La vicenda dell’orsa JJ4 si è trasformata nell’ennesima polemica che inevitabilmente è diventata politica con divisione fuori luogo tra innocentisti e colpevolisti. Il tutto sarebbe comico se non fosse, purtroppo, tragico. La morte del giovane runner di 26 anni avvenuta il 5 aprile a Caldes, in provincia di Trento, inviterebbe forse ad abbassare un po’ i toni e a far parlare gli esperti in conservazione. Ma tutti siamo diventati zoologi ed etologi, come qualche mese fa eravamo virologi.
L’ambientalista Treadwell e la sua esperienza tragica
Come al solito, cinema e letteratura possono insegnarci qualcosa sul rapporto possibile o impossibile di coesistenza tra uomo e natura selvaggia. Il consiglio per tutti è forse quello di andare a rivedersi il bellissimo documentario del 2005 di Werner Herzog Grizzly Man. È la tragica storia dell’ambientalista fai-da-te Timothy Treadwell, un attore senza fortuna che decide di dedicare la sua vita alla convivenza con gli orsi nel Parco nazionale di Katmai, in Alaska.
L’errore da non fare: antropomorfizzare il mondo selvatico
Treadwell, che documentava le sue spedizioni con una videocamera, credeva di essere entrato in confidenza con gli orsi, ne condivideva il territorio, li riconosceva uno a uno e si spingeva oltre i limiti dell’esperienza scientifica o di conservazione. Herzog racconta la vicenda senza cinismo e con tanta comprensione per gli ideali un po’ ingenui del protagonista, ma il messaggio del documentario è spietato come quello che doveva inevitabilmente accadere. Nell’estate del 2003 Treadwell e la sua fidanzata vennero sbranati da un gruppo di orsi affamati. Era la prima volta che gli orsi uccidevano nel parco. La morale della storia e quella che vuol fare risaltare il regista tedesco è che la natura non riconosce l’affetto o le buone intenzioni e ha delle regole che vanno rispettate. Antropomorfizzare il mondo selvatico o l’ambiente è un errore che supera una linea rossa che non andrebbe varcata. È un tema che Herzog più volte ha ripreso nei suoi film.

L’epica storia dell’avventuriero americano Hugh Glass
Al di là della drammatica realtà di Grizzly Man, il cinema ha sempre vissuto una forte dicotomia su questi grandi plantigradi: rappresentandoli come teneri amici o creature terrorizzanti. La storia dell’avventuriero americano Hugh Glass è diventata parte dell’epopea della frontiera. Membro di una spedizione di cacciatori di pellicce, Glass a inizio XIX secolo fu assaltato da un Grizzly femmina in una zona selvaggia nel Nord-Ovest degli Stati Uniti (che corrisponde oggi a un’area del Sud Dakota), venne abbandonato e dato per morto con ferite giudicati incurabili. Miracolosamente sopravvissuto, riuscì, a discapito dei traumi, a percorrere 200 miglia lungo il Green River e portarsi in salvo. La vicenda è stata rappresentata in due film, in Uomo bianco, va’ col tuo dio! (Man in the Wilderness) del 1971 e soprattutto nel pluripremiato The Revenant di Alejandro Iñárritu con Leonardo di Caprio. Nella pellicola del 2015 la scena dell’attacco dell’orso ha un realismo sconvolgente.
Gli attacchi degli orsi kodiak dopo un incidente aereo
Dalla realtà si passa alla pura fiction con l’horror del 1976 Grizzly, l’orso che uccide, girato sulla scia del successo de Lo Squalo di Spielberg. Il film ebbe anche nel 1983 un indecoroso sequel Grizzly II che ha come unico merito quello di aver dato uno stipendio a un George Clooney in cerca di ruoli più qualificanti. Con lo stesso registro c’è anche il più recente Il labirinto del Grizzly del 2015. Ne L’urlo dell’odio del 1997, un film scritto da David Mamet diretto da Lee Tamahori, Anthony Hopkins e Alec Baldwin, dispersi in Alaska dopo un incidente aereo, affrontano una rivalità personale legata a un tradimento, ma devono difendersi dagli attacchi degli orsi kodiak.
Bart, l’animale star che partecipò anche a una notte degli Oscar
L’orso (L’ours) è invece una favola ecologista diretta nel 1988 dal francese Jean-Jacques Annaud, ispirato dal romanzo dallo stesso titolo di James Oliver Curwood (libro del 1916, in Italia edito da Castelvecchi). L’ambientazione è il Canada Occidentale nel XIX secolo, ma il film fu girato interamente sulle Dolomiti. Sia L’urlo dell’odio sia L’orso hanno un attore in comune, Bart, un Kodiak nato nel 1977 in uno zoo di Baltimora e poi addomesticato. Il plantigrado, morto nel 2000, recitò anche nella commedia del 1988 Non è stata una vacanza… è stata una guerra!, assediando in una scena John Candy e Dan Aykroyd. L’orso partecipò anche a una notte degli Oscar e fu il protagonista di un documentario narrato da Brad Pitt con cui condivise il set in Vento di Passioni.
Animazione per i più piccoli: da Masha e Orso in giù
Il cinema e le serie di animazione per bambini e ragazzi hanno sempre avuto un debole per gli orsi, visti quasi sempre come creature dolci e astute (Yogi o Napo Orso Capo) o favolistiche (Paddington) o accudenti e protettive (Masha e Orso). Rispetta questi canoni, ma con un’ambientazione più realistica e fedele della vita animale, Koda, fratello orso, cartone (con pochi innesti di animazione digitale) del 2004 di casa Disney.
Winnie the Pooh e la censura cinese per la somiglianza con Xi
Non possiamo poi non ricordare due film, successi a sorpresa di questa stagione, che vedono due orsi protagonisti. Cocainorso (Cocaine Bear) è una commedia americana che al box office ha già triplicato in incassi il suo budget di produzione, al centro dell’azione un orso che per sbaglio ha sniffato un carico di cocaina. Winnie the Pooh: Blood and Honey è una produzione inglese a bassissimo costo che rilegge in chiave slasher il personaggio del tenero orsacchiotto Winnie the Pooh. Il film, censurato in Cina per una somiglianza tra l’animale killer e Xi Jinping, è stato stroncato senza pietà da critici e recensori online, ma la curiosità un po’ morbosa ha prevalso e si parla già di un sequel.

