Twitter: Russia, Cina e Stato Islamico pretendono da Musk più libertà di parola

Matteo Innocenti
09/11/2022

Dopo essere stati silenziati o limitati su Twitter, ora russi, cinesi e persino jihadisti vanno in pressing su Musk per riottenere libertà di parola sul social, galvanizzati dalle promesse del magnate di rivedere le politiche sui contenuti di odio. Ma così la piattaforma rischia di diventare una babele.

Twitter: Russia, Cina e Stato Islamico pretendono da Musk più libertà di parola

Essere l’uomo più ricco del mondo, probabilmente, è un buon rimedio contro lo stress. Tuttavia è innegabile che in questo inizio di novembre Elon Musk stia affrontando una certa pressione. Dopo l’acquisizione di Twitter e il licenziamento in massa dei dipendenti, è partita la class action degli ex lavoratori. Poi, criticatissimo per l’introduzione della spunta blu a pagamento e per il “liberi tutti” sulla moderazione dei contenuti, ha deciso di bannare i suoi “imitatori”. In tutto questo continua il pressing degli altri utenti banditi dalla precedente gestione del social media, che chiedono il reintegro e maggiore libertà nei tweet. Tra essi non solo Donald Trump, ma anche numerosi account affiliati ai governi autoritari di Russia e Cina, così come allo Stato Islamico, intenzionati a salire sul carro di Elon.

Twitter: Russia, Cina e Stato Islamico in pressing su Elon Musk: chiedono maggiore libertà di parola e il reintegro sul social network.
Elon Musk: il 27 ottobre ha acquistato Twitter per 44 miliardi di dollari (Getty Images)

Fino a che punto si spingerà la libertà di parola promessa da Musk prima dell’acquisto di Twitter? Dopo aver trovato rifugio in altri lidi virtuali (come Mastondon, nato – ironia della sorte – come social antifascista), i gruppi europei di estrema destra guardano con rinnovato interesse alla piattaforma, dove ogni cinguettio dovrebbe trovare meno resistenza. La società ha già affermato che le politiche relative ai contenuti di odio non sono destinate a cambiare con la nuova proprietà, tuttavia il pressing da parte di russi, cinesi e jihadisti è iniziato da un pezzo.

Gli account russi, oscurati, chiedono la fine del ban

Dopo l’invasione dell’Ucraina da parte delle forze di Vladimir Putin, l’Unione europea ha bloccato la diffusione dei contenuti di RT e Sputnik, mossa che ha portato Twitter a oscurare i relativi profili: una sanzione, questa, che nel web si è allargata ben oltre i 27 Stati Ue. Margarita Simonyan, direttrice dell’ex Russia Today, a fine ottobre ha scritto a Musk chiedendo la fine del ban in nome della libertà di parola.

La richiesta di Simonyan è per adesso caduta nel vuoto, al pari di altre pervenute da figure di alto profilo come Maria Zakharova, portavoce del ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov.

La Cina si oppone alle etichette introdotte nel 2020

Mentre la Cina impedisce ai normali utenti di accedere a Twitter, Pechino utilizza gli account dei funzionari governativi, inclusi ministri degli esteri, degli ambasciatori, dei vari portavoce e delle entità istituzionali per attività di propaganda e per attaccare altri utenti che criticano il Partito comunista cinese. Da un paio di anni Twitter mette le etichette agli account affiliati allo Stato (non solo cinese, va detto): da allora questi profili, che sono diventati riconoscibili, hanno diminuito notevolmente la loro attività. I detentori di tali profili, che postano esclusivamente a favore dei vertici della Repubblica popolare chiedono la rimozione delle etichette: «Musk deve rimuovere tutte le politiche discriminatorie maccartiste», ha twittato Chen Weihua, capo dell’ufficio europeo del quotidiano statale China Daily. Tutto questo mentre i profili fake che diffondono bufale sugli oppositori di Pechino, lodandone contestualmente l’operato, rimangono un problema.

Twitter: Russia, Cina e Stato Islamico in pressing su Elon Musk: chiedono maggiore libertà di parola e il reintegro sul social network.
Un post di Zhang Meifang, console cinese a Belfast: il suo account ha l’etichetta “China government official”.

I sostenitori della jihad si sentono più liberi di twittare

All’interno delle comunità jihadiste online, l’acquisizione di Twitter da parte di Musk è stata accolta come un’opportunità per tornare ad avere di nuovo visibilità. Prima del 2015, gli account vicini allo Stato Islamico agivano praticamente indisturbati sulla piattaforma, arrivando a pubblicare persino video e immagini di decapitazioni. Poi la stretta: negli ultimi sette anni, gli strumenti di moderazione dei contenuti di Twitter hanno costretto alla clandestinità tale attività di propaganda. Dai giorni immediatamente precedenti all’acquisizione da parte di Musk, però, è in atto un revival degli account filo-jihadisti, che hanno ripreso a postare contenuti, seppur meno forti. In particolare, sono diversi i profili ad aver messo in evidenza il parallelismo tra la repressione globale che deve affrontare lo Stato Islamico e gli attacchi che Musk sta subendo sia da destra sia da sinistra. Non solo: nell’ultima settimana numerosi sostenitori di Daesh si sono ritrovati in una chatroom audio di Twitter Spaces che si chiamava “Il Califfato islamico è ancora qui e si sta espandendo”. Sempre che Elon non faccia qualcosa.