Tulsa, storia di un massacro dimenticato
Il sospetto di una violenza sessuale, commessa da un giovane afroamericano nei confronti di una ragazza bianca, bastò a scatenare l'inferno. La città dell'Oklahoma venne saccheggiata: le stime parlano di 300 morti, appena 39 secondo i dati ufficiali. È passato un secolo dalla strage fantasma.
Cent’anni da Tulsa, un secolo da un massacro a lungo ignorato dai libri di storia. Era la notte fra il 31 maggio e l’1 giugno 1921, quando la città americana dell’Oklahoma fu messa a ferro e fuoco da parte della comunità bianca che si scagliò contro quella afroamericana. Una tragedia che fece centinaia di morti, immediatamente dimenticati. Le stime parlano di trecento, eppure i dati ufficiali si fermano a 39. Tantissimi furono anche gli sfollati.
Perché si scatenò il massacro di Tulsa
Il casus belli fu un episodio confuso e controverso che vide protagonista Dick Rowland, giovane lustrascarpe afroamericano, e la 17enne Sarah Page, addetta agli ascensori di un edificio commerciale. Sullo sfondo, il ricco quartiere di Greenwood, popolato da migliaia di famiglie afroamericane benestanti, a capo di fiorenti attività. Uno scenario talmente anomalo per gli Usa dell’epoca, da meritare la definizione di Black Wall Street.
Cent ans après un massacre d’Afro-Américains, Tulsa attend Biden ce mardi et espère des réparations, par @leadaup https://t.co/SnzU2oAMb9 #AFP pic.twitter.com/GnRDuMRSeb
— Sébastien Blanc (@sebastienblanc) June 1, 2021
Violenza sessuale o pestone, il giallo del massacro di Tulsa
Quando Rowland venne accusato di violenza sessuale nei confronti della giovane Page, e per questo incarcerato, una folla di bianchi si accalcò sotto le prigioni pronta a linciarlo. Nessuno, tuttavia, seppe mai se veramente la ragazza avesse subito violenza. Alcuni sostennero che, mentre i due erano in ascensore, dall’esterno si sentì un urlo femminile. L’ipotesi più accreditata, almeno secondo la Oklahoma Historical Society, fu che il ragazzo avesse pestato un piede alla giovane, che, dal canto suo, non denunciò mai alcuna aggressione. Bastò il sospetto, dunque, per riempire le pagine dei giornali, segno premonitore di quanto di lì a poco si sarebbe accaduto per le strade della città.
La comunità afroamericana si mobilitò per difendere Rowland dal linciaggio, ma era in netta minoranza e si trovò a incassare la violentissima reazione di una fazione bianca inferocita. Case furono date alle fiamme, negozi saccheggiati e distrutti, donne e bambini uccisi. Testimonianze dirette di sopravvissuti, emerse solo di recente, parlano di una violenza efferata, con gli aggressori determinati a uccidere ogni persona nera si trovasse sul loro cammino.

Il mistero degli aerei in volo sulla città di Tulsa
Durante il massacro, la città fu anche sorvolata da alcuni aerei, ma non fu mai chiarito se si trattasse di forze dell’ordine o di attacchi mirati alla comunità afroamericana ad opera del Ku Klux Klan. Secondo alcuni storici, Tulsa fu la prima città nella storia degli Stati Uniti a essere bombardata con lancio di ordigni incendiari sulle abitazioni.
La mattina dell’1 giugno, dopo ore di scontri e violenze, con colpevole ritardo intervenne la guardia nazionale, che istituì la legge marziale. Rimase in vigore per 3 giorni, fino al 4 giugno, quando la situazione tornò a una relativa normalità. La ricostruzione fu rapida, breve fu il tempo per dimenticare.
Tulsa, un massacro evaporato
Nessuno fu mai condannato per gli eventi e la popolazione mantenne il silenzio per decenni. L’opinione pubblica accettò la ricostruzione secondo cui i neri di Greenwood si erano ribellati contro i bianchi, causando disordini e tale versione fu usata dalle compagnie di assicurazione per evitare di pagare ingenti risarcimenti. I giornali locali e nazionali glissarono sulla rivolta che fu presto dimenticata.
La memoria di Tulsa salvata da una serie tv
Solo lo scorso anno il massacro è entrato nei programmi di scuola in Oklahoma, con l’obiettivo di diffondere la conoscenza di un evento sempre passato in sordina. Nel 2019, una serie tv americana prodotta da Hbo, Watchmen, vincitrice di 11 Emmy Awards, ha contribuito a riportare alla luce la vicenda, ambientando i minuti iniziali del primo episodio durante la rivolta. La serie è stata premiata, tra gli altri, con il Peabody Award (premio internazionale per le eccellenze radiotelevisive), avendo creato «una riflessione franca e provocatoria sulla violenza razziale contemporanea, sul ruolo della polizia, e sulle conseguenze che un disastro su larga scala può avere sul modo in cui gli americani percepiscono il loro ruolo nel mondo».
Non solo il cinema, ma anche lo sport si è voluto schierare a favore del ricordo della strage. La star Nba Russell Westbrook, ora ai Washington Wizards, ma a lungo titolare del quintetto sul parquet degli Oklahoma City Thunders, è produttore esecutivo di Tulsa Burning: The 1921 Race Massacre, diretto da Stanley Nelson e Marco Williams. Il documentario, tramesso in questi giorni negli Usa, utilizza interviste, fotografie storiche e rievocazioni per raccontare la storia di Black Wall Street: «A scuola nessuno mi aveva mai parlato del massacro di Tulsa», ha detto il cestista. «Soltanto dopo aver trascorso 11 anni in Oklahoma sono venuto a conoscenza di quanto accaduto. Questa è una delle tante storie trascurate di afroamericani in questo Paese e merita di essere raccontata».
Il presidente americano Joe Biden sarà oggi a Tulsa per ricordare la strage, sperando che niente del genere possa mai ripetersi.