La tratta degli smartphone

Camilla Curcio
01/12/2021

L'azienda olandese Closing the Loop, in collaborazione con una rete di partner sparsi in Africa, raccoglie vecchi cellulari e li invia in Europa. Una volta distrutti, i pezzi vengono utilizzati per assemblare telefoni di ultima generazione.

La tratta degli smartphone

Il ghanese Eric Arthur non ha tempo da dedicare a hobby e svaghi. Durante la settimana, e perfino nei weekend, parte dalla sua casa di Cape Coast alla ricerca di cellulari ormai inutilizzabili. L’obiettivo è spedirli in Europa, dove vengono distrutti e le componenti riutilizzate per nuovi modelli. In questa missione, non è da solo: guida un team di altre sei persone che, sparse per il Paese, sono riuscite, soltanto quest’anno, a raccogliere più di 30mila telefoni. Per ogni articolo, pagano al rivenditore (generalmente, negozi di riparazione e depositi di oggetti vecchi e cianfrusaglie) un prezzo che va dai 2.5 ai 2.7 cedi ghanesi (tra 30 e 40 centesimi di euro). «Uno smartphone Android nuovo costa circa 150 dollari e, per un rottame, io ne offro 1, massimo 2», ha spiegato Arthur in un’intervista al Guardian, «Spesso, però, incontro una certa resistenza in chi me lo vende. Anche se non sono più funzionanti, mi dicono: ‘Ma io l’ho comprato a questa cifra. Perché dovrei dartelo a molto meno?’».

L’attività di Closing the Loop

Assieme ad altri partner, Arthur e i colleghi lavorano per Closing the Loop, un’azienda olandese che spedisce i device ricevuti in tutta Europa. Una volta incenerite le parti in plastica, un’impresa specializzata si occupa di fonderne i metalli e riutilizzarli per la messa a punto di nuovi modelli. Ma come mai gli africani sono costretti a inviare altrove il proprio materiale e non si occupano in loco di tutte queste operazioni? La risposta è semplice. «Il Paese non è provvisto delle fonderie necessarie a recuperare la componente metallica», ha spiegato Joost De Kluijver, co-founder della startup. «Manca tutto quel che serve per mettere in piedi un impianto economicamente sostenibile. Dalle leggi alle infrastrutture, passando per la consapevolezza nei consumatori. Non cisono soldi per finanziare la raccolta dei rifiuti elettronici e, soprattutto, i processi di riciclo».

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Il problema dell’Africa con lo smaltimento dei rifiuti elettronici 

Non esattamente l’ultimo dei problemi. Ogni anno, infatti, nel continente si vendono circa 230 milioni di apparecchi telefonici. Quando vengono sostituiti perché vecchi o rotti, alcuni vengono riciclati coi metodi tradizionali, la maggior parte, invece, viene gettata via assieme al resto della spazzatura o abbandonata per strada. «I paesi africani sono preparati sulla teoria del riuso e del riciclo, la mentalità c’è ma mancano gli strumenti per metterla in pratica. Soprattutto per questo tipo di pattume», ha sottolineato De Kluijver, facendo riferimento anche al report di Global E-Waste Monitor, secondo cui le terre africane avrebbero prodotto, nel 2019, milioni di tonnellate di scarti elettronici, di cui solo l’1 per cento correttamente smaltito.

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Un investimento che contribuisce a salvare il Pianeta

Per coprire i costi di raccolta, spedizione e riciclaggio dei rottami in Africa (e tenere per sé una piccola percentuale), Closing the Loop stringe una serie di accordi con fornitori e negozi. Nulla di complicato: si limita a chiedere loro una cifra simbolica pari a 5 dollari per l’acquisto di ogni nuovo prodotto ricavato dallo smaltimento dei vecchi pezzi e destinato, in futuro, alla vendita o al noleggio. Agli occhi dei clienti pare un investimento da poco ma, in termini di sostenibilità ambientale, fa la differenza. Tra gli obiettivi futuri di De Kluijver, la priorità spetta, sicuramente, all’idea di costruire impianti appositi in Africa. Si tratta di un’ambizione che richiede tempo e lavoro e che, per questo, non ha prospettive di realizzazione imminenti. Ecco perché, fino ad allora, i telefoni da riciclare continueranno ad essere dirottati verso l’Europa. «Basta poco: una sensibilizzazione più capillare e un’attenzione maggiore da parte del governo», ha aggiunto Arthur. «Solo così, la gente capirà quanto sia importante trattare adeguatamente i rifiuti elettronici».