Ognuno ha la serie che si merita. Se quelli nati intorno agli Anni 60 hanno potuto godere, più o meno compiutamente, di grandi classici quali Vinyl, con uno strepitosissimo Bobby Cannavale e un quantomeno sorprendente James Leroy Jagger, rispettivamente nei panni del discografico e dell’artista maledetto, o Pistol, non riuscitissima e nemmeno obiettiva storia dei Sex Pistols firmata da Danny Boyle (leggi alla voce “la versione di Steve Jones”, con tanto di scomunica da parte di John Lydon, un tempo noto come Johnny Rotten, Malcolm McLaren impossibilitato a dire la sua, lui che quella storia se l’è letteralmente inventata, sepolto com’è da tempo), la Gen Z, cresciuta a Euphoria e Mare Fuori, ha The Idol, storia di eccessi e decadenza della popstar Jocelyn, interpretato da Lily-Rose Depp, figlia di Johnny e di Vanessa Paradis, della quale la giovane sembra, almeno in questa serie, una versione altrettanto bella ma un po’ andata a male, e da Abel Tesfaye, meglio noto come The Weeknd, qualche miliardo di stream a suo carico sulle piattaforme musicali, qui nei panni di Tedros, uomo oscuro che si muove tra locali ambigui e sette segrete.
Da Euphoria a The Idol, la mano di Sam Levison
Chiaramente l’aver buttato lì il titolo di Euphoria – serie che ha letteralmente fatto esplodere l’hype intorno a Sydney Sweeney, e dico questo solo perché Zendaya, che ora è addirittura su Urano, era già esplosa in precedenza, quando assai meno lascivamente si muoveva per canali televisivi dedicati a bambini e preadolescenti – non è affatto casuale. Sam Levison, classe 1985 (figlio di Barry Levison regista, tra gli altri, di Rain Man e Sleepers, tanto per fare un paio di titoli), che ne è stato ideatore assoluto, è dietro anche The Idol, stavolta in compagnia dello stesso The Weeknd e di Amy Seimetz, con lui regista della serie. Sì, a volte i figli riescono a fare qualcosa di altrettanto significativo dei padri, potrebbe essere una delle tracce di questo articolo, non fosse che nei fatti si sta parlando d’altro. E l’altro di cui si sta parlando è di come The Idol, serie attesissima, proprio per la presenza dei due protagonisti a loro modo “molto attenzionati” da pubblico e media, e per la trama, abbondantemente e sapientemente spoilerata nelle ultime settimane con al centro una popstar in caduta libera. Gli esempi traibili dal mondo reale, da Britney Spears in giù, sono talmente tanti che provare a fare una specie di chi è chi mette in scena un mondo decadente che manco l’antica Roma un attimo prima che arrivassero i barbari.

Una serie volutamente eccessiva, tanto da apparire poco credibile
Quel che la visione del primo episodio ha sortito, parlo di social – che poi a loro modo sono uno dei protagonisti della serie stessa, e visto che si parla dell’oggi non potrebbe che essere così – è un certo spaesamento, se non addirittura un voler sottolineare quanto la trama sia talmente eccessiva da apparire poco credibile. Del resto, attenzione spoiler, le prime scene ci mostrano Jocelyn che posa per la copertina del suo disco, mostrando disinibita i capezzoli, e quindi causando uno scontro tra il suo manager e un presunto consulente per le nudità, questo finché ad attirare l’attenzione del manager non arriva un’altra collaboratrice che gli mostra una foto (che ci viene risparmiata, almeno in un primo momento) della medesima Jocelyn con dello sperma in faccia, foto finita in Rete e che, dirà di lì a poco un cinico collaboratore, ha proiettato il nome di Jocelyn in vetta ai trending topic, proprio mentre una giornalista di Vanity Fair arriva per fare la sua intervista all’artista, non esattamente un racconto da Chesterton. Quello che colpisce è che a parlare di eccessi siano stati anche alcuni addetti ai lavori, gente, cioè, che di questi eccessi dovrebbe essere stata testimone più e più volte, se non addirittura protagonista (magari proprio protagonista no, ma quantomeno comparsa). Come se di colpo il panorama musicale fosse diventato un quadretto idilliaco, e quello degli Anni 70 – è in quel periodo, l’età d’oro del rock e del punk, che si svolgono Vynil e Pistol – quanto di più marcio e corrotto si possa pensare, tutto sesso, droghe e soldi. Di più, come se le nuove generazioni – ragazzi che i media stanno dipingendo come apatici, depressi, in balia di incertezze che col No Future dei Sex Pistols potrebbero andare a braccetto, chiusi in casa, leggi alla voce hikikomori, al massimo collegati col mondo esterno grazie a dei device, alla faccia del “social” – dovessero letteralmente rinunciare anche all’idea di avere una propria fittizia popstar capace di tenere il passo alla decadenza del mondo reale. E dire che i discorsi dei collaboratori di Jocelyn, tra cinicissimi ragionamenti su come uno scandalo possa contribuire al successo o a imbastire paragoni con un passato personale fatto di comportamenti libertini e senza scrupoli, (in scena c’è il manager, il direttore creativo, una serie di collaboratori non meglio identificati, il presidente di Live Nation, il colosso dei live che sta allestendo il suo tour, i suoi discografici, una personal ovviamente ingenua e goffa) sembrano assolutamente plausibili, tanto quanto i loro tentativi di tenere la star all’oscuro di tutto, lì a disquisire se sia più urgente farla uscire come “paladina femminista” o semplicemente “vittima di revenge porn”.

