Interruttori spenti e docce fredde contro Putin: a cosa siamo disposti a rinunciare?
Le armi che ammazzano gli stessi ucraini ai quali mando medicinali e pannolini le pago io. E continuo a farlo ogni volta che schiaccio un interruttore o accendo un fornello. Cosa succederebbe se dovessimo rinunciare per lunghi periodi all’acqua calda, all’eterna primavera domestica dei 18-20 gradi e alla mobilità?
Contribuisco a tutte le raccolte di fondi pro-Ucraina che mi capitano a tiro, invio pacchi di pannolini e medicinali, seguo religiosamente ogni pomeriggio la diretta di Enrico Mentana su La7 e prego ogni sera per l’incolumità di Francesca Mannocchi, che meriterebbe tutti i premi possibili per il miglior inviato di guerra. E a ogni piccolo gesto, a ogni piccola modifica del mio stile di vita per sostenere le vittime dell’invasione russa, mi appare davanti agli occhi come un meme Vladimir Putin che sghignazza mentre lancia altri missili su un ospedale ucraino o rastrella un altro battaglione di coscritti imbarbariti dalla miseria, pronti a sparare su donne e bambini.
‘Not in my name’ ma ‘yes with my money’
E ha ragione a Putin a sghignazzare, perché i missili, i fucili e le pallottole che ammazzano gli stessi ucraini ai quali ho mandato medicinali e pannolini li sto pagando io. Continuo a pagarli ogni volta che schiaccio un interruttore, infilo una presa in una spina, accendo il fornello, apro il rubinetto dell’acqua calda. E lo stesso fanno il mio vicino di casa, il mio dirimpettaio, il parroco che nell’omelia domenicale invoca la pace e perfino i gestori ucraini del supermarket slavo all’angolo, che dal 24 febbraio hanno attaccato sulla vetrina un foglio con l’Iban per finanziare la difesa armata della patria. Putin sghignazza perché sa che sul retro dei nostri cartelli “not in my name” c’è scritto, in piccolo, “yes with my money”.

La lezione di Napoleone e del suo Blocco continentale
Nel frattempo è in arrivo il quinto pacchetto di sanzioni Ue contro la Russia, cui ormai commercialmente non permettiamo più nulla, a parte venderci gas per l’equivalente di 228 milioni di dollari ogni singolo giorno. E si capisce: se fanno più male a chi le applica che a chi le subisce non sono sanzioni, ma autolesionismo. Non c’è bisogno di essere il prof Barbero per ricordare gli effetti del Blocco continentale con cui Napoleone sperava di soffocare l’economia dell’Inghilterra, da lui definita «nazione di bottegai». Fu una brutta botta per l’Inghilterra, ma ancora peggiore per Napoleone. Non solo perché gli inglesi potevano contare su contrabbando e sull’appoggio sottobanco della Russia, ma anche perché l’aumento vertiginoso dei prezzi nel continente e la sparizione del cotone e anche di caffè, cacao, zucchero e tabacco, lussi coloniali di cui nessuno poteva più fare a meno, demolirono il consenso per l’Empereur e fecero risorgere i nazionalismi. Unita dalle armate di Napoleone, l’Europa del primo 800 si sfasciò per una questione di sigari e cioccolatini.
Tra termostati abbassati e docce fredde
Cosa succederebbe se dovesse rinunciare per lunghi periodi all’acqua calda, all’eterna primavera domestica dei 18-20 gradi, alla mobilità? Probabilmente gli Stati europei ricomincerebbero a saltarsi alla gola, come hanno fatto per secoli. E non potremo nemmeno consolarci twittando e postando la nostra infelicità, perché sarà molto difficile ricaricare i cellulari, a meno che qualcuno non stia già progettando una power-bank a manovella. In attesa dello sbarco in Normandia del gas liquido americano che salverà le nostre democrazie, mi preparo alle inevitabili ristrettezze energetiche abbassando il termostato di due gradi, come ha suggerito Chicco Testa, diradando l’uso di lavatrice e lavastoviglie e prendendo in considerazione il crudismo. Per abituarmi alle docce fredde penso già a come sarà quando dovremo razionare pure a quelle, a causa della penuria di acqua. Ma la mia vita sarà ancora molto più comoda di quella che fanno ora gli ucraini, che per essere indipendenti dalla Russia soffrono freddo, sporcizia, fame. Sotto una pioggia di missili pagati anche da me.