Cavie col trucco

Camilla Curcio
19/08/2021

Un recente studio ha dimostrato come in un centinaio di prodotti cosmetici venduti nel Regno Unito e in Ue siano presenti ingredienti chimici testati su animali nonostante la direttiva di Bruxelles lo vieti.

Cavie col trucco

Neppure il divieto Ue è riuscito a fermare la sperimentazione animale nella produzione di cosmetici. Recenti analisi hanno dimostrato come in centinaia di prodotti per la bellezza e il make up distribuiti e venduti nel Regno Unito e in diversi Paesi dell’Unione europea siano ancora presenti ingredienti testati sugli animali.

Test animali su ingredienti chimici di lozioni per il viso e il corpo, rossetti e creme solari

La ricerca ha rivelato che i test sono stati effettuati su una serie di componenti chimici utilizzati prevalentemente in lozioni idratanti per il viso e per il corpo, rossetti, creme solari e balsami. Gli esperimenti, più di un centinaio, sono stati effettuati soprattutto su topi e conigli. «I clienti europei dei brand di beauty o delle grandi catene non possono sapere con certezza se stanno comprando prodotti testati o meno sugli animali», ha spiegato al Guardian Thomas Hartung, studioso di alternative al metodo dell’animal testing presso la John Hopkins University e tra gli autori del report. «Anche gli articoli con etichette che escludono categoricamente il ricorso a test potrebbero contenere elementi che, invece, sono stati sottoposti a prove o verifiche che hanno richiesto l’utilizzo di cavie».

La confusione legislativa dell’Ue

A complicare la questione sono due leggi che sembrano cozzare tra loro. Da un lato, la direttiva Ue che, dal 2009, ha posto un veto categorico su queste pratiche, escludendo i casi di estrema e stringente necessità. Dall’altro, invece, una legge del 2007 che scarica sulle singole società la responsabilità di rintracciare e gestire i potenziali pericoli legati all’utilizzo di sostanze chimiche, spesso costringendole a ricorrere, in nome della sicurezza, a test che aiutino a confermarne o smentirne i rischi prima di procedere alla distribuzione dei prodotti. Una misura che, ovviamente, vale anche per il settore della cosmetica e finisce, inevitabilmente, con eclissare il divieto di esperimenti sugli animali, dando la precedenza alla sicurezza. L’incertezza causata dal sovrapporsi tra il ban categorico dell’Unione europea e la norma che disciplina l’utilizzo di materiali chimici ha generato non poca confusione nelle aziende che non sanno bene a quale legislazione fare riferimento. Una situazione che è emersa anche dai risultati della ricerca. Gli studiosi, infatti, hanno notato come, in molti casi, i test sugli animali siano stati effettuati solo per ottemperare alle prescrizioni della legge del 2007.  E, passando in rassegna oltre centinaia di documenti, disponibili sul sito web dell’Agenzia europea per le sostanze chimiche (Echa), hanno scoperto che su 413 ingredienti utilizzati unicamente nei cosmetici, 63 erano stati sottoposti a ben 104 verifiche sugli animali dopo l’approvazione del veto. «In determinate situazioni, questo tipo di pratica è obbligatoria per lavorare in modo controllato», ha spiegato sempre al Guardian un portavoce dell’Echa. «Ovviamente, quest’obbligo è l’ultima spiaggia. Prima è necessario passare in rassegna tutte le soluzioni alternative per evitarlo». L’agenzia si è dichiarata aperta ad accogliere qualsiasi tipo di soluzione sostitutiva ma, fino a ora, le proposte ricevute sembra non siano state in grado di assicurare l’attendibilità scientifica necessaria.

«Le sperimentazioni animali sono diventate solo un esercizio burocratico»

Strette tra l’incudine e il martello, le società si trovano spesso a pagare lo scotto di quest’ambiguità legislativa. È il caso della tedesca Symrise che produce aromi e fragranze per profumi. Nonostante il tentativo di trovare un compromesso, l’Echa le ha imposto di testare sugli animali due degli ingredienti usati nelle preparazioni. Per contro, l’azienda l’ha citata in giudizio davanti alla Corte di giustizia. «La legge che nasce per regolamentare l’utilizzo delle sostanze chimiche viene spesso utilizzata per costringere le imprese a ricorrere a strategie tranquillamente sostituibili con prassi alternative», ha sottolineato Troy Seidle, vicepresidente del reparto di tossicologia e ricerca della Humane Society International. «Le sperimentazioni sugli animali sono ormai diventate un esercizio burocratico che non tiene conto delle ripercussioni che genera». Intanto, il team che si è occupato dello studio ha messo nero su bianco la realtà dei fatti: nei mesi a venire, l’Echa richiederà quasi sicuramente nuovi test su sostanze utilizzabili solo nei cosmetici nonostante scienziati e attivisti ribadiscano l’inutilità dell’animal testing per accertare la totale assenza di rischi di determinati componenti chimici. «La Commissione europea deve assolutamente sospendere qualsiasi tipo di test sui prodotti del beauty e prendere in seria considerazione ciò che l’Echa chiede alle aziende», ha aggiunto Julia Fentem, responsabile della sicurezza e dell’ambiente per Unilever. «Uccidere gli animali non assicura una protezione maggiore per i lavoratori, per l’ambiente o per i consumatori. È arrivato il momento di capire perché non si adottino tecniche alternative, più moderne e che non richiedano lo sfruttamento di esseri viventi».