Il dialogo sul pop tra i due protagonisti vale la visione dell’intera serie
Su tutto la faccia di una Vanessa Paradis sopravvissuta miracolosamente all’incedere del tempo. Quando sul finale Todros le cinge la testa con un abito, come fosse un cappuccio, subito si pensa a una delle scene del video di Be my Baby, che Lenny Kravitz scrisse per la cantante francese ai tempi in cui stavano assieme, l’ombra del processo Depp-Heard a dare al tutto una sfumatura ancora più inquietante insieme con i tanti, troppi siti di contenuti “leaked” che monopolizzano senza mai essere citati esplicitamente questa prima puntata che, va sottolineato con veemenza, promette decisamente molto e sembra anche intenzionata a mantenerlo. La scena in cui irrompe nella storia The Weeknd e il ballo scatenato che la coppia di protagonisti fa sulle note di Like a Prayer di Madonna varrebbe da sola la visione di tutta la serie coi sottotitoli come il discorso nel sottoscala, dopo che un loro amplesso è stato incautamente fermato dalla personal, in cui Jocelyn sostiene che la musica pop è superficiale, mentre Tedros risponde che Prince non sarebbe d’accordo, portando come prova When Doves Cry (e come dargli torto), salvo poi chiosare con una frase che lascia sconcertati per la sua verità: «Il pop è come un cavallo di Troia perfetto. Fai ballare la gente, la fai cantare con te e dire quello che vuoi. È potente». La famosa musica leggera che dobbiamo cantare e imparare descritta da Ivano Fossati nella sua Una notte in Italia, invero piuttosto distante dal mood di questa serie.

The Idol è lo specchio di questa Gen Z
Quindi sì, ogni generazione ha la serie tv che si merita, e la Gen Z potrebbe avere in The Idol, miracolosamente uscita mentre sono ancora giovani, la prova del suo essere perfettamente in sintonia con chi l’ha generata: i loro Ying e Yang cristallizzati alla perfezione nei look total red (non troppo total, vista la scarsa quantità di stoffa usata) e total black (ogni volta che Todros appare l’ambientazione è scura, contrapposta all’eccessiva solarità di quando è in scena la sola Jocelyn) dei due protagonisti. Eros e Thanatos, siamo sempre da quelle parti da millenni, altrettanto appiccicosi, morbosamente alla ricerca di un santino da venerare, poco conta che sia esattamente il corrispettivo del quadro di Dorian Gray, patinato e perfetto in pubblico, torbido e cadente in privato (la figura del santone affascinante, The Weeknd, appunto, un influencer che nello specifico arringa le folle in presenza, incarnazione di una certa credulità collettiva che vediamo quotidianamente attraversarci la strada). Quanto alla discografia, che dire, farebbe bene a non giocarsi la carta dell’illibatezza, esattamente come i cinici personaggi che si muovono nella trama di The Idol. Provasse semmai a cercare qualche nuova popstar capace di reggere l’incedere del tempo, quello davvero il cattivo di ogni storia.