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Tour de France, com’è cambiata la geografia del ciclismo

A dominare i Gran Tour una volta erano Francia, Belgio, Spagna e Italia. Ora non è più così. Il ciclismo ha cambiato la sua geografia e Paesi emergenti hanno preso il sopravvento. Tanto che alla Grande Boucle ci si aspetta un finale con un derby tutto sloveno tra Pogacar e Roglic.

3 Luglio 2022 10:063 Luglio 2022 11:29 Stefano Iannaccone
Tour de France, com'è cambiata la geografia del ciclismo

Un australiano, Jai Hinldey, che vince per la prima volta il Giro d’Italia, un etiope, Biniam Girmay, che conquista una tappa alla corsa rosa: la prima volta di un ciclista africano, in una grande competizione a tappe (dopo che aveva comunque sbaragliato la concorrenza in una classica come la Gand-Wevelgem). E due sloveni, Tadej Pogacar e Primoz Roglic, come principali star del ciclismo contemporaneo, almeno in materia di “Gran Tour”, abbreviati in Gt. Poche fotografie bastano a raccontare come il mondo della bicicletta professionistica sia cambiato. Con un effetto collaterale: le nazioni storicamente dominanti sono ormai da ricercare alla voce “nobili decadute”. L’albo d’oro del Tour de France è una mappa preziosa per leggere il mutamento intercorso nel tempo. Su un totale di 108 edizioni, disputate fino al 2021, ben 76 sono state vinte da solo quattro Paesi, con la Francia capofila che ha conquistato la gara di casa in 36 occasioni con 20 diversi ciclisti. A seguire il Belgio, che ha ottenuto il successo in 18 Grande Boucle con 10 corridori, davanti alla Spagna con 12 trionfi e all’Italia con 10 (entrambi con sette atleti).

Tour de France, com'è cambiata la geografia del ciclismo
Vincenzo Nibali al Tour de France nel 2014 (Getty Images).

Francia, Belgio, Spagna e Italia sono ormai le nobili decadute dei Gran Tour

Un dominio che ora è interrotto. Perché questa è solo una cartolina del passato: negli ultimi 20 anni la situazione è cambiata. Certo c’è il poker consecutivo di vittorie spagnole, dal 2006 al 2009, con Oscar Pereiro (con il titolo assegnato a tavolino per la squalifica dello statunitense Floyd Landis), Alberto Contador e Carlos Sastre, a cui si aggiunge la maglia gialla portata a Parigi dal siciliano Vincenzo Nibali, nel 2014. Per il resto, il vento è cambiato lasciando spazio ad altri Paesi, capaci di emergere, tra cui la Gran Bretagna (trascinata da Chris Froome) ma anche Lussemburgo con Andy Schleck e Australia con Cadel Evans, senza dimenticare la Colombia di Egan Bernal, oltre alla Slovenia del Piccolo principe Pogacar. Non è un mistero che i francesi siano alla disperata ricerca di un ciclista in grado di riconquistare il Tour de France: l’ultimo a riuscirci è stato il leggendario Bernard Hinault, nel 1985, anno in cui ha centrato il pokerissimo in carriera nella competizione di casa. Finito il suo ciclo, da allora il contatore dei trionfi per gli atleti d’Oltralpe si è fermato. Anche perché è iniziata quell’evoluzione che ha portato al ciclismo moderno, con molti Paesi che hanno fatto conoscere al mondo i loro campioni. Peggio ancora va per il Belgio: dopo la scorpacciata di Eddy Merckx, a cavallo tra gli Anni 60 e 70, l’ultimo belga a indossare la maglia gialla finale è stato Lucien Van Impe, nel 1976. Si parla di 46 anni fa, un mezzo secolo in pratica. Un po’ meglio è andata alle altre nobili decadute, Italia e Spagna, come detto grazie a Nibali e Contador. E gli spagnoli, in realtà, si sono affermati in particolare tra gli Anni 80 e 90 con Pedro Delgado e soprattutto con Miguel Indurain. Nomi che, appunto, appartengono al passato del ciclismo.

Tour de France, com'è cambiata la geografia del ciclismo
Tadej Pogacar al Tour di Slovenia il 19 giugno (Getty Images).

Le speranze per il Tour de France si infrangono contro il pronostico di un derby sloveno

Per il presente non c’è granché da segnalare. Difficile, se non impossibile, immaginare che uno di questi quattro Paesi possa tornare al successo. I transalpini contano sul 25enne David Gaudu, sperando in un exploit. Ma nella migliore delle previsioni può chiudere nella top 5 della classifica generale, più concreta la chance di terminare tra i primi 10. I due “veterani” Romain Bardet e Thibaut Pinot non si presentano al via con ambizioni di maglia gialla, servirebbe un miracolo sportivo per questo risultato. L’Italia, del resto, non è messa meglio. Anzi. L’uomo di punta è l’esperto Damiano Caruso, che correrà per un buon piazzamento: anche in questo caso la top 10 sarebbe già una bella soddisfazione, i primi cinque un piccolo grande sogno. Per il resto Giulio Ciccone cercherà di conquistare qualche tappa, dimostrando le sue doti di scalatore. Lo spagnolo Enric Mas è un altro ottimo corridore, che non può pensare di puntare alla maglia gialla: per lui vale il medesimo discorso di Gaudu e Caruso. Mentre i belgi possono godersi il fenomeno Wout Van Aert, che però non ha certo il fisico dell’uomo di classifica generale per un Tour de France così duro. Quindi la Grande Boucle, ancora una volta, sarà una partita tra Paesi “emergenti”, per così dire. In realtà i pronostici parlano di un derby sloveno tra Pogacar e Roglic, con possibili intromissioni del danese Jonas Vingegaard e al massimo del russo Aleksandr Vlasov e del britannico Geraint Thomas. Alle nobili decadute spetta, insomma, un ruolo di gregarie rispetto alle nuove protagoniste.

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