Turchia, Erdogan non trionfa ma spaventa l’Occidente

Redazione
29/05/2023

Il Sultano vince il ballottaggio con il 52 per cento. Nonostante il Paese sia spaccato a metà e affossato da una inflazione al 43 per cento, l'Occidente teme un ulteriore avvicinamento alla Russia. Il primo test sarà il vertice Nato di Vilnius e la possibile revoca del veto all'ingresso della Svezia nella Nato. Da cui dipende lo sblocco Usa alla vendita di armi. Il punto.

Turchia, Erdogan non trionfa ma spaventa l’Occidente

Con il 52 per cento dei consensi, Recep Tayyp Erdogan si conferma perla terza volta presidente della Turchia. Una percentuale simile a quella delle due precedenti elezioni, ma per la prima volta ottenuta al ballottaggio contro Kemal Kilicdaroglu, leader del fronte di opposizione, che si è fermato al 47,9 per cento. La Turchia dunque è un Paese diviso a metà. Kilicdaroglu, il Gandhi turco, ha assicurato: «Continueremo la lotta, la nostra marcia continua». L’appello agli elettori per mettere fine a «un regime autoritario e per l’arrivo della libertà e della democrazia» non è stato sufficiente ad archiviare la stagione del Sultano proprio nel centenario della fondazione della Repubblica laica di Turchia da parte di Mustafa Kemal Ataturk (29 ottobre).

Turchia, Erdogan vince ma non trionfa
Erdogan dopo la vittoria. (Getty)

Erdogan spinto dalla destra nazionalista di Ogan

Erdogan è stato riconfermato mantenendo la sua base e conquistando i voti ottenuti al primo turno da Sinan Ogan, esponente della destra nazionalista arrivato terzo con il 5 per cento. Kilicdaroglu, dal canto suo, dopo un inizio di campagna elettorale dai toni concilianti, è stato penalizzato dall’aver evitato una retorica nazionalista, scelta che gli ha fatto perdere terreno nelle regioni a maggioranza curda che lo avevano appoggiato nel primo turno.

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I nodi da affrontare: dal rapporto con l’Occidente all’inflazione record

Quello di Erdogan non sarà un mandato semplice. Dovrà infatti affrontare vari nodi che si sono stretti begli ultimi anni: dal difficile rapporto con l’Occidente alla fragile situazione economica del Paese dove l’inflazione viaggia sopra il 43 per cento e la lira è debolissima. Resta poi sempre caldo il dossier sui migranti siriani, quasi 4 milioni, che si trovano in Turchia. Erdogan ha promesso che 1 milione di loro torneranno “volontariamente” in patria ma il presidente siriano Bashar al-Assad, con cui sta cercando da mesi una riconciliazione dopo avere rotto i rapporti oltre 10 anni fa, ha chiesto esplicitamente che le truppe di Ankara lascino il Paese. Precondizione per normalizzare i rapporti e preparare il terreno per il ritorno dei rifugiati.

Turchia, Erdogan vince ma non trionfa
Erdogan e la moglie nel discorso dopo la vittoria. (Getty)

Il prossimo obiettivo: riconquistare nel 2024 Istanbul e Ankara

Il prossimo obiettivo del presidente sono le elezioni locali del 2024 e la riconquista di Istanbul e Ankara. Intanto incassa l’appoggio di Vladimir Putin, Viktor Orban , dell’Azerbaigian, del Pakistan, degli Emirati Arabi Uniti e dell’Arabia Saudita. Già oggi Erdogan potrebbe visitare Santa Sofia, da lui riconvertita in moschea nel 2020, in occasione del 570esimo anniversario della conquista ottomana di Costantinopoli. La vittoria di ieri porta con sé anche una novità: il Sultano non terrà il suo discorso celebrativo alla sede del suo partito Akp di Ankara, come ha sempre fatto dopo le elezioni, ma parlerà dal palazzo presidenziale nella capitale turca, fatto costruire da lui stesso negli scorsi anni.

Turchia, Erdogan vince ma non trionfa
Supporter di Erdogan in festa dopo le elezioni vinte dal sultano. (Getty)

I timori degli Usa e dell’Occidente

Tra i primi a congratularsi con Erdogan, Joe Biden, Emmanuel Macron e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky che su Telegram ha scritto, in turco: «Ci auguriamo di sviluppare la nostra cooperazione per la sicurezza e la stabilità dell’Europa e di rafforzare ulteriormente il nostro partenariato strategico a beneficio dei nostri Paesi». Parole di circostanza visto che molte cancellerie europee, rimaste in silenzio durante la campagna elettorale, speravano che il regno ventennale di Erdogan si chiudesse a sorpresa. In Occidente si teme da un lato che il Sultano possa sfruttare questo se pur non schiacciante risultato per isolare ulteriormente il Paese membro della Nato, dall’altro si spera che non potendo più ricandidarsi abbandoni le sirene nazionaliste puntando sull’autoconservazione. Ora la priorità è che Erdogan non si avvicini troppo a Mosca. Un timore non esattamente infondato visto che il ministro degli interni, Süleyman Soylu, durante la campagna elettorale aveva bollato come traditore chiunque avesse mostrato tendenze filo-occidentali. Sicuramente retorica elettorale, ma che riflette il sentire di una parte del Paese e non solo.

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Putin ed Erdogan (Getty)

Il dossier dell’adesione della Svezia alla Nato 

Il primo test di Erdogan arriverà al vertice Nato di Vilnius dove gli verrà chiesto di revocare il veto della Turchia sull’adesione della Svezia alla Nato. Il presidente aveva già revocato il blocco sull’adesione della Finlandia, ma ha lasciato la Svezia nel limbo e in una zona grigia potenzialmente pericolosa. La Svezia, che ha una popolazione curda più numerosa della Finlandia, sta lavorando sul alcune delle richieste turche inclusa l’estradizione di 140 curdi, i cui nomi non sono mai stati passati definitivamente al governo svedese. Stoccolma, per compiacere Ankara, sta rafforzando le sue leggi antiterrorismo e cercando le prove dei finanziamenti della comunità nazionale curda al PKK, classificato come organizzazione terroristica dall’Ue e dalla Turchia. L’adesione della Svezia alla Nato non è un dossier isolato, ma collegato al blocco della vendita di armi Usa ad Ankara, per non parlare della batteria di missili S-400 russi acquistati dalla Turchia. Biden, nonostante abbia definito Erdogan un autocrate, è disposto a revocare il blocco, approvare la vendita da 20 miliardi di dollari di jet F16 e aprire un nuovo capitolo con la Turchia. Non prima di aver convinto i leader delle commissioni per gli affari esteri di Camera e Senato ad approvare la vendita. Anche lo sblocco delle armi statunitensi potrebbe non essere sufficiente a staccare Erdogan da Putin. In campagna elettorale il leader turco aveva sottolineato il rapporto speciale con Mosca. Ad aprile Erdogan aveva presentato la prima centrale nucleare turca costruita con il sostegno finanziario e la tecnologia russi. Mentre Putin aveva addirittura parlato della possibilità che la Turchia diventi un hub europeo per il gas russo. Non solo. La Turchia non è disposta a imporre sanzioni alla Russia, e Washington dal canto suo non intende imporre sanzioni secondarie alla Turchia, temendo che questa stretta non farebbe altro che spingere Erdogan tra le braccia dello zar.