazione è essenziale perché anche da questo dipendono gli aiuti occidentali e di conseguenza l’andamento della guerra. Se da un lato la propaganda russa in larga parte è a uso interno e all’esterno vale come strumento difensivo, quella ucraina ha ovviamente lo stesso valore per le questioni interne, ma è fondamentale nei rapporti con gli alleati, Stati Uniti e Unione europea. E il fatto che Kyiv tratti ogni tanto Washington e Bruxelles alla stessa stregua di Mosca, raccontando sostanzialmente frottole di fronte all’evidenza, non è un buon viatico nel caso che questa guerra si prolungasse ancora a lungo.

Gli avvertimenti diretti e indiretti di Washington per evitare l’escalation
Più volte la la Casa Bianca in maniera diretta, come nel caso di Biden e del missile in Polonia, o indiretta, attraverso i messaggi filtrati dai tre megafoni principali, New York Times, Washington Post e Cnn, ha dovuto correggere le verità ucraine con versioni più aderenti alla realtà, con tanto di proteste da parte della leadership di Kyiv, secondo cui ormai non deve esserci alcuna differenza tra veline e fatti, nella comune missione contro il nemico russo. Il problema, per Zelensky e i suoi, dal capo dei servizi Kirill Budanov al factotum propagandista Mikhailo Podolyak, è che una cosa è fare la guerra delle news contro Putin, un’altra coinvolgere nella nebbia della disinfomazja anche gli alleati. Non è ovviamente in discussione il sostegno americano ed europeo all’Ucraina, ma è nella natura di questo conflitto che Kyiv debba comunque sottostare alle regole dettate da chi alla fine dei conti ha in mano il destino dell’ex repubblica sovietica. Nel caso più attuale la questione è quella della controffensiva, di quanto le incursioni in territorio russo e l’utilizzo di caccia occidentali e missili a lungo raggio rischino di portare a un’escalation definitiva con la Russia pronta a prendere in considerazione una risposta nucleare tattica. Alla luce dei fatti, le promesse di Zelensky agli Usa e all’Europa di operare solo in territorio ucraino e nelle zone occupate valgono come quelle di un marinaio, e benché sia comunque legittimo per Kyiv rispondere a Mosca in casa sua, è bene che si tengano bene in conto i rischi di quello che potrebbe essere un disastro annunciato.