Letteratura per ragazzi: spicca la fiaba scritta e illustrata da Dino Buzzati
Anche nello scaffale dei libri dedicati agli orsi prevale la letteratura di fantasia per ragazzi. Un titolo su tutti: La famosa invasione degli orsi in Sicilia, fiaba scritta e illustrata da Dino Buzzati nel 1945, dove si affrontano il Granduca di Sicilia e Re Leonzio, sovrano degli orsi che invade l’isola per liberare il figlio rapito. Il libro, riedito recentemente da Mondadori, è diventato nel 2019 un film di animazione curato da Lorenzo Mattotti e presentato al Festival di Cannes.

La pelle dell’orso ambientata nelle Dolomiti di JJ4
Per i romanzi, il fortunato La pelle dell’orso di Matteo Righetto ci porta sulle Dolomiti, habitat di JJ4; qui si svolge una storia d’avventura e formazione portata poi sullo schermo grazie a una pellicola interpretata da Marco Paolini e diretta da Marco Segato. Il migliore amico dell’orso (edito in Italia da Iperborea) è un’avventura tra il picaresco, il surreale e il tragicomico sull’improbabile amicizia tra un pastore luterano finlandese e un orso regalatogli da una comunità che segretamente spera che l’animale si cibi dell’odiato religioso. L’autore è Arto Paasilinna, scomparso nel 2018, scrittore con un passato da guardiaboschi.

Gli orsi incatenati in giro per gli spettacoli dell’Europa comunista
Infine un reportage: Orsi danzanti. Storie di nostalgici della vita sotto il comunismo del giornalista polacco Witold Szabłowski (Keller editore). I plantigradi del titolo sono quelli incatenati, impiegati per secoli dalle popolazioni rom in tristi spettacoli itineranti nei Paesi comunisti dell’Est Europa. La loro vicenda è lo spunto di partenza per un viaggio nel mondo dell’ex blocco sovietico. In ambito letterario questo racconto fa inevitabilmente pensare a una scena all’inizio di Guerra e Pace di Tolstoj in cui il conte Pierre Bezuchov, nel mezzo di una notte dissipata insieme a compagni di sbronze, si diverte con un orso danzante ammaestrato fino a farlo scarrozzare per Pietroburgo e alla fine legarlo a un gendarme e buttarlo in un ramo del delta della Neva. Anche questa scena sarebbe comica se non fosse in realtà tragica. Con la natura e gli animali non bisognerebbe mai scherzare. Ma questa era solo la fantasia di Tolstoj. La difficile convivenza tra abitanti, escursionisti e orsi delle Dolomiti è sempre più una realtà.