Alla fine del 1991 gli U2 erano la più grande rock band del mondo. Dopo il successo di The Joshua Tree (1987), che a tutt’oggi ha venduto poco meno di trenta milioni di copie, e le celebrazioni di Rattle And Hum (1988), con i suoi omaggi ai Beatles, a Bob Dylan, a Jimi Hendrix e a BB King, il 18 novembre arrivava nei negozi il nuovo album di Bono, The Edge, Adam Clayton e Larry Mullen Jr.
Per registrarlo gli U2 andarono a Berlino, diretti agli Hansa Ton Studios, quelli della trilogia di David Bowie e di diversi altri capolavori, e scesero dall’aereo proprio il giorno in cui la città, la Germania e l’Europa tutta stavano festeggiando la riunificazione seguita al crollo del Muro. Poi, per finire il lavoro tornarono a casa, a Dublino, sempre in compagnia di Brian Eno e Daniel Lanois, i produttori degli U2 classici cui si è aggiunto Mark Ellis, detto Flood, che aveva da poco finito di dare una mano ai Depeche Mode per le registrazioni di Violator (1990).
18 novembre 1991, trent’anni fa usciva Achtung Baby
I fan non sapevano cosa aspettarsi, tre anni di silenzio erano tanti anche all’inizio degli anni Novanta. Certo non si aspettavano quello che invece avrebbero trovato nelle tredici canzoni del nuovo album, che si intitola Achtung Baby e giusto oggi compie trent’anni. È ancora rock, ma c’è tantissima elettronica, si intravede Bowie, si sfiora la dance. Sono degli U2 mai sentiti prima. Zoo Station, uno dei brani più diversi rispetto ai dieci anni di carriera che l’hanno preceduto, venne non a caso piazzato in apertura, quasi un manifesto del nuovo corso, con un irriconoscibile Bono filtrato attraverso diavolerie assenti nei precedenti dischi.
The Fly, il primo singolo, «è in pratica il suono di quattro tizi che abbattono The Joshua Tree». È Bono a parlare, e non potrebbe essere più chiaro. «Abbiamo sempre pensato di essere speciali grazie al nostro spirito, di essere un gruppo che può essere scarnificato ma il cui spirito rimane intatto» dichiarava il cantante in un’intervista al mensile The Face. «Volevamo vedere quanto potevamo spingerci lontano nel deturpare l’idea degli U2 che vi siete fatti là fuori».
Una mutazione inedita nel mondo del rock
Ripercorrendo la storia rock, è difficile trovare altre band di così grande successo che si sono reinventate in maniera così profonda. E anche le vendite non ne risentirono più di tanto: a oggi Achtung Baby ha superato le venti milioni di copie. Grazie anche a canzoni come One, non il brano migliore degli U2, non la loro migliore ballata, ma che, per le imperscrutabili ragioni del cuore, è diventato uno dei loro episodi più amati dai fan. U2 diversi anche nel look, si facevano ritrarre vestiti da donna nel video diretto da Anton Corbijn, l’artefice della loro iconografia.
Nell’album si parla molto di rapporti con l’altro sesso. A volte di sesso e basta. Ci scherzavano anche sopra nelle interviste dell’epoca: «La maggior parte delle band», dicevano, «inizia cantando di sesso e finisce per cantare di Dio, noi abbiamo fatto il contrario». Il titolo provvisorio era addirittura Fear Of Woman, paura della donna. Perché, spiegava Bono, «alcune volte le cose che ci attraggono ci fanno paura».
Le date italiane dello Zoo Tv Tour
Un ritorno sulle scene così sorprendente meritava dei concerti all’altezza, e gli U2 non delusero le aspettative. Lo Zoo Tv Tour riservava due sole date all’Italia, 20 e 21 maggio 1992 al Forum di Assago, alle porte di Milano. Internet non c’era ancora e i biglietti andavano comprati al botteghino. Gli ambitissimi tagliandi vennero messi in vendita alle casse del vecchio Palalido. Il giorno dell’apertura ci fu la ressa, e bastarono poche decine di minuti per arrivare al tutto esaurito.
Poi, quando finalmente arrivò il 20 maggio e i fan già premevano ai cancelli del Forum, giunse la notizia che nessuno si aspettava. Uno dei tir che trasportava le apparecchiature del palco ebbe un incidente sulla strada che conduce in Italia da Barcellona, dove la band si era esibita al Palau Sant Jordi. «Il concerto non si può fare, non ora». Per Barcellona, era anche il giorno della finale di Coppa dei Campioni tra i blaugrana e la Sampdoria di Vialli e Mancini, sconfitta a Wembley da una punizione Ronald Koeman.
Se ai due attaccanti blucerchiati serviranno più di trent’anni per prendersi la rivincita, ai fan degli U2 bastò ripresentarsi il giorno seguente ad Assago. E quello che si trovarono davanti fu un palco incredibile. Decine di schermi di tutte le dimensioni, una passerella che scendeva in mezzo al pubblico (ai tempi non così frequente) e soprattutto, sospese per aria, delle coloratissime Trabant, le auto dei cittadini ella Germania Est, le uniche che si potevano acquistare, prodotte per oltre trent’anni dalla VEB Sachsenring Automobilwerk Zwickau. All’interno di una di queste si andò a sistemare un dj che prima del concerto scaldò un’atmosfera già elettrica con un po’ di classici del rock e, in aggiunta, Tex dei Litfiba e Balliamo sul mondo di Ligabue.
Pornoattori, Gascoigne e Thatcher: la Tv iperattiva degli U2
Poi arrivarono i quattro irlandesi e sugli schermi comparve di tutto, un frame tirava l’altro a velocità supersonica, seguendo il ritmo della batteria di Larry Mullen Jr e del basso di Adam Clayton. Tv iperattiva la chiamava Bono. Volti di attori porno nell’esercizio, diciamo così, delle loro funzioni, Paul Gascoigne e Margareth Thatcher, pubblicità mai viste, persino una scritta che faceva riferimento all’eliminazione dell’Irlanda a Italia 90, due anni prima all’Olimpico di Roma e con lo stesso Bono in tribuna: «Quando Schillaci ha segnato è stata solo fortuna».
Per la cover di Satellite Of Love di Lou Reed su uno degli schermi più grandi comparve lo stesso fondatore dei Velvet Underground, e si ascoltava la sua voce duettare con quella di Bono, che poi si cambiò d’abito e smise giubbotto e pantaloni di pelle per ritornare in scena vestito di paillettes, come una palla di discoteca con sembianze umane. Insomma, non solo non si erano mai sentiti, ma degli U2 così non si erano neanche mai visti.
L’estate successiva, quella del 1993, sarebbero tornati in Italia per un breve tour negli stadi, i cui concerti vennero aperti da altri big come Pearl Jam, Ligabue e gli stessi Velvet Underground. Anche allora i biglietti andarono a ruba, a confermare il grande successo di pubblico della fase 2 di una band unica.