A metà aprile del 2014 il governo di Kyiv allora guidato da Arsenij Jacenjuk dava il via alla cosiddetta Ato, l’operazione antiterrorismo per riportare sotto controllo le sedicenti repubbliche ribelli di Donetsk e Lugansk, ufficialmente decretata con l’ukaz presidenziale di Olexandr Turcynov, capo di Stato a interim dopo il regime change e la fine di Victor Yanukovich e predecessore di Petro Poroshenko alla Bankova. Allora la Russia si era già annessa la Crimea, senza sparare un colpo e con un referendum un po’ taroccato che comunque rispecchiava gli umori nella penisola sul Mar Nero. Il Cremlino aveva sobillato le proteste nel Donbass, trascinando con sé gli eredi di Yanukovich e la variegata galassia filorussa del sudest ucraino. Kyiv pensava di riprendere il controllo di Lugansk e Donetsk n un paio di giorni, almeno secondo le affermazioni dell’allora ministro degli Interni Arseni Avakov. Nell’estate dello stesso anno Mosca rafforzò il supporto militare ai separatisi e l’Ato si trasformò in guerra. Dopo le prime sanzioni occidentali Vladimir Putin disse che avrebbe potuto arrivare a Kyiv in due settimane.

La propaganda russa e ucraina punta ancora a una irrealistica vittoria totale sul campo
Nove anni dopo, l’operazione militare speciale russa scattata il 24 febbraio 2022 si è trasformata in un conflitto tra Russi e Occidente; Putin, che all’inizio pensava forse a un Blitzkrieg di 15 giorni, già da fine marzo dello scorso anno è entrato nell’ottica di una guerra di logoramento e di fatto, dopo l’inverno trascorso sulle posizioni riconquistate alla vigilia dell’autunno da parte dell’Ucraina, tra Kharkiv e Kherson, i fronti sono rimasti stabili: nel Donbass si continua l’attrito sulla linea di confine degli oblast di Lugansk, Donetsk, Dnipropetrovsk e Zaporizha; a Sud la Russia ha rafforzato le difese antistanti la Crimea. Di offensive vere e proprie nemmeno l’ombra, da nessun lato. Forse la primavera porterà qualche scossone, visto che la propaganda russa e occidentale punta sempre a una vittoria sul campo e alla sconfitta totale del nemico. O forse no, visto che la realtà è un po’ diversa e 15 mesi di conflitto pesano non solo sui campi di battaglia, ma sugli equilibri di mezzo mondo.
I suggerimenti di Prigozhin e lo strano caso del leak del Pentagono
Ed ecco, quindi, che da una parte è persino il capo della compagnia Wagner Evgeni Prigozhin a suggerire al Cremlino di pensare meno ad avanzare e più a difendere e amministrare i territori occupati, e dall’altra lo strano caso dei leak del Pentagono scuote gli alleati e rivela come a Washington qualcosa non stia andando per il verso giusto e tra le anime del deep state non ci sia probabilmente condivisione d’intenti su quale debba essere la strategia americana sulla scacchiera ucraina. Entrambe le vicende sono gli indizi che al Cremlino e alla Casa Bianca esistono diverse correnti di pensiero e che solo intersecando quelle moderate si può andare verso la de-escalation. Prighozin può aver fatto semplicemente una fuga in avanti, anticipando forse decisioni già nell’aria per accreditarsi politicamente. Nonostante il suo profilo sia comunque quello di un outsider, sia nei corridoi del Cremlino sia tra l’elettorato russo. Lo scandalo dei documenti top secret che da mesi stanno vagando in Rete per colpa, pare, di un giovane della Guardia Nazionale un po’ irrequieto, non sta in piedi da sola e con tutte le incongruenze sembra più uscita dalla nebbia della guerra dell’informazione, in questo caso con le colombe d’Oltreoceano a voler frenare i falchi.

Preoccupa l’alleanza anti-americana tra Pechino e Mosca
Meglio un po’ di acqua sul fuoco per far capire che questa guerra non può vincerla sul campo nessuno e un’offensiva ucraina sarebbe in ogni caso inopportuna: per difendere la Crimea Putin potrebbe passare davvero all’uso armi atomiche tattiche, non tanto con obiettivi militari, quanto di deterrenza attiva; una sconfitta ucraina significherebbe comunque l’indebolimento ulteriore di Kyiv al tavolo delle trattative, che prima o poi arriverà. E meglio dunque ragionare partendo dallo status quo per evitare disastri ancor maggiori, dentro e fuori l’Ucraina. Senza contare che la cornice internazionale sta offrendo un quadro in cui la Cina sta facendo sempre più da spalla alla Russia e l’alleanza tra Pechino e Mosca in chiave anti-americana si sta rafforzando, contrariamente allo wishful thinking di vari circoli politici e mediatici occidentali.