La separazione della rete fissa per TIM, secondo il The Economist, «può essere la migliore possibilità per salvare l’industria (delle tlc) da un deserto senza profitti» e Pietro Labriola (ndr l’Ad di TIM) sta facendo da apripista. È quanto si legge in un editoriale comparso sul settimanale inglese secondo cui gli altri amministratori delegati starebbero guardando con attenzione le sue mosse con la tentazione di seguire il suo esempio in caso di riuscita. Una volta scorporata la rete fissa, continua l’editoriale, «è più probabile che le autorità di regolamentazione gli permettano di unire la sua attività di telefonia mobile con quella di un altro operatore». E ancora: «Molti dei problemi delle telecomunicazioni europee derivano dai loro tentativi di fare troppo. Se lo riconoscono e separano (il business), Bruxelles dovrebbe dar loro un po’ di tregua».
Le nuove offerte per la Netco di TIM
Intanto sono in arrivo le nuove offerte per la Netco di TIM. Il fondo statunitense Kkr e il consorzio Cdp e Macquarie hanno avuto un mese di tempo per mettere a punto un’offerta per la rete che il cda – che ne ha già respinte due – possa trovare adeguata. Il Consiglio di Amministrazione si riunirà per un primo esame fra 10 giorni ma, secondo quanto appreso dall’ANSA, non prenderà una decisione prima di due settimane. Dal punto di vista economico potrebbe esserci qualche ritocco, ma soprattutto si aspettano delle risposte da parte di Cdp alle richieste di TIM sul tema Antitrust.
Il 4 maggio le offerte si erano alzate di circa 1 miliardo di euro. Kkr aveva messo sul piatto 21 miliardi (di cui 2 di earnout, ovvero una parte variabile legata all’eventuale fusione con Open Fiber) mentre la Cassa e il fondo australiano avevano ritoccato a 19,3 miliardi la loro proposta. Nelle scorse settimane si sono rincorsi i rumors, dal possibile ruolo che avrebbe potuto avere F2i al fianco di Cdp all’ipotesi della convergenza delle due offerte in una. Per uscire dallo stallo, l’associazione dei piccoli azionisti di TIM ha anche proposto di soprassedere al progetto di fusione con Open Fiber e guardare solo alla separazione della rete per arrivare più velocemente a realizzare il piano dell’ad Pietro Labriola e usare i proventi per tagliare il debito che grava sul gruppo.
L’opposizione di Vivendi
Sullo sfondo resta comunque l’opposizione di Vivendi, che valuta l’asset 31 miliardi e finora non è stata disposta ad accettare niente di meno. La sua opposizione si è concretizzata anche in una dura critica alla governance di TIM e nel tentativo di riempire il posto in Cda lasciato vuoto a gennaio dal suo Ceo Arnaud de Puyfontaine. I francesi lo vorrebbero sostituire con l’ex presidente di Leonardo Luciano Carta e hanno messo in moto il processo di cooptazione. Il Comitato nomine ha svolto la sua istruttoria e il 14 giugno si riunirà un cda per esaminare il dossier.
Il capitolo bollette
Si è invece chiusa definitivamente la vicenda delle bollette a 28 giorni. La Corte Ue ha chiarito che l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni può imporre una periodicità minima rispondendo così a TIM, FASTWEB, Vodafone Italia e Wind Tre che avevano chiesto l’annullamento della decisione AGCOM sulla fatturazione, un meccanismo che nei fatti andava a creare una 13esima mensilità per le società. È pur vero che il punto ha perso di significato con l’approvazione di un decreto legge dell’ottobre 2017, che ha integrato il c.d. Decreto Bersani, e ha esteso la periodicità mensile (o multipli) a tutti i contratti tlc, fissi e mobili.