Secondo la Costituzione dell’Ucraina, le prossime elezioni presidenziali si dovrebbero tenere nella primavera del 2024, per la precisione il 31 marzo, con eventuale secondo turno il 21 aprile. L’appuntamento delle Parlamentari, invece, in condizioni normali arriverebbe ancora prima: il prossimo 29 ottobre. Al momento si tratta di date che nessuno è in grado di dire se e come verrà rispettato: secondo la Costituzione, nessuna elezione può aver luogo mentre nel Paese è in vigore la legge marziale, dichiarata dal presidente Volodymyr Zelensky la mattina del 24 febbraio 2022, giorno in cui è iniziata l’invasione su vasta scala della Russia. Anche se Kyiv non sta parlando di elezioni, non vuol dire però che non ci stia già pensando.

Il timore di infiltrazioni russe nella politica ucraina
La scorsa settimana funzionari ucraini si sono infatti recati a Bruxelles per discutere su come organizzare le prime elezioni del dopoguerra nel Paese, che saranno seguite con molta attenzione dall’Unione europea. Il timore è che, una volta terminato il conflitto, la Russia tenti di «installare i propri rappresentanti, i propri agenti, nelle autorità ucraine», come ha spiegato a Politico il funzionario elettorale Oleh Didenko.

Nel 2022 sono state messe al bando 11 formazioni politiche filo-russe
Il timore, condiviso da Ucraina e Ue, è che in qualche modo la Russia possa infiltrarsi ai vertici della politica del Paese che ha attaccato oltre 15 mesi fa. Da parte sua, Kyiv ha già adottato misure per limitare l’influenza dei partiti filo-russi, che sono stati a lungo utilizzati dal Cremlino per esercitare influenza sulla politica ucraina: a maggio del 2022, la Verkhovna Rada ha ratificato il bando di 11 movimenti e partiti politici accusati di minare la sovranità del Paese. Tra essi anche Piattaforma di opposizione – Per la vita, il più grande partito di opposizione dell’Ucraina con 44 seggi in parlamento (su 450), fondato dall’oligarca Viktor Medvedchuk, amico stretto di Vladimir Putin. Agli arresti domiciliari per tradimento da maggio 2021, Medvedchuk è evaso a febbraio 2022 in concomitanza con l’invasione russa. Catturato dopo meno di due mesi dal servizio di sicurezza dell’Ucraina, è stato poi rilasciato nel corso di un successivo scambio di prigionieri con il Cremlino. A gennaio, Zelensky lo ha privato della cittadinanza ucraina, provvedimento che ha reso automatica la sua esclusione dal parlamento: formalmente, era ancora deputato. Stessa sorte è toccata a Andriy Derkach, Taras Kozak e Renat Kuzmin. Tuttavia, sono diversi i politici filo-russi ancora presenti nella Verkhovna Rada: i restanti deputati di Piattaforma di opposizione – Per la vita si sono divisi in due gruppi di nuova creazione, Piattaforma per la vita e la pace, guidata da Yuriy Boyko, ex ministro dell’energia notoriamente vicino al Cremlino, e Restaurazione dell’Ucraina. Il timore è che l’offensiva della Russia contro la democrazia ucraina non si fermi con la guerra. «Abbiamo un vicino terrorista. E non scomparirà dopo la nostra vittoria. Sarà ancora qui», ha detto Didenko.

La questione organizzativa: il nodo del voto dei rifugiati
Oltre all’ingombrante presenza di politici che da sempre strizzano l’occhio a Mosca, c’è poi la questione organizzativa. Kyiv dovrà infatti tenere conto degli otto milioni di ucraini – circa il 20 per cento della popolazione – fuggiti all’estero. Il voto dei rifugiati è stato al centro dell’incontro di Bruxelles: aumentare il numero di seggi elettorali nei Paesi terzi, ma anche introdurre nuovi metodi di voto, come quello elettronico o per corrispondenza, sono alcune delle opzioni tecniche sul tavolo. «Dobbiamo assicurarci che qualsiasi scelta sia supportata da tutte le forze politiche in Ucraina. E, in secondo luogo, che possa trasmettere fiducia ai cittadini», ha affermato Sam van der Staak, direttore del programma Europa di International IDEA, organizzazione intergovernativa pro-democrazia che ha organizzato le discussioni a Bruxelles, insieme al Parlamento europeo. «Tutti stanno guardando con grande attenzione, compresa la Russia».